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PLUTO: LA RICCHEZZA

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Pluto(Ploutos), talvolta chiamato anche Pluton (Aristoph. Pl. 727), era la personificazione della ricchezza. Descritto come il figlio di Iasione e Demetra (Hes. Th. 969, &c.; Hom. Hymn. in Cer. 491, Od. 5.125). Si dice che Zeus lo abbia accecato, affinché non concedesse i suoi favori esclusivamente agli uomini giusti, ma potesse distribuire i suoi doni ciecamente e senza alcun riguardo al merito (Aristoph. Pl. 90; Schol. ad Theocrit. 10.19). A Tebe c’era una statua di Tyche, ad Atene una di Eirene, e a Thespiae una di Atena Ergane; e in ciascuno di questi casi Pluto era rappresentato come il figlio di quelle divinità, esprimendo simbolicamente le fonti della ricchezza (Paus. 9.16.1, 26.5). Igino (Poet. Astr. 2,4) lo chiama fratello di Filomelo. Sembra essere stato comunemente rappresentato come un giovane con una Cornucopia. (Hirt, Mythol. Bilderb. ii. p. 105, ecc.)

Il cattivo rapporto con Eracle

 

“Eracle e Pluto. Le ricchezze sono giustamente odiate dagli uomini coraggiosi, perché un forziere di denaro contante pone fine ai comportamenti onesti e degni di lode.

Grazie alle sue eccellenti qualità, Eracle ricevette un posto in paradiso. Salutò gli dei che vennero a congratularsi con lui, uno dopo l’altro, ma quando Pluto (Ricchezza), figlio di Tykhe (Tyche, fortuna), gli si avvicinò, Eracle distolse lo sguardo. Il Padre Zeus gli chiese perché si comportasse in questo modo. Eracle rispose: “Odio il dio della ricchezza perché è amico degli empi, mentre corrompe il mondo buttando il suo denaro in giro.

Questa favola si può raccontare a proposito di un uomo baciato dalla fortuna, ma malvagio nella sua indole ”

Esopo, Favole, 130

 

Il Pluto di Aristofane

Pluto (Πλοῦτος) è una commedia scritta intorno al 380 aC. da Aristofane, con protagonista Pluto appunto, il dio greco della ricchezza, e come la maggior parte delle sue opere, è una satira politica dell’Atene dell’epoca che include un insegnante stupido, uno schiavo ribelle e molti attacchi alla morale dell’epoca.

I protagonisti sono Cremilo (Χρεμύλος), anziano cittadino ateniese, e il suo schiavo Cario (Καρίων). Cremilo vede se stesso e la sua famiglia come virtuosi ma poveri. Ne è preoccupato e chiede consiglio a un oracolo. Lo spettacolo inizia subito dopo che Cremilo ha ricevuto l’indicazione di seguire il primo uomo che incontrerà e di convincerlo ad accompagnarlo a casa. Quest’uomo risulta essere proprio il dio Pluto.

La prima parte della commedia tratta del tema della ricchezza, di come non sia distribuita tra i virtuosi, né necessariamente tra i non virtuosi, ma sia assegnata casualmente. Cremilo è convinto che se si ripristinasse la vista di Pluto, questi errori potrebbero essere rettificati e il mondo sarebbe un posto migliore.

La seconda parte introduce la dea Penia, personificazione della Povertà e del Bisogno, che confuta il ragionamento di Cremilo secondo cui è meglio essere ricchi, sostenendo che senza povertà non ci sarebbero schiavi (poiché tutti potrebbero comprare la loro libertà) e niente pasti o beni di lusso (perché nessuno lavorerebbe se tutti fossero ricchi).

Infine, Pluto riacquista la vista e dona la ricchezza ad alcuni e privandone coloro che giudica disonesti. Ciò provoca risentimento e rancore da parte di coloro che hanno perso i loro beni.

Tuttavia, dopo varie vicissitudini e le proteste perfino degli dèi, la commedia ha un utopico lieto fine e Pluto viene portato in trionfo

Aristofane, Pluto :Cremilo e Patrocle incontrano Pluto

– Cremilo: Il dio Apollo mi ordinò chiaramente di seguire il primo uomo che avrei incontrato dopo aver lasciato il tempio e di convincerlo ad accompagnarmi a casa.
– Cario: E chi è stato il primo che hai incontrato?
– Cremilo: Questo cieco [Pluto, travestito da mortale] . . .
– Cremilo : Se questo cieco ci dicesse chi è, perché e con quale scopo ci ha condotto qui, dovremmo senza dubbio capire cosa significa veramente il nostro oracolo . . .
– Pluto: Ma se scopri chi sono, so bene che mi userai male
e mi lascerai andare di nuovo.
– Cremilo: Chiamo gli dei a testimoni che non hai nulla da temere se parli.
– Pluto: Ebbene, prima scioglimi.
– Cremilo: Ecco! ti liberiamo.
– Pluto: Ascolta, allora, poiché devo rivelare ciò che avevo intenzione di mantenere segreto. Io sono Pluto.
Cario: Oh! disgraziato mascalzone! Tu Pluto e non l’hai mai detto!
– Cremilo: Tu, Pluto, e in questa pietosa veste! Oh, Febo Apollo! oh, dèi del cielo e dell’inferno! Oh, Zeus! è davvero come dici?
– Pluto: Sì.
– Cremilo: Quel Pluto? Quello vero?
– Pluto: Quello e nessun altro.
– Cremilo: Ma dimmi, come mai sei così squallido nell’aspetto?
– Pluto: Ho appena lasciato la casa di Patrocle, che non si è mai fatto il bagno sin dalla sua nascita.
– Cremilo: Ma la tua cecità; come è successo? Dimmi.
– Pluto: Zeus me l’ha inflitta, a causa della sua gelosia verso l’umanità. Quand’ero giovane, l’ho minacciato che sarei andato solo dai giusti, dai saggi, dagli uomini dalla vita retta; al che lui per impedirmi di distinguerli, mi colpì di cecità. Tanto invidioso egli è di coloro che possiedono la virtù!
– Cremilo: Eppure, sono solo i retti e i giusti che lo onorano.
– Pluto: Verissimo.
– Cremilo: Quindi, se mai recuperassi la vista, eviterai i malvagi?
– Pluto: Senza dubbio.
Cremilo: Onoreresti i buoni e gli onesti?
– Pluto: Sicuramente. Ma è passato molto tempo da quando li ho visti.
– Cario (al pubblico): Non è sorprendente. Io, che vedo chiaramente, non ne scorgo manco uno.
– Pluto: Ora lasciami andar via, perché ti ho detto tutto.
– Cremilo: No, certamente no! Ci attaccheremo a te più velocemente che mai.
– Pluto: Non te l’avevo detto che mi avresti tormentato?
– Cremilo: Oh! Ti scongiuro, credi a quello che dico e non lasciarmi; perché invano cercherai un uomo più onesto di me.
– Cario: C’è solo un uomo più degno; e quello sono io.
– Pluto: Tutti parlano così, ma non appena si assicurano i miei favori e si arricchiscono, la loro malvagità non conosce limiti.
– Cremilo: Eppure non tutti gli uomini sono malvagi.
– Pluto: Tutti. Non ci sono eccezioni.
– Cario: Pagherai per queste parole.
– Cremilo: Ascolta quanta felicità c’è in serbo per te, se solo rimani con noi. Ho speranza; sì, ho buone speranze con l’aiuto del dio di liberarti da quella cecità, anzi di ridarti la vista.
– Pluto: Ah! non fare nulla del genere, perché non desidero recuperarla.
– Cremilo: Che cosa dici?
– Cario: Questo tizio abbraccia la propria miseria.
– Pluto: Se tu fossi abbastanza pazzo da curarmi, e Zeus lo sapesse, mi travolgerebbe con la sua ira.
– Cremilo: E non sta facendo questo ora lasciandoti andare a tentoni errante per la tua strada?
– Pluto: Non lo so; ma ho una paura terribile di lui.
– Cremilo: Davvero? Zeus con il suo trono e i suoi fulmini non varrebbe un obolo se tu riacquistassi la vista, fosse solo per pochi istanti.
– Pluto: Uomo empio, non parlare così!
– Cremilo: Niente paura! Ti dimostrerò che sei molto più importante e più potente di lui. . . Quanto a te, Pluto, il più eccellente di tutti gli dèi, vieni qui con me; questa è la casa che oggi devi riempire di ricchezze, con mezzi equi o disonesti.
– Pluto: Non mi piace per niente entrare nelle case degli altri in questo modo; Non ne ho mai ricavato niente di buono. Se entravo nella casa di un avaro, subito quello mi seppelliva nel sottosuolo come un tesoro; e se qualcuno onesto tra i suoi amici veniva a chiedergli anche un centesimo, egli negava di avermi mai visto. Invece se capitavo a casa di uno sciocco, lui si giocava la ricchezza che gli davo a dadi e con le ragazze, e molto presto venivo completamente spogliato di tutto e buttato fuori di casa.
– Cremilo: Questo perché non hai mai incontrato un uomo che sapesse come evitare i due estremi; la moderazione è il punto forte del mio carattere. Amo risparmiare quanto chiunque altro e so come spendere, quando serve. Ma entriamo; Voglio farti conoscere mia moglie e il mio unico figlio, che amo più di tutto dopo te stesso.

Aristofane, Pluto 40 e 230 ss”

 

Aristofane, Pluto : Cremilo e Penia 

 

“- Cremilo: Ma ho riflettuto bene sulla questione, e la cosa migliore è portare Pluto nel Tempio di Asclepio [dio della medicina].
– Blepsidemo: Senza dubbio questo è proprio la cosa migliore. Sbrigati e conducilo via al tempio…
(Stanno uscendo quando Penia (Dea della Povertà) arriva di corsa; è l’immagine stessa dello squallore e i due uomini indietreggiano inorriditi.)
Penia: Impudenti, perversi ed empi! Che cosa osate fare, miserabili (kakodaimones) mortali? Dove state correndo? Fermatevi! Lo comando io!
– Blepsidemo: Oh! grandi dèi!
Penia: Il mio braccio vi distruggerà, esseri infami! Un tale tentativo non deve essere sopportato; né uomini né dèi hanno mai osato cose simili. Morirete! . . . Sono Penia (Dea della Povertà), e ho vissuto con te per tanti anni. . .
– Cremilo: Pluto respingerà prontamente le tue vane minacce.
Penia: Osate rispondere, mascalzoni, colti in flagrante nel delitto più orribile?
– Cremilo: Quanto a te, maledetta, mi perseguiti con i tuoi abusi, anche se non ti ho mai fatto il minimo male.
Penia: Credi che non mi faccia male restituire a Pluto (Ricchezza) l’uso dei suoi occhi?
– Cremilo: Questo ti sta facendo del male, che elargiamo benedizioni su tutti gli uomini?
Penia: E cosa pensi garantirà la loro felicità?
– Cremilo: Ah! prima di tutto ti cacceremo fuori dalla Grecia.
Penia: Scacciarmi? Potresti fare un danno maggiore all’umanità? . . .
– Cremilo: È giusto che i buoni siano felici, che gli empi, invece, siano miserabili; questa è una verità, credo, che nessuno la potrà smentire. Realizzare questa condizione di cose è una proposta tanto grande quanto nobile e utile sotto ogni aspetto, e abbiamo trovato il mezzo per raggiungere l’oggetto dei nostri desideri. Se Pluto recupera la vista e smette di vagare senza vedere e a caso, andrà a cercare i giusti e non li lascerà mai più; eviterà i perversi e gli empi; così, grazie a lui, tutti gli uomini diventeranno onesti, ricchi e pii. Si può concepire qualcosa di meglio per il bene pubblico?
– Blepsidemo: Di certo, no! Ne sono testimone. Non è nemmeno necessario che risponda.
– Cremilo: Non ti sembra che tutto sia stravaganza nel mondo, o meglio follia, quando guardi come vanno le cose? Una folla di ladri gode delle benedizioni che ha ottenuto con la pura ingiustizia, mentre le persone più oneste sono infelici, muoiono di fame e trascorrono tutta la vita con te. Ora, se Pluto tornasse a essere chiaroveggente e scacciasse Penia (Povertà), sarebbe la più grande benedizione possibile per la razza umana.
Penia: Ecco due vecchi, il cui cervello è facile da confondere, che si aiutano a vicenda a dire sciocchezze su sciocchezze a loro piacimento. Ma se i tuoi desideri si realizzassero, il tuo profitto sarebbe grande! Recuperi Pluto la vista e divida equamente i suoi favori a tutti, e nessuno farà più il commerciante né l’artigiano; tutta la fatica verrebbe eliminata. Chi vorrebbe più lavorare il ferro, costruire navi, cucire, tagliare il cuoio, fare il muratore, imbianchire il lino, conciare le pelli, o lavorare la terra con l’aratro e raccogliere i doni di Demetra, quando invece potrebbe vivere in pigrizia e libero da tutto questo lavoro?
[I protagonisti della commedia  ignorano le sue invettive e continuano con il loro piano] . . .

– Cremilo: Così quella puttana se n’è andata finalmente! Ma affrettiamoci a portare Pluto nel tempio di Asclepio . . . Cario, porta le coperte e tutto ciò che ho preparato dalla casa; conduciamo il dio al tempio, avendo cura di osservare tutti i riti appropriati.
(Cario esce di casa con un fagotto sotto un braccio e conduce Pluto con l’altro. Cremilo e Blepsidemo si uniscono a lui e tutti e quattro se ne vanno.) . . .

– Capo del coro: Mio caro, cosa è successo ai tuoi amici? Sembri portatore di buone notizie.
– Cario: Che gioia, per il mio maestro e ancor di più per Pluto! Il dio ha riacquistato la vista; i suoi occhi brillano con il massimo splendore, grazie alla cura benevola di Asclepio.
– Capo del Coro: Oh! che gioia! Oh! che grande gioia!
– Cario: Sì! si e non possiamo non gioire, neppure se vogliamo.
– Capo del Coro: Canterò in onore di Asclepio, figlio dell’illustre Zeus, con voce sonora; è lui la stella benefica che gli uomini adorano…
– Cario: Essendo arrivati vicino al tempio con il nostro malato – allora tanto sfortunato, ma ora all’apice della felicità e della beatitudine – lo abbiamo prima condotto giù al mare per purificarlo.
– Moglie: Ah! che singolare piacere per un vecchio fare il bagno nell’acqua fredda del mare!
– Cario (alla maniera del messaggero tragico): Poi ci siamo recati al tempio del dio. Dopo che le ostie e le varie offerte furono consacrate sull’altare, e la focaccia di frumento fu donata ad Efesto divoratore, facemmo stendere Pluto su un giaciglio secondo il rito, e ognuno di noi preparò lui stesso un letto di foglie. . .
– Moglie: E il dio non è venuto?
Cario: Non ha tardato. . . Venne e si sedette a capo del letto di Pluto, prese uno fazzoletto perfettamente pulito e glii asciugò le palpebre; Panakeia (Panacea, “tutte le cure”) si coprì la testa e il viso con un panno viola, mentre il dio fischiava, e due enormi serpenti uscirono di corsa dal santuario.
– Moglie: Grandi dei!
– Cario: Scivolarono dolcemente sotto il telo viola e, per quanto ho potuto giudicare, leccarono le palpebre del malato; poiché, in meno tempo di quanto ti serva, signora, per bere dieci coppe di vino, Pluto si levò; ora poteva vedere. Battei le mani di gioia e svegliai il mio padrone, e il dio scomparve immediatamente con i serpenti nel santuario. Quanto a coloro che giacevano vicino a Pluto, puoi immaginare come lo abbracciassero teneramente. Spuntò l’alba e nessuno di loro aveva chiuso occhio. Quanto a me, non ho cessato di ringraziare il dio che aveva così rapidamente restituito a Pluto la vista e aveva reso Neoclide più cieco che mai.
– Moglie: Ah! tu grande Asclepio! Quanto è grande la tua potenza! (A Cario) Ma dimmi, dov’è adesso Pluto?
– Cario: Si avvicina scortato da una folla immensa. I ricchi, la cui ricchezza è illecita, corrugano le sopracciglia e gli lanciano sguardi di odio feroce, mentre il popolo giusto, che ha condotto un’esistenza miserabile, lo abbraccia e gli stringe la mano nel trasporto della sua gioia; seguono il suo corteo, tutti con le loro teste inghirlandate, ridendo e benedicendo il loro liberatore; i vecchi fanno risuonare la terra mentre camminano insieme. Venite, tutti voi, tutti, fino all’ultimo, danzate, saltate e formatevi in un coro; non rischi più che ti venga detto, quando torni a casa. “Non c’è il pasto nella borsa.”
– Moglie: E io, per Ecate ! Ti preparerò una ghirlanda di focacce per la buona novella che mi hai portato.
– Cario: Sbrigati, sbrigati allora; i nostri amici sono a portata di mano.
Moglie: Andrò in casa a prendere dei regali di benvenuto, per celebrare questi occhi che si sono appena aperti. (Torna in casa.)
– Cario: Nel frattempo esco per incontrarli.
– Pluto: Ti adoro, oh! tu sole divino, e ti saluto, tu città, amata da Pallade Atena: sii benvenuta, tu terra di Cecrope, che mi hai ricevuto. Ahimè! con che tipo di uomini mi sono associato finora! Arrossisco a pensarci. Mentre, d’altra parte, evitavo coloro che invece meritavano la mia amicizia; Non conoscevo né i vizi degli uni, né le virtù degli altri. Un duplice errore, e in entrambi i casi ugualmente fatale! Ah! che disgrazia è stata la mia! Ma voglio cambiare tutto; e in futuro intendo dimostrare all’umanità che, se ho dato qualcosa agli empi, è stato contro la mia volontà”.

Aristofane, Pluto 410 ss:

 

Il Pluto di Luciano di Samosata

Nel dialogo satirico Timone o il Misantropo di Luciano di Samosata, Pluto, l’incarnazione stessa dei beni terreni scritti su un testamento in una pergamena, dice a Hermes:

Non è Zeus che mi manda, ma Ade, che ha i suoi modi di conferire le ricchezze e fare regali; Ade e Pluto non sono estranei, vedi. Quando devo volare da una casa all’altra, mi stendono su una pergamena, mi sigillano con cura, mi mettono in un pacco e mi portano in giro. Il morto giace in qualche angolo buio, avvolto dalle ginocchia in su in un vecchio lenzuolo, con i gatti che lottano per ogni suo brandello di carne, mentre gli eredi mi aspettano in un luogo pubblico, spalancando gli occhi come giovani rondini che gridano per il ritorno della madre.

(Libera rielaborazione  e adattamento da E. M. Berens.William Smith Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology,1849)

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