Strettamente alleate alle Grazie erano le Horae o Stagioni, che erano anche rappresentate come tre belle fanciulle, figlie di Zeus e di Temi. I loro nomi erano Eunomia, Dice e Irene.
Può sembrare strano che queste divinità, che presiedono alle stagioni, siano in numero di tre, ma questo è del tutto in accordo con le nozioni degli antichi Greci, che riconoscevano solo la primavera, l’estate e l’autunno come stagioni; si supponeva che la natura fosse avvolta nella morte o nel sonno, durante quella parte dell’anno triste e improduttiva che noi chiamiamo inverno. In alcune parti della Grecia non c’erano che due Horae: Tallo, dea della fioritura, e Carpo, della stagione dei frutti e del grano.
Le Horae sono sempre considerate amichevoli verso l’umanità e totalmente prive di astuzia o sottigliezza; sono rappresentate come delle gioiose ma gentili fanciulle, coronate di fiori e che si tengono per mano in una danza in cerchio. Quando sono raffigurati separatamente come personificazioni delle diverse stagioni, l’Hora raffigurante la primavera appare carica di fiori, quella d’estate porta un covone di grano, mentre la personificazione dell’autunno ha le mani piene di grappoli d’uva e altri frutti. Appaiono anche in compagnia delle Grazie al seguito di Afrodite, e anche con Apollo e le Muse.
Sono inseparabilmente collegate con tutto ciò che è buono e bello in natura, e poiché l’alternanza regolare delle stagioni, come tutte le altre sue azioni, richiede l’ordine e la regolarità più perfetti, le Horae, essendo le figlie di Temi, vennero considerate come rappresentanti dell’ordine e della giusta amministrazione degli affari umani nelle comunità civili. Ognuna di queste graziose fanciulle assumeva una funzione separata: Eunomia presiedeva più specialmente alla vita di stato, Dice custodiva gli interessi degli individui, mentre Irene, la più allegra e luminosa delle tre sorelle, era la spensierata compagna di Dioniso.
Le Horae erano anche le divinità delle ore in rapida fuga, e quindi presiedevano alle divisioni del tempo, dalle più piccole alle più grandi. In questa veste aiutano ogni mattina ad aggiogare i cavalli celesti al glorioso carro del sole, che assistono di nuovo anche scioglierne il giogo quando tramonta per riposare.
Nella loro concezione originale erano personificazioni delle nuvole, e sono descritte come l’apertura e la chiusura delle porte del cielo e la sbocciatura di frutti e fiori, quando si riversano su di loro i loro ruscelli rinfrescanti e vivificanti.