- Perseo: il nipote indesiderato
- Un eroe predestinato
- Prima di Google Maps: le tre Graie, guerce e sdentate
- Rendez-vous con Medusa e sorelle
- Tagliamo la testa…alla Medusa!
- Mi sbatti la porta in faccia? E io ci metto una pietra sopra!
- Fanciulle nude incatenate, mostri e devastazione: Benvenuti nel regno di Cefeo
- Perseo contro il megalodonte
- Oops! Ho ammazzato mio nonno!
- E vissero felici e contenti
Perseo: il nipote indesiderato
Perseo, uno dei più famosi e leggendari eroi dell’antichità, era figlio di Zeus e di Danae, figlia a sua volta di Acrisio, re di Argo. Avendo un oracolo predetto ad Acrisio che un figlio di Danae sarebbe stato la causa della sua morte, egli imprigionò la ragazza in una torre con porte di bronzo per tenerla isolata dal mondo.
Zeus, tuttavia, scese dal cielo attraverso delle fessure sul soffitto della torre, sotto forma di una pioggia d’oro, e riuscì ugualmente a fare l’amore con la bella Danae. Per quattro anni Acrisio rimase all’oscuro di questa unione, ma una sera, passando per caso vicino alla cella, udì il pianto di un bambino che proveniva dall’interno, il che gli fece scoprire la relazione di sua figlia con Zeus. Infuriato per l’inutilità di tutte le sue precauzioni, Acrisio ordinò che la madre e il bambino fossero messi in una cassa di legno e gettati in mare.
Un eroe predestinato
Ma non era la volontà di Zeus che madre e figlio dovessero perire. Egli infatti ordinò a Poseidone di calmare le acque agitate e fece in modo che la cassa galleggiasse al sicuro fin sull’isola di Serifo. Ditti, fratello di Polidette, re dell’isola, stava pescando in riva al mare quando vide proprio questa cassa arenata sulla spiaggia; e avendo pietà dei suoi infelici e indifesi occupanti, li condusse al palazzo del re, dove furono trattati con la massima gentilezza.
Polidette alla fine si unì a Danae, e diede a Perseo un’educazione degna di un eroe. Quando vide il suo figliastro diventare un giovane nobile e virile, si sforzò di instillare nella sua mente il desiderio di segnalarsi con il compimento di qualche grande ed eroica azione, e dopo averne valutate di diverse, fu deciso che l’uccisione della Gorgone Medusa fosse quella che gli avrebbe portato la più grande fama. In realtà Polidette era un figlio di buona donna: si era innamorato di Danae, sentimento che lei non ricambiava; la donna infatti dedicava tutte le sue attenzioni solo al figlio. Il tiranno quindi, pensò di sbarazzarsi del giovane con un patto: se questi gli avesse procurato la testa della Gorgone, egli avrebbe rinunciato per sempre a sua madre. “Un lavoretto facile facile” , forse gli disse. Non proprio, vedremo subito.
Prima di Google Maps: le tre Graie, guerce e sdentate
Per il successo della sua missione era necessario che Perseo si procurasse un paio di sandali alati, una sacca magica (la kibisis) e l’elmo di Ade, che rendeva invisibile chiunque lo indossasse: tutto questo armamentario era custodito dalle Ninfe, il cui luogo di residenza che era noto solo ai Greci. Perseo partì quindi per la sua spedizione e guidato da Hermes e Atena, arrivò, dopo un lungo viaggio, nella regione lontana ai confini dell’Oceano, dove vivevano le Graie, figlie di Forchi, dio marino, e del mostro Ceto: esse erano tre orride vecchie.
Si rivolse quindi subito a loro per avere le informazioni necessarie per proseguire l’impresa. Al loro rifiuto di fornirle, le privò dell’unico occhio e dell’unico dente che esse possedevano, e che si scambiavano l’un l’altra per poter vedere e mangiare: proprio mentre infatti se li stavano passando di mano, Perseo, con abile gesto di destrezza, glieli sfilò entrambi velocemente da sotto il naso. Gli avrebbe restituito il maltolto solo esse gli avessero dato tutte le indicazioni che aveva richiesto sul percorso da seguire. Le Graie dovettero cedere e vuotare il sacco. Secondo alcuni, Perseo, dopo aver ottenuto le informazioni che voleva, mancò alla sua parola e quelle orribili creature rimasero così, cieche e sdentate, a morire.
Rendez-vous con Medusa e sorelle
Si diresse quindi verso la dimora delle Ninfe, dalle quali ottenne gli oggetti indispensabili al suo scopo. Dotato dell’elmo e della sacca magici e armato di una falce o harpe, dono di Hermes, indossò ai piedi i sandali alati e volò fino alla dimora delle Gorgoni, trovandole addormentate.
Le Gorgoni erano le figlie anch’esse di Forchi e di Ceto; avevano ali d’oro, mani di bronzo e serpenti per capelli. Abitavano nell’Estremo Occidente e i loro nomi erano Steno, Euriale e Medusa.
Ora, poiché Perseo era stato avvertito dalle sue guide celesti che chiunque avesse guardato in viso queste orripilanti sorelle sarebbe stato trasformato in pietra, si fermò distogliendo gli occhi davanti a quelle creature dormienti, guardando solo sul suo scudo di metallo brillante la loro triplice immagine riflessa.
Tagliamo la testa…alla Medusa!
Poi, guidato da Atena, l’eroe riuscì a mozzare la testa della Medusa, l’unica fra le tre ad essere mortale, che subito ripose nella sua sacca magica. Non appena lo fece, dal tronco senza testa dell’orrida creatura, uscì sangue a fiotti, dal quale sorsero magicamente il destriero alato Pegaso e Crisauro, il padre del gigante alato Gerione. Perseo ora doveva davvero affrettarsi: doveva sfuggire all’inseguimento delle due Gorgoni sopravvissute, che, destate dal loro sonno, si precipitarono contro di lui a vendicare la morte della loro sorella. Il suo elmo magico e i suoi sandali alati gli furono di grande aiuto, perché il primo lo nascondeva alla vista delle Gorgoni, mentre i secondi lo portavano rapidamente sulla terra e sul mare, lontano dalla portata dalle sue inseguitrici.
Mi sbatti la porta in faccia? E io ci metto una pietra sopra!
Passando sopra le pianure infuocate della Libia, le gocce di sangue dalla testa di Medusa gocciolarono attraverso la sacca, e cadendo sulle sabbie calde sottostanti, produssero una nidiata di serpenti multicolori che si sparsero per tutto il paese. Perseo continuò il suo volo fino a raggiungere il regno di Atlante, al quale chiese asilo.
Ma poiché questo re possedeva un prezioso frutteto, ogni albero del quale produceva frutti d’oro, egli temette che l’uccisore di Medusa potesse sopraffare anche il drago che custodiva il suo giardino e quindi derubarlo dei suoi tesori. Rifiutò quindi di concedere l’ospitalità che l’eroe chiedeva, al che Perseo, pieno di sdegno per essersi il sovrano sottratto ai suoi sacri obblighi di accoglienza, tirò fuori dalla sua bisaccia la testa della Medusa e, rivolgendola verso il re, lo trasformò in una montagna di pietra.
Dalla barba e dai capelli scaturirono foreste; le spalle, le mani e tutte le sue altre membra divennero enormi rocce, e la testa crebbe fino a diventare un picco scosceso che arrivava fino alle nuvole. Dopo aver così punito il tiranno, Perseo riprese quindi il suo cammino. I suoi sandali alati lo portarono attraverso deserti e montagne, finché non arrivò fino in Etiopia, nel regno del re Cefeo.
Fanciulle nude incatenate, mostri e devastazione: Benvenuti nel regno di Cefeo
Qui trovò il paese devastato da inondazioni disastrose: città e villaggi sommersi e ovunque segni di desolazione e rovina. Su una scogliera sporgente vicino alla riva, vide poi una bella fanciulla nuda incatenata ad una roccia. Era Andromeda, la figlia del re.
Sua madre Cassiopea, essendosi vantata di superare in bellezza le Nereidi, aveva scatenato l’ira delle ninfe marine, che si appellarono a Poseidone per vendicare i loro torti; al che il dio del mare devastò tutto il paese con una terribile inondazione, che portò con sé anche un enorme mostro che divorava tutto ciò che incontrava sul suo cammino.
Presi dall’angoscia, gli sfortunati Etiopi si rivolsero all’oracolo di Zeus Amon, nel deserto libico, e ottennero come risposta che solo il sacrificio della figlia del re al mostro, avrebbe potuto salvare il paese e il popolo. Cefeo, che era teneramente legato a sua figlia, in un primo momento si rifiutò di ascoltare questa terribile proposta; ma alla fine, vinto dalle preghiere e dalle sollecitazioni dei suoi infelici sudditi, questo padre sventurato, col cuore in pezzi, acconsentì al sacrificio per il benessere del suo paese.
Andromeda fu quindi incatenata a una roccia in riva al mare per servire da preda al mostro, mentre i suoi infelici genitori piangevano il suo triste destino sulla spiaggia sottostante. Venuto a conoscenza di tutto ciò, Perseo promise a Cefeo di uccidere il drago a condizione che la bella vittima diventasse sua sposa. Felicissimo per la prospettiva della liberazione di Andromeda, il re accettò volentieri e Perseo si affrettò a dirigersi verso lo scoglio, per rivolgere parole di speranza e di conforto alla fanciulla tremante.
Perseo contro il megalodonte
Poi, indossato nuovamente l’elmo di Ade, salì in cielo e attese l’arrivo del mostro. Presto il mare si aprì, e la testa da squalo della gigantesca bestia venuta degli abissi si sollevò sopra le onde. Sbattendo furiosamente la coda da una parte all’altra, balzò in avanti per afferrare la sua preda; ma il valoroso Perseo, cogliendo l’opportunità, si precipitò improvvisamente dall’alto e, tirando fuori dalla sacca la testa di Medusa, la tenne davanti agli occhi del drago, il cui orribile corpo si trasformò gradualmente in un’enorme roccia nera, che rimase per sempre testimone silenziosa della miracolosa liberazione di Andromeda.
Perseo condusse quindi la fanciulla dai suoi genitori, ora felici, i quali, ansiosi di dimostrare la loro gratitudine al suo liberatore, ordinarono di compiere immediatamente i preparativi per la festa nuziale. Ma il giovane eroe non poteva portare via la sua bella sposa senza resistenza. Nel bel mezzo del banchetto infatti, Fineo, il fratello del re, al quale Andromeda era stata precedentemente promessa in sposa, tornò a reclamare la giovane donna.
Seguito da un gruppo di guerrieri armati, questi entrò a forza nella sala; tra i due rivali ebbe luogo uno scontro sanguinoso, che avrebbe potuto concludersi fatalmente per Perseo, se egli non si fosse improvvisamente ricordato della testa di Medusa. Avvertì dapprima i suoi amici di distogliere lo sguardo, poi estrasse la mostruosa reliquia dalla sua sacca e la tenne davanti a Fineo e alla sua formidabile guardia del corpo, al che tutti questi si trasformarono in pietra.
Perseo vittorioso, si congedò dal re Cefeo, e accompagnato dalla sua bella sposa, tornò da Serifo, dove ebbe luogo un gioioso incontro tra Danae e suo figlio che ora erano di nuovo uniti ma non ancora liberi: il tiranno Polidette continuava ad insidiare la madre di Perseo, deridendo il giovane e la testa mostruosa che si portava dietro. Anche questa volta Perseo non ci pensò due volte: tirò fuori di nuovo il terrificante trofeo e in men che non si dica, Polidette e la sua corte furono trasformati in un gruppo scultoreo in pietra. Il giovane inviò quindi un messaggero al nonno, informandolo che egli intendeva tornare ad Argo; ma Acrisio, temendo l’avverarsi della predizione oracolare, fuggì per proteggersi, presso il suo amico Teutamide, re di Larissa. Ansioso di indurre l’anziano monarca a tornare ad Argo, Perseo lo seguì, lo raggiunse e lo rassicurò che non avrebbe dovuto temere più alcun male. Acrisio si lasciò convincere, ma in realtà stava andando incontro al suo destino.
Oops! Ho ammazzato mio nonno!
Ma qui avvenne una strana fatalità. Mentre prendeva parte ad alcuni giochi funebri, celebrati in onore del padre del re Teutamide, Perseo, con uno sfortunato lancio del disco, colpì accidentalmente suo nonno, che stava tra il pubblico, e fu così, pur senza volerlo, che divenne causa innocente della sua morte.
Il destino è davvero beffardo, perché se si ripensa a tutti i terribili stratagemmi ai quali Acrisio era ricorso per evitare di essere ammazzato dal nipote, dall’imprigionare la figlia per impedirle di essere messa in cinta da qualcuno, fino a rinchiudere il neonato e la madre in una cassa e abbandonarli in mare. E tutto questo per cosa? Per finire poi ammazzato da un lancio del disco fatto male che lo prese in pieno in testa? O forse Perseo mise in atto una vendetta meditata da tempo, contro quel vecchio nonno paranoico, che aveva scatenato tutto quel putiferio e causato tante sofferenze per paura delle parole di un oracolo.
Dopo aver celebrato i riti funebri in onore di Acrisio con la dovuta solennità, Perseo tornò ad Argo; ma non volendo occupare il trono di colui che aveva involontariamente assassinato, scambiò il regno con Megapente, re di Tirinto, e nel corso del tempo fondò le città di Micene e Midea.
E vissero felici e contenti
La testa della Medusa, egli la donò alla sua divina protettrice, Atena, che la mise al centro del suo scudo o secondo altri, al centro della corta corazza che la dea stessa indossava sul petto: l‘Egida. Molti grandi eroi discesero poi da Perseo e Andromeda e dalla loro progenie, primo fra tutti Eracle, la cui madre, Alcmena, era loro nipote.
Rimane il sospetto che egli sia un eroe tutto sommato un po’ sopravvalutato: a parte il fatto di aver affrontato le Gorgoni, in tutte le sue altre imprese non fece altro che tirarsi fuori d’impaccio ogni volta sempre utilizzando lo stesso asso nella manica: la Testa di Medusa. Un po’ troppo comodo!
A Perseo furono tributati onori eroici, non solo in tutta Argo, ma anche ad Atene e nell’isola di Serifo.
(Libera traduzione e adattamento da Myths and Legend of Ancient Greece and Rome di E. M. Berens, 1880)