Quelle graziose creature chiamate Ninfe erano le divinità che presiedevano i boschi, le grotte, i ruscelli, i prati, ecc.
Queste divinità dovevano essere bellissime fanciulle di forma fiabesca e vestite con abiti più o meno colorati. Esse erano tenute nella massima venerazione, sebbene, essendo divinità minori, non avessero templi dedicati a loro, ma venivano invece adorate nelle grotte o nelle caverne, con libagioni di latte, miele, olio, ecc.
Possono essere divisi in tre classi distinte, vale a dire, ninfe delle acque, ninfe delle montagna e ninfe degli alberi o dei boschi.
Ninfe delle acque
Oceanidi, Nereidi e Naiadi
Il culto delle divinità dell’acqua è comune alla maggior parte delle nazioni primitive. I ruscelli, le sorgenti e le fontane di un paese hanno con esso lo stesso rapporto che il sangue, che scorre attraverso le innumerevoli arterie di un essere umano, ha con il corpo; entrambi rappresentano l’elemento vivente, in movimento, che risveglia la vita, senza il quale l’esistenza sarebbe impossibile. Quindi troviamo nella maggior parte delle nazioni un profondo sentimento di devozione verso i corsi d’acqua della loro terra natale, il ricordo del quale, quando è assente in climi stranieri, è sempre custodito con particolare affetto.
Così tra i primi Greci, ogni tribù giunse a considerare i fiumi e le sorgenti del suo stato individuale come poteri benefici, che portavano benedizione e prosperità al paese. È anche probabile che il fascino che accompagna sempre il suono dell’acqua corrente abbia esercitato il suo potere sulla loro immaginazione. Udirono con gioia il dolce sussurro della fontana, che cullava i sensi con i suoi toni bassi e increspati; il dolce gorgogliare del ruscello che si precipita sui ciottoli, o la voce possente della cascata che sfreccia nel suo corso a capofitto; e gli esseri che si immaginavano presiedere a tutti questi incantevoli panorami e suoni della natura, corrispondevano, nel loro grazioso aspetto, alle scene con cui erano associati.
Oceanine
Le Oceanine o Ninfe oceaniche erano le figlie di Oceano e Teti e, come la maggior parte delle divinità marine, erano dotate del dono della profezia.
Sono personificazioni di quei delicati vapori ed esalazioni che, nei climi caldi, sono emesse dalla superficie del mare, soprattutto al tramonto, e sono spinte in avanti dalla brezza serale. Di conseguenza sono rappresentate come esseri nebbiosi ed evanescenti, con graziose forme ondeggianti e vestite con tessuti azzurri simili a veli.
Le Nereidi
Le Nereidi erano le figlie di Nereo e Doride, ed erano ninfe del Mar Mediterraneo.
Sono simili nell’aspetto alle Oceanine, ma la loro bellezza è di un ordine meno oscuro, ed è più simile a quella dei mortali. Indossano una veste fluente e verde pallido; i loro occhi somigliano, nelle loro limpide profondità, alle lucide acque del mare in cui abitano; i loro capelli fluttuano con noncuranza sulle loro spalle, e assumono la tinta verdastra dell’acqua stessa, che, lungi dal deteriorare la loro bellezza, aumenta notevolmente il suo effetto. Le Nereidi o accompagnano il carro del potente sovrano del mare, o lo seguono.
Ci dicono i poeti che il marinaio solitario guarda le Nereidi con silenzioso timore reverenziale e meravigliato diletto, mentre si levano dai loro palazzi nel profondo degli oceani, e danzano, in gruppi gioiosi, sulle onde addormentate. Alcune, con le braccia intrecciate, seguono con i loro movimenti le melodie che sembrano librarsi sul mare, mentre altri spargono intorno gemme liquide, emblematiche della luce fosforescente, così frequentemente osservata di notte dal viaggiatore nelle acque meridionali.
Le più note delle Nereidi furono Teti, moglie di Peleo, Anfitrite, sposa di Poseidone, e Galatea, amata da Aci.
Le Naiadi
Le Naiadi erano le ninfe delle sorgenti d’acqua dolce, dei laghi, dei ruscelli, dei fiumi, ecc.
Come gli alberi, le piante e i fiori dovevano il loro nutrimento alla loro cura, così queste divinità erano considerate dai greci come delle particolari benefattrici per l’umanità. Come tutte le ninfe, possedevano il dono della profezia, per questo motivo si credeva che molte delle sorgenti e delle fontane che presiede ispirassero ai mortali che bevevano le loro acque, il potere di predire eventi futuri. Le Naiadi sono intimamente connesse nell’idea con quei fiori che da loro sono chiamati Ninfe o ninfee, le cui larghe foglie verdi e le cui coppe gialle galleggiano sulla superficie dell’acqua, come se fossero orgogliosamente consapevoli della propria grazia e bellezza.
Si sente spesso parlare di Naiadi che stringono alleanze con i mortali, e anche di alcune di loro corteggiate dalle divinità silvane dei boschi e delle valli.
Driadi, o Ninfe degli alberi
Le ninfe degli alberi partecipavano delle caratteristiche distintive del particolare albero alla cui vita erano legate ed erano conosciute collettivamente con il nome di Driadi.
Le Amadriadi, o ninfe delle querce, rappresentano nella loro peculiare individualità il potere silenzioso e autosufficiente che sembra appartenere essenzialmente al grande e imponente re della foresta.
La Betulla è una Ninfa fanciulla malinconica con i capelli fluttuanti, che ricorda i rami dell’albero pallido e dall’aspetto fragile in cui abita.
La Ninfa Faggio è forte e robusta, piena di vita e di gioia, e sembra promettere amore fedele e riposo indisturbato, mentre le sue guance rosee, i suoi profondi occhi marroni e la sua forma aggraziata rivelano salute, vigore e vitalità.
La ninfa del Tiglio è rappresentata come una piccola fanciulla timida, il cui corto vestito grigio argento arriva un po’ sotto il ginocchio, e mostra le sue membra delicatamente formate. Il dolce viso, in parte distolto, rivela un paio di grandi occhi azzurri, che sembrano guardarti con meravigliata sorpresa e timida diffidenza; i suoi capelli pallidi e dorati sono legati dalla più tenue striscia di nastro rosa.
La ninfe degli alberi, essendo sposate con la vita dell’albero stesso che abitavano, cessavano di esistere quando essa veniva abbattuta o ferita in tal modo da appassire e morire.
Ninfe delle Valli e Dei Monti
Napee e Oreadi
Le Napee erano le gentili ninfe delle valli che appaiono al seguito di Artemide. Sono rappresentate come belle fanciulle con tuniche corte, che, arrivando solo al ginocchio, non impediscono i loro movimenti rapidi e aggraziati nell’esercizio della caccia. Le loro trecce castano chiaro sono legate in un nodo dietro la testa, da cui alcuni riccioli ribelli sfuggono sulle loro spalle. Le Napee sono timidi come i cerbiatti e altrettanto giocherellone.
Le Oreadi, o ninfe di montagna, che sono le principali e costanti compagne di Artemide, sono fanciulle alte e graziose, vestite da cacciatrici. Sono ardenti seguaci della caccia, e non risparmiano né il gentile cervo né la timida lepre, né in effetti qualsiasi animale che incontrino nel loro rapido corso. Ovunque vada la loro caccia selvaggia, le timide Napee sono rappresentate mentre si nascondono dietro le foglie, mentre i loro animali preferiti, i cerbiatti, si inginocchiano tremanti accanto a loro, cercando implorando protezione dalle cacciatrici selvagge; e anche gli audaci Satiri sfrecciano al loro arrivo e cercano salvezza nella fuga.
La ninfa Eco
C’è un mito legato a una di queste ninfe di montagna, la sfortunata Eco. Si innamorò di un bel giovane di nome Narciso, figlio del dio fluviale Cefisso, il quale, tuttavia, non riuscì a ricambiare il suo amore, cosa che l’addolorava così tanto, che a poco a poco essa si consumò, diventando una semplice ombra di se stessa, finché, a a lungo, di lei non restò altro che la sua voce, che da allora in poi restituì, con fedeltà infallibile, ogni suono che veniva emesso nelle colline e nelle valli.
Narciso stesso subì una sorte infelice, perché Afrodite lo punì facendolo innamorare della propria immagine, che vide in una fontana vicina, dopo di che, consumato da un amore non corrisposto, si deperì e fu trasformato nel fiore che porta il suo nome.
Le Limoniadi, o ninfe dei prati, somigliano alle Naiadi, e sono solitamente rappresentate danzando mano nella mano in cerchio.
Le Iadi, che in apparenza sono alquanto simili alle Oceanine, sono divinità nuvolose, e, per il fatto che sono invariabilmente accompagnate dalla pioggia, sono rappresentate come incessantemente piangenti.
Le Meliadi erano le ninfe che presiedevano agli alberi da frutto.
In tempi più moderni, questa bella idea di animare tutta la natura in dettaglio, riappare sotto le varie tradizioni locali esistenti nei diversi paesi. Così le Oceanine e le Nereidi rivivono nelle sirene, nella cui esistenza ancora credono i marinai, mentre le ninfe dei fiori e dei prati assumono la forma di quei minuscoli elfi e fate, che un tempo si credeva tenessero i loro festini di mezzanotte in ogni bosco; infatti, anche ai giorni nostri, i contadini irlandesi, specialmente in occidente, credono fermamente nell’esistenza delle fate, o “brave persone”, come vengono chiamate.
(Libera rielaborazione e adattamento da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880)