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LE PASSEGGIATE DEI GRECI

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Socrate con un discepolo e Diotima, dipinto nel 1810 circa da Franc Kavčič.
Socrate con un discepolo e Diotima, dipinto nel 1810 circa da Franc Kavčič.

A parte i giochi pubblici e gli spettacoli teatrali, la principale forma di intrattenimento dei greci era la passeggiata. E non solo nei boschi! Gli antichi greci amavano spesso passeggiare in città o nei luoghi solitari, come faceva Socrate: 

Fedro: Dimmi, Socrate, dove vorresti che ci sedessimo a leggere?

Socrate: Lasciamo qui la strada e seguiamo il corso dell’Ilisso. Poi ci siederemo in un luogo che ritieni tranquillo.

Fedro: C’è ombra, una brezza moderata e dell’erba dove possiamo sederci e, se vogliamo, sdraiarci.

Socrate: Ah, per Era, che bel posto dove fermarsi! Questo platano copre tanto spazio quanto è alto. E questo casto albero, quanto è grande e meravigliosamente ombroso! Così come è in piena fioritura, il luogo non potrebbe essere più profumato! E poi c’è il fascino impareggiabile di questa sorgente che scorre sotto il platano, e la freschezza della sua acqua: basta il mio piede a dirmelo!

Luciano De Crescenzo, nella sua Storia della filosofia greca, si sofferma sul significato di un verbo greco che esprime molto bene il senso delle passeggiate dei greci e il loro legame con il pensiero:

“Questo verbo è «agorazein». «Agorazein» vuoi dire «recarsi in piazza per vedere che si dice» e quindi parlare, comprare, vendere e incontrare gli amici; significa però anche uscire di casa senza un’idea precisa, gironzolare al sole in attesa che si faccia ora di pranzo, in altre parole «intalliarsi», come si dice dalle nostre parti, ovvero attardarsi fino a diventare parte integrante di un magma umano fatto di gesti, di sguardi e di rumori.

«Agoràzonta», in particolare, è il participio di questo verbo e descrive il modo di camminare di colui che pratica l’«agorazein», e cioè il procedere lento, con le mani dietro la schiena e su un percorso quasi mai rettilineo.

Lo straniero che, per motivi di lavoro o di turismo, si trovasse di passaggio in un paese greco, sia esso Corinto o Pozzuoli, resterebbe molto stupito nel vedere un così folto numero di cittadini camminare su e giù per la strada, fermarsi ogni tre passi, discutere ad alta voce e ripartire per poi fermarsi di nuovo.
Egli sarebbe portato a credere di essere capitato in un particolare giorno di festa, laddove invece assiste a una comune scena di «agorazein».

“Ebbene, la filosofia greca deve molto a questa abitudine peripatetica dei meridionali.
«Caro Fedro,» dice Socrate «dove vai e da dove vieni?»
«Ero con Lisia, il figlio di Cefalo, o Socrate,» risponde Fedro «e ora me ne vado a spasso fuori le mura. Così, su consiglio dell’amico comune Acumeno, faccio i miei quattro passi all’aria aperta, perché, dice, rinvigoriscono più che passeggiare sotto i portici.»
Ecco come comincia uno dei più bei dialoghi di Platone: il Fedro.
La verità è che questi ateniesi non facevano niente di produttivo: passeggiavano, conversavano, si chiedevano cosa fosse il Bene e il Male, ma quanto a lavorare, a costruire qualcosa di pratico da poter vendere o usare, neanche a parlarne.”

Luciano De Crescenzo . “Storia della filosofia greca – 1. I presocratici, 1983”.

Diogene alla ricerca di un uomo onesto, attribuito a J. H. W. Tischbein (1780 ca.)
Diogene alla ricerca di un uomo onesto, attribuito a J. H. W. Tischbein (1780 ca.)

Aristotele “camminare, parlare, pensare”

Aristotele era conosciuto come un peripatetico, per la sua abitudine a impartire le lezioni ai suoi studenti camminando insieme a loro per i giardini del Liceo. Secondo Aristotele, il movimento favorisce la conversazione e, per estensione, il pensiero. La propensione a camminare per lunghe distanze non era esclusiva di Aristotele, nonostante la credenza popolare.

“Ho osservato con quanta cura essi non intralciassero mai Protagora”, racconta Socrate nel Protagora di Platone, esprimendo la sua ammirazione per il comportamento degli allievi che seguivano il loro maestro. ” Quando andava in giro con il suo gruppi di scolari, il pubblico dietro si divideva in due in modo molto ordinato e poi girava ai lati e si ricomponeva dietro di lui. Era molto bello”.”

I comici dell’epoca spesso prendevano in giro Platone perché si stancava le gambe mentre elaborava i suoi “percorsi di pensiero”.

La passeggiata al Pireo

Invece di meditare, alcuni preferivano il trambusto del porto del Pireo, che attirava i greci in diversi modi. Sette chilometri separano Atene dal porto. Luciano di Samosata ci racconta una scena ambientata nel Pireo, dove è appena arrivata una nave, lo spettacolo è al suo culmine:

Timolao: Penso addirittura che voi due, Samippe e voi stessi, abbiate lasciato la città solo per vedere la nave.

Licino: Certo, per Zeus, e Adimanto di Mirina era con noi, ma non so dove sia ora, perché si è perso nella folla degli spettatori. Eravamo infatti arrivati insieme alla nave […] Ma da quel momento non l’ho più visto, né dentro la nave né una volta sbarcati.

Luciano, La nave

Anche il Monte Licabetto (277 m) aveva i suoi habitué. Senza andare tanto lontano, gli ateniesi camminavano anche lungo la passeggiata del Peripatos, quando non si riunivano alle porte della città.

Jean-Jacques Rousseau e Frédéric Gros riscoprono l’Agorazein greco

Per Rousseau, il grande vantaggio del camminare è che ci si può muovere a proprio piacimento, facendo tutto o niente a scelta. Si può vedere il paese che si attraversa, girare a destra o a sinistra se si vuole, esaminare tutto ciò che interessa.

Nell’Emilio egli scrive: “Viaggiare a piedi è viaggiare alla maniera di Talete, Platone e Pitagora. Mi è difficile capire come un filosofo possa decidersi a viaggiare in un altro modo; come possa staccarsi dallo studio delle ricchezze che si trovano davanti ai suoi occhi e sotto i suoi piedi”. Aggiunge che chi viaggia in carrozze ben imbottite è sempre “cupo, pieno di difetti o malato”, mentre chi viaggia a piedi è “sempre allegro, spensierato e contento di tutto”.

Anche Frédéric Gros nel suo saggio “Una filosofia del camminare”, riscopre l’Agorazein greco e il suo rapporto col pensiero: “Tutto è calmo,” egli scrive “in attesa e in riposo. Si è fuori dal chiacchiericcio del mondo, dai suoi echi di corridoio, dai suoi borbottii. Camminare: all’inizio ti colpisce come un immenso respiro nelle orecchie. Si sente il silenzio come se fosse un grande vento fresco che spazza via le nuvole”. Il silenzio raccolto camminando è rinfrescante e ristoratore.

 Aminta e la driade, F. Caucig, 1809 circa, Olio su tela;
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