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ORACOLI, INDOVINI E GIURAMENTI

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Un sacerdote trascrive un oracolo
Un sacerdote trascrive un oracolo

Contrariamente a quello che supponiamo di sapere sui greci, essi non si affidavano alle profezie per prevedere il futuro. Si rivolgevano invece agli dei per porre loro delle domande e chiedere il loro aiuto nel presente.

Gli dei per loro influenzavano le vicende umane e questo li portò a pensare di poterne interpretare la volontà.

I Greci usavano il termine manteia per indicare la profezia e altri tipi di divinazione, in contrasto con la preghiera e il sacrificio, che avevano invece lo scopo di ottenere il favore degli dei.

La divinazione consisteva invece nel chiedere agli dei di concedere, ai mortali che li interrogavano, alcune indicazioni su come questi si dovessero comportare in una determinata circostanza.

Consultare gli oracoli

Re Egeo di Atene consulta la Pizia delfica, kylix attica a figure rosse (tondo), 440 a.C. ca.
Re Egeo di Atene consulta la Pizia delfica, kylix attica a figure rosse (tondo), 440 a.C. ca.

I profeti e gli indovini ricoprivano ruoli sociali importanti tra gli antichi greci come testimonia anche la mitologia, e questo loro ruolo continuò fino alla fine del mondo antico.

Nella sua accezione più ristretta, il termine “profezia” si riferisce a una sorta di enigma in cui un’entità divina utilizza un essere umano come strumento (il propethes) per comunicare con il mondo.

Quando invece usiamo il termine più ampio di “divinazione”, potremmo anche riferirci a metodi meno divini di predizione del futuro e legati anche alla magia. Nell’antica Grecia, l’oracolo delfico era la fonte più nota di profezie divinamente ispirate.

In ogni caso, gli antichi greci erano convinti che gli dei conoscessero sì il destino di ognuno, ma che si limitassero ad assicura che tale destino si compisse.

Una dei modi più diffusi per tentare di comprendere cosa ci riservasse il fato era la visita a un oracolo. Si trattava di un luogo in cui i Greci ponevano domande agli dei e ricevevano le loro risposte. Un oracolo non era necessariamente una persona: poteva essere il frusciare del vento tra i rami, un albero sacro, il santuario di un tempio o qualsiasi altro luogo in cui gli dei entravano in contatto con il mondo.

Serve un mediatore

Il responsabile dell’oracolo era un sacerdote chiamato hiereus. Non era lui il tramite vero e proprio con la divinità, ma possedeva le conoscenze e le competenze necessarie per svolgere il suo compito.

L’oracolo di Apollo, nel sito sacro di Delfi, nella Grecia centrale, era una donna, la Pizia. Quando le veniva posta una domanda, ella cadeva in trance e pronunciava frasi prive di alcun senso logico che lo hiereus. avrebbe poi decifrato e mettendole in versi. Le risposte erano notoriamente ambigue. Tuttavia, i Greci credevano che il messaggio degli dei fosse chiaro e che qualsiasi interpretazione errata potesse essere attribuita solo alla stupidità umana.

A volte un tempio si poteva avvalere anche dei servizi di un indovino, un mantis, il cui compito era quello di analizzare la risposte dall’oracolo. Questo indovino non apparteneva a nessuna religione particolare e lavorava per conto proprio.

Molteplici località, tra cui Cuma, ospitavano altri oracoli di Apollo. La seconda divinità principale della profezia era Zeus, il padre di Apollo. Nell’antico tempio a lui dedicato, che si trovava a Dodona, nel nord-ovest della Grecia, i sacerdoti rispondevano alle domande ascoltando il fruscio delle foglie della quercia sacra del dio. Un veggente (il mantis appunto) utilizzava altri tipi di divinazione, come l’osservazione del comportamento degli animali, come i voli e le grida degli uccelli di passaggio, tutto quello che noi chiamiamo augurio.

Delfi è una piccola città di straordinaria bellezza, situata nel Peloponneso, che offre una vista spettacolare nei dintorni. Dal santuario che domina la valle, si può vedere il teatro circolare, lo tholos. Nel suo ricco museo, si può ancora ammirare la statua dell’Auriga di Delfi.

I Greci non esitavano a mettere in dubbio, non senza cinismo, i reali meriti dei servizi che gli indovini potevano fornire. In effetti, gli indovini potevano essere tentati di dare alle persone che li consultavano le risposte che questi volevano sentire. Gli indovini erano spesso rappresentati come esseri capaci di predire il futuro, amati dagli dei e dotati di poteri magici. 

L'oracolo di Delfi
L’oracolo di Delfi

Così è (…se vi pare)

Consultare un oracolo non era una cosa semplice. Gli oracoli avevano le risposte per tutto e per niente allo stesso tempo, e non predicevano il futuro.

Al massimo potevano dare consigli sul modo migliore di vivere il presente.

Per i Greci il destino era già tracciato, predeterminato. Non era saggio di cambiarne il corso (la mitologia e la tragedia greca sono piene di catastrofiche conseguenze causate da quesa insana pretesa), ma piuttosto di interpretare la situazione in cui si trovavano per capire che direzione dovessero prendere.

Ad esempio, re Creso non avrebbe dovuto consultare l’oracolo per sapere se, muovendo guerra contro Ciro il Grande di Persia egli avrebbe vinto. Invece, avrebbe dovuto limitarsi a chiedere in anticipo quali sarebbero state le conseguenze se lui avesse attaccato i persiani. In ogni caso, la risposta la risposta della Pizia fu comunque questa: “Se Creso attraverserà il fiume Halys cadrà un grande impero”.

Ma questa risposta non dice chiaramente se Creso ne sarebbe uscito vincitore o sconfitto.

Naturalmente, Creso avrebbe potuto anche interpretare l’oracolo come un monito a non intraprendere la guerra, ma se fosse successo che i persiani, di loro iniziativa, avessero poi invaso e conquistato il suo regno, l’oracolo sarebbe comunque rimasto corretto, e se Creso si fosse aspettato che gli eventi avessero preso un altro percorso, ciò era dovuto semplicemente al fatto che egli aveva frainteso la risposta dell’oracolo. Insomma, contro l’oracolo avevi sempre torto tu e non vincevi mai!

Come regola generale, gli oracoli davano solo risposte ambigue sotto forma di consigli sul futuro.

L'Oracolo, olio su tela di Camillo Miola, 1880. Raffigura l'oracolo delfico (la Pizia) seduto su un tripode circondato da sacerdoti o officianti.
L’Oracolo, olio su tela di Camillo Miola, 1880. Raffigura l’oracolo delfico (la Pizia) seduto su un tripode circondato da sacerdoti o officianti.

Tecniche di mantica

La tecnica di mantica più diffusa tra i veggenti, tuttavia, era l’epatoscopia, ovvero l’esame degli organi asportati dell’animale sacrificato (spesso il fegato, epathos in greco): Se il fegato sembrava sano, ciò suggeriva che gli dei approvavano il comportamento previsto dall’interrogante; se appariva malato, ovviamente era segno che lo disapprovavano.

Quando la risposta a un oracolo rimaneva un enigma, l’indovino consultato cercava di risolverlo. Prima di consultare la Pizia, veniva offerto un sacrificio in cui le vittime venivano incoronate e cosparse d’acqua prima di essere immolate, per osservarne i movimenti, in base a questi si poteva capire se il dio era pronto o meno a pronunciare i suoi oracoli.

Altri metodi di divinazione cercavano messaggi nei sogni, nelle letture casuali dei poemi di Omero o in eventi ordinari. Uno starnuto, ad esempio, poteva essere visto come un segno favorevole per qualsiasi cosa si stesse pensando.

In diversi templi dedicati ad Hermes veniva eseguito uno strano rituale chiamato kledon. Un devoto poneva una domanda alla statua di culto del dio, poi si tappava le orecchie e lasciava il tempio, per poi una volta superato il mercato cittadino libera di nuovo le proprie orecchie  e ascoltava la risposta del dio nelle conversazioni casuali degli sconosciuti.

Tiresia è uno dei più famosi indovini della mitologia, figlio di Euero e della ninfa Cariclo.

Dava oracoli, soprattutto a Tebe. Non solo conosceva il passato, il presente e il futuro, ma interpretava anche il volo degli uccelli. Zeus gli concesse una vita sette volte più lunga di quella degli altri uomini. Predisse i destini dei Tebani e dei re di Tebe, anche negli Inferi. Dopo la sua morte, Ade, come favore speciale, gli diede il potere di pronunciare oracoli.

Tiresia non è nato cieco e veggente: il suo potere e la sua cecità sono il risultato del suo incontro con gli dei. Esistono varie versioni di questo mito. Tiresia divenne cieco quando vide il corpo della nudo della dea Atena.

Il bagno di Atena

Secondo la versione di Fecide ritrovata nella Biblioteca dello Pseudo-Apollodoro, Tiresia, quando era un adolescente, stava danzando e cantando e all’improvviso sorprese Atena che faceva il bagno nuda in una fonte sul monte Elicona. La dea, la cui castità è assoluta, vide l’indiscrezione di Tiresia come un attacco al suo pudore. “Atena gli mise le mani sugli occhi e lo accecò” (Apollodoro III, 6, 7).

Poiché la ninfa Cariclo, madre di Tiresia, faceva parte del corteo divino, ella pregò Atena di restituire la vista al figlio. La dea rifiutò, ma accettò di alleggerire la sua pena. “Gli purificò le orecchie, che gli permisero di capire perfettamente il linguaggio degli uccelli; poi gli diede un bastone di cinorrodo, che gli permise di camminare come le persone che vedono” (Apollodoro III, 6, 7).

Atena gli concesse anche una vita più lunga dei comuni mortali e il potere di conservare i suoi doni negli Inferi. Questa versione si trova anche nelle opere di Callimaco di Cirene e di Nonno di Panopoli.

La transessualità di Tiresia

Tiresia, Johann Heinrich Füssli
Tiresia, Johann Heinrich Füssli

La seconda versione dell’origine dei doni di Tiresia proviene da Ovidio. Mentre Tiresia passeggiava nella foresta, disturbò con il suo bastone l’accoppiamento di due serpenti. Immediatamente egli si trasformò in una donna.

Tiresia rimase in questa veste per sette anni. Nell’ottavo anno vide di nuovo gli stessi serpenti che si accoppiavano. “Se, quando sei ferito, il tuo potere è abbastanza grande da cambiare la natura del tuo nemico, ti colpirò una seconda volta”. E così Tiresia tornò a essere un uomo.

Quando Zeus sostenne che le donne traevano più piacere degli uomini nell’atto sessuale e sua moglie Era sosteneva il contrario, gli dei chiesero a Tiresia, che aveva esperienza di entrambi i sessi, la sua opinione.

Tiresia fu d’accordo con Zeus. Spiegò che se il piacere dell’atto sessuale fosse stato diviso in dieci parti, la donna ne avrebbe prese nove mentre l’uomo solo una. Ed Era, “più offesa di quanto avrebbe dovuto per un argomento così leggero, condannò gli occhi del suo giudice all’oscurità eterna”.

Zeus non poteva opporsi alla decisione di Era, così per compensare la sua cecità diede a Tiresia il dono della divinazione e una vita di sette generazioni. Secondo la Biblioteca dello Pseudo-Apollodoro (Libro III, capitolo 6, sezione 7), Esiodo racconta una storia simile.

Una vera autorità

Era uno degli indovini più consultati e, soprattutto, il più chiaroveggente di tutti. Forse perché era stato condannato a vivere per un certo periodo nel corpo di una donna prima di tornare alla sua forma maschile. In ogni caso, Narciso fu il primo a pagare il prezzo della sua fatale profezia: sarebbe vissuto finché non fosse riuscito a vedere la propria immagine.

Ricordiamo il destino più felice di Ulisse, che andò a consultarlo negli Inferi per assicurarsi il ritorno a Itaca. Quanto al re Penteo, non prese sul serio la sua predizione e si sbagliò di grosso: egli rifiutò infatti di riconoscere il dio Dioniso e Tiresia invano tentò di dissuaderlo e di fargli invece tributare gli onori divini a Dioniso. Il risultato fu che Penteo fu massacrato dalle Baccanti aizzate contro di lui dal dio.

Il suo ruolo più importante, Tiresia lo svolse durante i tragici eventi di Tebe, mentre Calcante rimaneva il veggente ufficiale della guerra di Troia. Il “servo delle tenebre” si dimostrò rifiutò rivelare al re Edipo la terribile verità sulla sua nascita nonostante le intimazioni.

La cecità di Tiresia, che è la controparte della sua conoscenza, proprio come quella di Edipo, che si acceca per non vedere più la verità in faccia, rimane una delle metafore più potenti della condizione umana.

Interpretare la segnaletica

I Greci erano superstiziosi: vedevano segni e presagi in tutte le piccole cose della vita. Il volo degli uccelli, il movimento delle foglie e il corso dei fiumi erano tutti modi per decifrare la volontà degli dei.

Anche se filosofi come Senofane (520 ca. a.C.) e storici come Tucidide (410 ca. a.C.) deridevano la divinazione, essa era ampiamente diffusa nella cultura greca. In tempi di crisi, i cittadini si rivolgevano agli oracoli e ascoltavano le profezie, mentre i governi delle città ingaggiavano veggenti ufficiali a questo scopo.

A Dodona, Zeus parlava agli uomini attraverso il fruscio delle foglie provenienti dalla quercia sacra. Secondo Omero, anche Ulisse consultò il dio: “Alle divine fronde della grande quercia di Zeus, volle chiedere consiglio sul ritorno alla buona terra di Itaca: dopo una così lunga assenza, doveva nascondersi o apparire in pieno giorno?”

Interpretare il volo degli uccelli era spesso una missione impossibile. Questa iscrizione, rinvenuta a Efeso in Asia Minore (l’odierna Turchia) e risalente al 550 a.C., è uno degli unici esempi superstiti di tale tentativo. Ed è tutt’altro che esaustiva!

Se l’uccello che vola da sinistra a destra scompare dalla vista, il presagio è favorevole; se gira sull’ala sinistra e poi scompare, il presagio è sfavorevole. Se vola da sinistra a destra e scompare in linea retta, il presagio è sfavorevole, ma se gira sull’ala destra prima di scomparire, il presagio è favorevole.

Gli eserciti greci a volte includevano un contingente di veggenti, che leggevano le viscere degli uccelli sacrificati per accertare le intenzioni degli dei per la battaglia successiva.

Simonide, un poeta spartano, scrisse un epitaffio per Megistias, un veggente spartano che morì nel 480 a.C. durante la battaglia delle Termopili. Si dice che Megistias avesse visto la fine degli spartani, ma che fosse rimasto comunque al fianco del suo monarca in lotta.

Sfidare gli oracoli

Creso (sempre lui), il ricco re della Lidia, un giorno volle sfidare gli oracoli greci e libici e scoprire quanto fossero affidabili. Inviò un emissario per chiedere loro, il centesimo giorno dopo la sua partenza, cosa stesse facendo Creso.

Solo l’oracolo di Delfi fu in grado di dare la risposta giusta, e cioè che egli stava… indulgendo in un particolare tipo di preparazione culinaria: “Mi giunge l’odore di una tartaruga dalla pelle spessa che bolliva nella pentola assieme a della carne di agnello”.

Cassandra, uccello del malaugurio

 Cassandra, Evelyn De Morgan, 1878
Cassandra, Evelyn De Morgan, 1878

Nell’Iliade, Omero ritrae la figlia di Priamo ed Ecuba, nota per aver predetto la guerra di Troia, anche se invano. È associata ad altre profetesse ispirate, la Pizia e la Sibilla. 

Si dice che la ragazza avesse sedotto con la sua bellezza Apollo, che intendeva insegnarle l’arte della divinazione. Ma quando lei lo rifiutò, approfittando delle sue lezioni e venendo meno alla parola data, Apollo le sputò in bocca per dispetto e la condannò a dare solo cattive notizie, alla cui verità nessuno avrebbe creduto.

L’espressione “fare la Cassandra” si riferisce all’atteggiamento di chi si lascia andare a congetture infauste e le cui previsioni accurate vengono accolte dall’incredulità generale. In ricordo di questa leggenda, La Fontaine scrisse nella sua favola

“La rondine e gli uccelli”:

 

Le ragazze sono stanche di sentirlo

Hanno iniziato a chiacchierare in modo altrettanto confuso

Così facevano i Troiani, non appena la povera Cassandra

Apriva bocca.

Giuramenti

Così come i Greci si rivolgevano alla divinazione e agli oracoli per trovare risposte alle molte domande che si ponevano, così essi associavano la religione alla loro vita quotidiana. Ogni decisione o accordo che prendevano dava luogo a un giuramento, con il quale rendevano gli dei testimoni delle loro azioni.

“Giurare su…” Significava promettere di fare ciò che si diceva: pagare ciò che si comprava, sposare qualcuno… I protagonisti dei grandi momenti della tragedia greca giuravano per vendicare uno dei loro congiunti o amici che era stato maltrattato o addirittura ucciso. Era un’usanza, e se non si rispettava il giuramento, si accettava la punizione degli dei.

Prima dell’invenzione della scrittura, intorno al 750 a.C., i giuramenti venivano utilizzati come contratti nelle transazioni finanziarie. Durante le trattative, i mercanti si rivolgevano alle divinità Hermes e Poseidone perché arbitrassero.

Consultando l'oracolo, John William Waterhouse
Consultando l’oracolo, John William Waterhouse

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