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PERSEFONE

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Persefone, (greco Περσεφόνη, Persephónē; latino Proserpina), nel mito greco, secondo alcuni la figlia di Zeus e Stige, o, secondo la tradizione più comune, la figlia di Zeus e Demetra (Cerere). Ade, dio degli inferi, la portò via, con il consenso di Zeus, e ne fece sua moglie.

Questa mito è stato trattato da diversi poeti e arricchito in modi diversi. In Omero, dove essa porta il nome di Persefonia, non si fa menzione del fatto che la fanciulla sia stata portata via da Ade contro la sua volontà. È semplicemente rappresentata come la maestosa e terribile moglie del signore dell’Erebo e regina del mondo inferiore.

Il rapimento

Il rapimento di ProserpinaSecondo le leggende successive, Persefone un giorno stava danzando nel coro delle ninfe guidate da Atena e Artemide in un prato fiorito. Lasciando poi queste danzatrici, andò con alcune delle sue compagne a raccogliere fiori. Su preghiera di Ade, e con il consenso di Zeus, la terra produsse allora cento narcisi in fiore da una sola radice, e gli dei e gli uomini furono stupiti dalla loro bellezza e deliziati dal loro odore.

(Persefone)[… ] dalle belle caviglie [… ] mentre giocava con le fanciulle dal florido seno, figlie di Oceano, e fiori coglieva sul morbido prato: iridi, crochi, rose, viole, giacinti, e il narciso, che la Terra aveva generato, insidia per la fanciulla dal roseo volto, per volere di Zeus compiacendo il dio che molti uomini accoglie (Ade). […]

(Omero, Inno a Demetra)”

La fanciulla li raccolse avidamente e ingannata dal loro potere magico, si allontanò così dalle sue compagne. Improvvisamente la terra si aprì e Ade in persona, salendo dalla voragine con i suoi destrieri immortali, afferrò Persefone e la portò su un carro d’oro nel mondo inferiore.

Meravigliata ella tese, entrambe le mani per cogliere il dolce gingillo; e la terra, nell’ampia contrada, si spalancò, ne balzò fuori, sui suoi destrieri immortali, il Dio Ade figlio di Crono, che tutti i defunti riceve; e la rapí con la forza, e mentre ella piangeva, la trasse sul suo carro d’oro. Levava quella, con gemiti acuti, la voce, ed invocava Zeus, l’eccelso, il possente: però, nessuno degli uomini ne udì il grido, nessuno degli Immortali, e delle sue vaghe compagne, nessuna.

(Omero, Inno a Demetra)”

Ella invocò a gran voce la protezione di suo padre, ma invano; nessuno udì le sue grida tranne Ecate e il Sole.

“La udì la celeste sua madre Demetra: e nel suo cuore si accese un acuto dolore; e si strappò le bende con le sue mani dalle chiome immortali, gettò via il suo cerulo manto, e pareva un uccello quando si lanciò per terra e per mare alla ricerca della figlia; ma nessuno degli uomini voleva dirle la verità, nessuno dei Numi immortali, nessuna notizia sincera giunse a lei degli uccelli. Per nove giorni la Dea veneranda corse sulla terra, stringendo tra le mani una fiaccola ardente; né per il dolore toccava cibo, ne il nèttare dolce o l’ambrosia, né nei lavacri purificava il corpo.

(Omero, Inno a Demetra)”

Invano Zeus tentò di ottenere il consenso della madre al suo matrimonio con Ade e alla fine dovette invece concedere il permesso alla fanciulla di tornare nel mondo dei vivi, a condizione che essa non avesse nel frattempo assaggiato alcun cibo degli dei.

Il melograno fatale


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Persephone Photographic Print by Elisa Tulli

Ma Persefone, mentre camminava attraverso i bei campi dell’Elisio, aveva mangiato i semi di una melagrana, e tutto ciò che Zeus poté allora concedere alle preghiere della madre afflitta, fu che la ragazza dovesse passare la primavera e l’estate di ogni anno nel mondo superiore per poi far ritorno nel regno delle ombre.

“Persèfone, ora torna, presso tua madre dal cerulo peplo, e in seno tuo l’animo e il cuore rendi piú sereni,
E non lamentarti di soverchio con le altre fanciulle: io non sono certo uno sposo indegno per te fra i Celesti, perché fratello io sono di Zeus Croníde; e tu con me signora sarai qui di tutto ciò che si agita e vive.
E tutti avrai i maggiori privilegi che spettano ai Numi, ed eterna pena colga chi ti faccia torto e non ti rechi le giuste offerte, quando sei adirata, come a chi non compia i dovuti sacrifici per placarti, recandoti con devozione i sacri doni”.

(Omero, Inno a Demetra)”

Le sedi principali del culto di Persefone erano l’Attica e la Sicilia, anche se i riti per la sua venerazione non erano del tutto trascurati in nessuna parte della Grecia o in nessuna delle colonie greche.

Culto

The Two Sides of Persephone Alexandria Huntington

A volte condivideva gli onori offerti al marito, a volte quelli officiati per la madre, e in alcuni casi delle celebrazioni particolari erano dedicate soltanto a lei.

In Attica portava il nome di Kore, cioè “la fanciulla” oppure “la figlia” sottinteso “di Demetra”, la quale a sua volta era invocata anche col nome di He Meter, la madre. I misteri eleusini che si tengono in settembre, erano consacrati ad entrambe.

 

Il mito delle stagioni

La storia di Persefone nella forma semplice in cui è tramandata dai poeti greci e latini, è universalmente ritenuta un racconto mitico dei cambiamenti delle stagioni:  questa interpretazione è così evidente che gli stessi antichi vedevano nel rapimento di Persefone un simbolo dell’autunno, quando i frutti della natura scompaiono; e nel suo ritorno un simbolo della primavera. Questa idea del mito è splendidamente elaborata nella ballata di Schiller, ‘Klage des Ceres’ (il compianto di Cerere).

La piacevole primavera ritorna ancora una volta?
La terra riacquista la sua giovinezza felice?
Dolci al sole le verdi colline risplendono;
Freschi ruscelli spezzano le loro catene di ghiaccio:
Sullo specchio azzurro del fiume
Sorride il volto senza nubi di Zeus,
Le ali di Zefiro tremano dolcemente,
I germogli sbocciano sui rami;
Mentre gli uccelli cantano felici dagli alberi;
L’Oreade dalla cima della montagna
Sospira: “Ecco! stanno sbocciando i fiori intorno a te
Ma nessuna figlia rallegra i tuoi occhi”

(Libera traduzione e adattamento da Encyclopedia Americana, Volume XXI, 1919)

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