L’ oikos era l’unità fondamentale della società greca. In termini moderni, oikos si potrebbe tradurrebbe con “famiglia”, ma la parola aveva un significato molto di più ampio, che andava al di là anche della semplice casa.
L’ oikos includeva:
- L’edificio fisico stesso della casa o abitazione (inclusi giardini ed eventuali dependance annesse).
- Tutte le persone che vivevano al suo interno (dai parenti più stretti agli schiavi).
- Tutte le proprietà associate alla famiglia e all’edificio della casa.
I greci consideravano l’ oikos come un’entità politica, quasi come una versione ridotta della stessa della polis o “stato”.
E così come si difendeva la patria anche a costo della vita, così si proteggeva l’integrità del proprio oikos da ogni minaccia.
La famiglia (oikos) era l’unità sociale, politica ed economica fondamentale dell’antica Grecia (Aristotele Politica 1. 2), anche se i suoi legami precisi con strutture politiche ed economiche più ampie cambiavano a livello regionale e mutarono anche nel tempo.
A un certo livello si trattava di un gruppo co-residente, di cui molti dei membri (anche se non tutti) erano parenti o affini (legati comunque ai matrimoni).
La parentela patrilaterale (di origine dal padre dunque) era probabilmente più comune, negli ambienti domestici di quella matrilaterale (dalla madre), poiché il matrimonio era appunto patrilocale, cioè le donne tendevano a trasferirsi nella casa e nella famiglia del marito al momento del matrimonio.
Sebbene il nucleo familiare potesse essere costituito da una famiglia nucleare (genitori e figli), esistono numerose prove della regolare comparsa delle cosiddette “famiglie stem” o “famiglie genealogiche”, cioè delle famiglie nucleari che vivono sotto l’autorità di un nonno che è a capo del nucleo stesso. Il figlio maggiore eredita l’appezzamento di famiglia e la discendenza continua fino al primo figlio. Gli altri figli e figlie di solito lasciano la famiglia al momento del matrimonio.
Vi sono anche testimonianze di vari tipi di famiglie allargate, in particolare con parenti di sesso femminile non sposati (zie, sorelle, nipoti, cugine, ecc.).
L’uomo più anziano della famiglia di solito si occupava delle relazioni “ufficiali” con il mondo esterno e fungeva da capofamiglia appunto (kyrios).
(Oxford Classical Dictionary con integrazioni)
Come per noi italiani, anche per gli antichi greci il concetto di famiglia era molto forte e radicato. Diverse persone vivevano nel piccolo spazio di una casa greca. Oltre alla classica “famiglia nucleare” (uomo, donna e eventualmente due o più figli), spesso si aggiungevano altri parenti.
Le donne nubili o vedove, vivevano sotto la protezione dei loro parenti di sesso maschile più stretti. Le nonne, i nipoti e le sorelle erano spesso legalmente obbligate a cercare rifugio in una famiglia già formata. Se si aggiungono gli schiavi, il numero di membri di una famiglia greca media dell’antichità poteva oscillare tra le 9 e le 12 persone.
All’interno della famiglia, non esisteva la parità di genere. Gli uomini erano i capi assoluti e le donne avevano uno ruolo molto marginale.
L’uomo di casa: il Kurios
Il capofamiglia nell’oikos era il suo sovrano assoluto. Era conosciuto come il kurios, che significa ‘l’uomo al comando’. Era responsabile della moglie, dei figli e dei parenti non sposati. Doveva organizzare i matrimoni delle sue parenti di sesso femminile e provvedere alle loro doti, così come rappresentarle in tribunale se fosse stato necessario, e gestire qualsiasi transazione economica in cui fossero coinvolte per un valore superiore a un medimmo di orzo. Quando una donna ateniese si sposava, il marito diventava il suo nuovo kyrios.
L’esistenza del sistema dei kurioi al di fuori dell’Attica è questione ancora dibattuta fra gli studiosi, ma sembra che questa figura fosse presente anche a Sparta.
Il termine “κύριος” è ancora usato nel greco moderno ed è equivalente a “maestro” (come esperto in qualche disciplina o tecnica, oppure come capo di un settore, un reparto ecc.) oppure “signore” (proprio come noi lo usiamo in contesti formali e in forma di rispetto verso persone che non conosciamo o con cui non siamo in confidenza).
Il kurios, come il pater familias romano, aveva potere di vita e di morte su tutti i membri dell’oikos, compresi sua moglie e i suoi figli.
Inoltre nell’Antica Grecia, il delitto d’onore era considerato legittimo, e se un kurios aveva motivi sufficienti per ritenere che sua moglie lo avesse tradito, poteva ucciderla senza essere perseguito dalla legge.
Il capofamiglia gestiva tutte le transazioni finanziarie e legali dell’oikos e nessun membro del nucleo familiare poteva agire senza il suo consenso.
Il kurios rimaneva in questa sua posizione fino alla morte, sebbene in alcune famiglie il figlio maggiore si assumesse le sue responsabilità se il padre era ormai troppo vecchio o malato.
Ankhisteia e phratiai
Sebbene l’oikos stesso fosse l’unità fondamentale della società greca, il concetto di famiglia arrivava ad estendersi fino ad altri gruppi sociali:
L’Ankhisteia
Ankhisteia (ἀγχιστεία), un gruppo di parentela che si estendeva ai cugini di secondo grado, o forse solo ai cugini di primo. Nel diritto ateniese i parenti più prossimi all’interno di questo gruppo avevano il diritto di ereditare i beni; se qualche membro veniva ucciso, era loro dovere perseguire l’assassino. I parenti da parte di padre avevano la precedenza su quelli da parte di madre.
(Oxford Classical Dictionary)
Se una donna rimaneva vedova, la sua prima mossa era di cercare un nuovo marito all’interno dell’anchisteia. Questi gruppi svolgevano un ruolo molto importante anche nel processo di eredità, visto che le leggi di successioni erano assai complesse, pur basandosi sul principio dell’eredità riconosciuta al parente maschio più vicino. Se non c’era nessun erede diretto, un membro maschio dell’anchisteia interveniva sposando la vedova ed ereditando così le proprietà.
Le phratiai
Negli Stati greci, le phratiai erano gruppi con appartenenza ereditaria e probabilmente associati a specifiche località. I membri erano appunto i “phrateres”, una parola che in altre lingue indoeuropee significa “fratello” (mentre in greco la parola per designare il fratello carnale è adelphos). I nomi delle fratrie spesso, ma non sempre, avevano la desinenza patronimica -idai.
Le phratiai sono attestate in un’ampia gamma di Stati greci. I greci ionici, compresi gli ateniesi, concepivano l’istituzione come parte della loro antica eredità ionica. La celebrazione della festa annuale delle fratrie di Apaturia era considerata una rivendicazione di identità ionica.
La maggior parte delle informazioni sulle fratrie ci viene da fonti Ateniesi. Oltre a numerosi riferimenti nelle fonti letterarie, in particolare presso i discorsi degli oratori, le iscrizioni le attestano dal VII al II secolo a.C.
Oggi si conoscono per nome circa nove fratrie. In totale ce n’erano probabilmente circa 30. Prima delle riforme di Clistene (508 a.C.) ogni maschio ateniese apparteneva a una fratria, e le fratrie funzionavano come gruppi sociali che si occupavano di questioni di famiglia e di discendenza.
Secondo la legge di Dracone sull’omicidio, risalente al 620 a.C. e riproposta alla fine del V secolo, i membri della fratria cui apparteneva la vittima di un omicidio involontario erano tenute a sostenere la famiglia della stessa e, se questa non avesse avuto parenti, ad assumerne il ruolo. Questa funzione di unità naturale della comunità al di là della famiglia era caratteristica della fratria.
Dopo Clistene l’appartenenza alla fratria continuò a essere necessaria per un cittadino ateniese nato in patria, insieme all’appartenenza alla nuove struttura istituzionali delle phylai, i trittyes e i demes di Clistene.
A quanto pare, la fratria continuò a svolgere un ruolo importante nel controllo delle questioni relative alla legittimità della discendenza, compreso l’accesso alla cittadinanza e all’eredità dei beni.
I membri della fratria compaiono come testimoni nelle cause legali del IV secolo in cui sono in discussione questioni di discendenza. Fino al II secolo, i cittadini naturalizzati erano normalmente iscritti a una fratria e a un deme. La prova più consistente dell’esistenza di una singola fratria ateniese è costituita da tre decreti incisi su pietra all’inizio del IV secolo, che regolano in dettaglio le procedure di ammissione.
I bambini di sesso maschile venivano probabilmente sottoposti a un duplice processo di introduzione nella fratria: al meion nell’infanzia, e nell’adolescenza al koureion. Forse esisteva anche un processo separato di scrutinio, che includeva un voto da parte dei membri di una fratria sull’idoneità di un candidato.
Secondo la legge sulla cittadinanza di Pericle, era necessario avere una discendenza da cittadino sia in linea femminile che maschile. Le fratrie sembrano aver tenuto in maggiore considerazione i demi delle donne, che, pur non essendo normalmente considerate membri delle fratrie, potevano talvolta essere introdotte in esse dei loro padri ed essere presentate alle fratrie dei loro mariti in occasione dei gamēlia.
Sebbene le fratrie potessero svolgere attività comuni durante tutto l’anno, le ammissioni alle fratrie avvenivano di solito in occasione delle Apaturia, durante le quali si tenevano anche osservanze religiose, in particolare il culto di Zeus Phratrios e Atena Phratria, feste e competizioni. Le fratrie potevano possedere proprietà, che costituivano una fonte di reddito per sostenere le attività cultuali e di altro tipo e per i prestiti ai membri.
(Oxford Reference)
Le phratiai dunque erano associazioni a carattere religioso, delle confraternite o dei clan, con membri generalmente tutti maschi, a rappresentare il loro oikos. Sebbene i membri potevano non essere tutti imparentati, le loro famiglie normalmente avevano una sorta di associazione attraverso il matrimonio o gli affari avuti in passato.
Come gli oikos, queste altre associazioni erano molto potenti. Ci si aspettava dai loro membri la più assoluta lealtà. Se una anchisteia o una phratia cadeva in rovina o nel disonore per qualche motivo, i suoi membri diventavano subito degli emarginati ed erano alla mercé di chiunque.
La lealtà era dovuta dunque nei confronti del proprio oikos, della anchisteia e della propria phratia, con tutto quello che, anche dal punto di vista commerciale o finanziario, ne derivava. Normalmente questi gruppi non erano in competizione tra di loro perché perseguivano tutti gli stessi interessi: la salvaguardia o sviluppo dell’oikos e di coloro che ne erano coinvolti su una base più ampia.
Oikonomia ed Economia: l’orticello e l’acqua al proprio mulino
Il termine moderno economìa, deriva dal latino oeconomĭa che a sua volta risale al greco οἰκονομία, composto da οἶκος , «casa» «dimora» (ma anche “beni di famiglia”) e -νομία «-nomia» «norma» o «legge» (in senso proprio «amministrazione della casa»).
Oggi con il vocabolo Economia intendiamo tutta una serie di realtà e processi di tipo appunto economico- finanziari (e politici) talmente complessi e dettagliati che sarebbe assai lungo trattare e descrivere e che gli antichi greci forse neppure immaginavano.
Comunque sia, se si considerano però a grandi linee i comportamenti e le decisioni sia del piccolo e medio risparmiatore che quelli dei grandi capitalisti o uomini di stato, alla fine l’Economia contemporanea non differisce molto dalla modesta Oikonomia greca almeno in un punto, che però è un aspetto fondamentale: tutto si riduce, fatte le debite proporzioni, alla difesa e salvaguardia del proprio oikos (che sia la casetta, l’aziendina, la grande multinazionale o perfino gli interessi del Grande Stato o Paese).
Che è un po’ come dire che ognuno “tira l’acqua al proprio mulino” o bada “al suo orticello”.
Nell’Odissea di Omero, Ulisse, il protagonista, cerca disperatamente, lottando contro gli elementi, di tornare a casa sull’isola di Itaca, dopo aver partecipato alla guerra di Troia.
Intanto, nella sua patria, i giovani nobili locali, i Proci, vogliono costringere sua moglie Penelope a dichiarare il marito e re morto, e a risposarsi con uno di loro. Non è a Penelope stessa, pur estremamente attraente, che i Proci mirano, ma al regno di Itaca e a tutte le proprietà e i beni di Ulisse, cioé al suoi oikos .
Avete cercato di rubare il mio mondo”
Nella miniserie L’Odissea, prodotta da Francis Ford Coppola nel 1997 per la regia di Andrej Končalovskij – con Armand Assante nel ruolo del protagonista, Greta Scacchi nei panni di Penelope, Isabella Rossellini che interpreta la dea Atena e Irene Papas nella parte di Anticlea, madre di Odisseo – Ulisse, dopo essere tornato in patria e aver ucciso tutti questi principi usurpatori, si trova a tu per tu con Antinoo, il capo dei Proci. Tra i due avviene un ultimo dialogo molto significativo:
Antinoo: – “Aspetta, aspetta. Qual è il nostro crimine? Abbiamo trattato tua moglie come una regina. Abbiamo vissuto dei frutti della vostra terra, ma a questo si può rimediare. Non abbiamo ucciso nessuno”.
Ulisse :- “Il vostro crimine è che avete cercato di rubare il mio mondo, il mondo che ho costruito con le mie mani, il mio sudore e il mio sangue, il mondo che ho condiviso con una donna che mi ha dato mio figlio; e nessuno me lo porterà mai via. Ora morirai in un fiume di sangue!”.
Queste parole – “Avete cercato di rubare il mio mondo!” – sono molto efficaci per rendere l’idea dell’autentico significato del termine oikos.