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LA POLIS GRECA E LA DEMOCRAZIA

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La polis greca

La polis (plurale poleis) era la forma di governo e organizzazione sociale più importante dell’antica Grecia. Era una città-stato indipendente, governata da un gruppo di cittadini liberi.

Differenza tra ethnos e polis

L’ethnos era una popolazione dispersa in villaggi uniti da alleanze più o meno vaghe; la polis, al contrario, designava una comunità ristretta e indipendente, in grado di radunare vari villaggi circostanti attorno a un centro urbano (chiamato astu). Ogni città comprendeva al massimo qualche centinaio di cittadini. Atene e Sparta, su questo punto come su altri, sono l’eccezione che conferma la regola.

Astu

Nella Grecia antica, l’astu era il centro urbano della polis. Era il luogo in cui si trovavano i principali edifici pubblici, come il tempio, l’agorà e l’ekklesiasterion.

Popolazione

La popolazione di una città greca antica variava a seconda della sua dimensione. Le città più grandi, come Atene e Sparta, potevano avere una popolazione di decine di migliaia di abitanti, mentre le città più piccole ne potevano avere poche centinaia.

Etimologia della parola “polis”

La parola “polis” deriva dal greco antico πόλις (pólis), che significa “città”. In realtà il termine ha origini incerte, ma indica la “cittadella” o “fortezza” che contiene i santuari, situata al centro e in alto rispetto alla città.

Ricostruzione di una polis
Ricostruzione di una polis

Acropoli

L’acropoli era in un certo senso la polis per eccellenza, era infatti la parte più alta e fortificata di una città greca. Era il luogo in cui si trovavano i principali templi e il luoghi di culto della polis.

Caratteristiche e funzioni dell’acropoli

L’acropoli era un luogo sacro e inviolabile. Era qui che gli abitanti della città si rifugiavano in caso di guerra. L’acropoli era anche il luogo in cui si svolgevano le principali feste religiose della polis.

Differenza tra acropoli, astu e agorà

L’acropoli si distingueva dall’astu e dall’agorà per la sua posizione strategica, per la sua funzione religiosa e per la sua importanza simbolica. L’astu era il centro urbano della polis, mentre l’agorà era la piazza pubblica in cui si svolgeva la vita politica e commerciale della città.

Status di cittadino della polis greca

Lo status di cittadino della polis greca era molto importante. I cittadini avevano il diritto di partecipare alla vita politica della città, di votare, di essere eletti alle cariche pubbliche e di servire nell’esercito.

Politeia

Il termine “politeia” deriva dal greco antico πολιτεία (politeía), che significa “forma di governo”. Nella polis greca, la politeia era la forma di governo democratica, in cui i cittadini avevano il diritto di partecipare alla vita politica della città.

Ricostruzione di un’assemblea greca

Caratteristiche di base per essere considerato cittadino di una polis greca

Per essere considerato cittadino di una polis greca, bisognava soddisfare determinate condizioni:

  • Essere di sesso maschile
  • Essere liberi
  • Avere un padre e una madre ateniesi (dalla legge di Pericle del 451 a.C.), con un matrimonio legittimo;
  • Avere almeno 20 anni

Giuramento degli efebi

Gli efebi erano i giovani cittadini di Atene che, all’età di 18 anni, iniziavano il loro servizio militare. Il giuramento degli efebi veniva pronunciato davanti all’Ecclesia, l’assemblea popolare di Atene.

Licurgo era un oratore ateniese del V secolo a.C., noto per il suo discorso “Contro Leocrate”, in cui difende il regime democratico ateniese. Nel suo discorso, Licurgo cita il giuramento degli efebi, che è un esempio della forte identità civica che animava i cittadini di Atene.

Quindi, prima di diventare cittadini a pieno titolo, gli efebi giuravano solennemente davanti all’Ecclesia con queste parole:

“Non disonorerò le armi sacre e non abbandonerò mai il mio compagno dovunque sarò schierato; combatterò per i principi sacri, sia quelli divini che quelli umani, non renderò la patria più piccola o più debole, ma più grande e più forte, sia da solo che con l’aiuto di tutti; obbedirò a coloro che saggiamente governano gli affari e rispetterò le leggi esistenti e quelle che saranno stabilite saggiamente. Se qualcuno cercherà di rovesciarle, non lo permetterò, né da solo né con l’aiuto di tutti; onorerò gli dei dei miei antenati. Ne sono testimoni le divinità […] e i confini della mia patria, i campi di grano, di orzo, di vigne, di ulivi e di fichi.”

Particolare di una ceramica a figure rosse raffigurante l'efebia
Particolare di una ceramica a figure rosse raffigurante l’efebia

 

Onoma, patronumikon e demotikon

Ogni cittadino greco aveva tre nomi: l’onoma, il nome personale; il patronumikon, il nome del padre; il demotikon, il nome della tribù di appartenenza, ad esempio “Socrate, figlio di Sofronisco, del demo di Alopece”

Partecipazione politica del cittadino

I cittadini greci partecipavano alla vita politica della polis in vari modi. Potevano votare nelle assemblee popolari, essere eletti alle cariche pubbliche e servire nell’esercito.

Assemblea del popolo e Consiglio dei Cinquecento

L’assemblea del popolo era il massimo organo politico della polis greca. Era composta da tutti i cittadini maschi liberi e maggiorenni. L’assemblea del popolo aveva il potere di approvare le leggi, eleggere i magistrati e dichiarare guerra.

Partecipazione politica nell’antica Grecia

La partecipazione politica nell’antica Grecia era molto attiva. I cittadini potevano partecipare alle riunioni dell’assemblea e del consiglio, potevano votare a favore o contro le proposte presentate e potevano anche candidarsi alle cariche pubbliche. La partecipazione politica dei cittadini era un elemento fondamentale della democrazia ateniese, che si basava sull’idea che tutti i cittadini avessero il diritto e il dovere di contribuire alla vita politica della città.

una riunione in assemblea nell'antica grecia
Una riunione in assemblea nell’antica Grecia

L’assemblea del popolo (ecclesia)

L’assemblea del popolo (ecclesia) era il massimo organo decisionale della polis ateniese. Era composta da tutti i cittadini maschi adulti, liberi e nati da genitori liberi, che avessero compiuto i 20 anni di età. L’assemblea si riuniva quattro volte al mese e poteva discutere di qualsiasi argomento riguardante la vita della città. I cittadini potevano votare a favore o contro le proposte presentate, e le decisioni dell’assemblea erano vincolanti per tutti.

  • Periodicità: quattro volte al mese
  • Composizione: tutti i cittadini maschi adulti, liberi e nati da genitori liberi, che avessero compiuto i 20 anni di età
  • Competenze: poteva discutere di qualsiasi argomento riguardante la vita della città
  • Decisioni: vincolanti per tutti

 

L’ekklesiasterion era un’importante struttura presente nelle antiche città-stato greche. Si trattava di un edificio pubblico utilizzato per ospitare le assemblee popolari.

Nell’ekklesiasterion, i cittadini si riunivano regolarmente per discutere e prendere decisioni riguardanti gli affari politici, sociali ed economici della città.

L’ekklesiasterion era progettato per ospitare un gran numero di persone, poiché l’ecclesia poteva includere migliaia di cittadini. Di solito, aveva una struttura a gradoni o semicircolare, in modo che tutti i partecipanti potessero vedere e ascoltare chi stava parlando. Al centro dell’ekklesiasterion, poteva esserci una piattaforma elevata o un podio dove i cittadini potevano salire per prendere la parola e presentare le loro proposte o opinioni.

Durante queste assemblee, i cittadini potevano votare per approvare o respingere le proposte presentate. Le decisioni prese dall’ecclesia erano vincolanti per tutti , e questo meccanismo di governo democratico ha caratterizzato molte delle polis greche, con Atene che ne è uno dei principali esempi.

 

Il consiglio dei cinquecento (boule)

Il consiglio dei cinquecento (boule) era un organo composto da 500 membri, eletti a sorte per un periodo di un anno. Il consiglio era responsabile della preparazione degli argomenti da discutere in assemblea e della loro esecuzione. Il consiglio si riuniva ogni giorno e poteva anche prendere decisioni in autonomia, ma queste decisioni dovevano essere approvate dall’assemblea in una successiva riunione.

  • Periodicità: ogni giorno
  • Composizione: 500 membri, eletti a sorte per un periodo di un anno
  • Competenze: preparazione degli argomenti da discutere in assemblea e della loro esecuzione
  • Decisioni: potevano essere prese in autonomia, ma dovevano essere approvate dall’assemblea in una successiva riunione

Il Bouleuterion

Il Bouleuterion era l’edificio in cui si riunivano l’assemblea del popolo e il consiglio dei cinquecento. Si trovava sul colle Pnice, nel centro di Atene. L’edificio era in grado di ospitare fino a 6000 persone e aveva una forma semicircolare, in modo che tutti i cittadini potessero vedere e sentire i discorsi.

  • Luogo: colle Pnice, centro di Atene
  • Capacità: 6000 persone
  • Forma: semicircolare

Partecipazione ai processi come giurato

Tutti i cittadini ateniesi, maschi e adulti, erano tenuti a prestare servizio come giurati nei tribunali. I tribunali erano responsabili di giudicare tutte le cause, civili e penali. I giurati erano selezionati a sorte da un elenco di cittadini registrati. Il processo era orale e non esistevano testimoni scritti. I giurati erano tenuti a prendere una decisione sulla base dei loro stessi convincimenti e non potevano essere influenzati da altri fattori.

La partecipazione ai processi come giurato era un diritto e un dovere importante per i cittadini ateniesi. Era un modo per partecipare alla vita politica della città e per contribuire alla giustizia.

Antica cortigiana greca Phryne davanti all'Areopago. Jean Leon Gerome, 1861
Antica cortigiana greca Phryne davanti all’Areopago. Jean Leon Gerome, 1861

Obblighi militari

Tutti i cittadini ateniesi, maschi e adulti, erano tenuti a prestare servizio militare. Il servizio militare era obbligatorio per tutti i cittadini che avessero compiuto i 18 anni di età e terminava all’età di 60 anni. I cittadini erano tenuti a servire nell’esercito, nella marina o nella cavalleria. Il servizio militare era un modo per difendere la città dagli attacchi nemici e per contribuire alla sicurezza della patria.

Obblighi fiscali

Tutti i cittadini ateniesi erano tenuti a pagare le tasse. Le tasse erano utilizzate per finanziare le attività della città, come la difesa, la costruzione di opere pubbliche e la distribuzione di aiuti ai bisognosi. L’importo delle tasse era calcolato in base al reddito e al patrimonio dei cittadini.

Esattori valutano il tributo
Esattori valutano il tributo

Le letourgia

Le letourgia erano delle funzioni pubbliche che erano svolte dai cittadini ateniesi su base volontaria. Le letourgia erano molto costose e potevano richiedere molto tempo. Alcune delle letourgia più comuni erano la costruzione e la manutenzione di navi, la fornitura di cibo e armi all’esercito e l’organizzazione di feste e giochi pubblici.

Le letourgia erano un modo per i cittadini ateniesi di contribuire alla vita della città e di dimostrare il loro amore per la patria. Erano anche un modo per i cittadini più ricchi di dimostrare il loro status sociale.

La coregia

La coregia era la liturgia più importante nell’antica Grecia. Il corego era il cittadino responsabile dell’organizzazione e del finanziamento di un coro di danzatori e cantanti che si esibivano ai giochi sacri. La coregia era un’occasione per i cittadini più ricchi di dimostrare il loro status sociale e il loro amore per la patria.

La trierarchia

La trierarchia era la liturgia più costosa nell’antica Grecia. Il trierarco era il cittadino responsabile della costruzione, della manutenzione e del comando di una trireme, una nave da guerra. La trierarchia era un’onere molto grande per i cittadini e poteva richiedere molti anni per essere completata.

L’estiasi

L’estiasia era la liturgia responsabile della fornitura di cibo e bevande per i sacrifici pubblici. L’estia era un’importante funzione religiosa e il cittadino che la svolgeva veniva considerato un benefattore della città.

La proeisphora

La proeisphora era la liturgia responsabile della fornitura di cibo e bevande per le feste pubbliche. Anche la proeisphora svolgeva una funzione sociale di alto rilievo e anche in questo caso colui che ne era incaricato era ritenuto un patrono della polis.

L’evergetismo nell’antica Grecia

L’evergetismo era una pratica sociale tipica dell’antica Grecia, che consisteva nella donazione da parte di un ricco cittadino (evergete) di beni e servizi alla comunità in cui viveva.

Le donazioni potevano riguardare una vasta gamma di scopi, tra cui:

  • Costruzione di edifici pubblici, come templi, teatri, stadi, portici, strade, ponti, acquedotti, ecc.
  • Finanzamento di feste e giochi pubblici
  • Donazioni di denaro per aiutare i poveri e i bisognosi
  • Sponsorizzazione di artisti e atleti
  • Donazioni di cibo e medicine

L’evergetismo era una pratica molto diffusa nell’antica Grecia, e svolgeva un ruolo importante nella vita sociale e politica delle città-stato. Le donazioni degli evergeti contribuivano a migliorare la vita della comunità, e a rendere le città-stato più belle e prospere.

L’evergetismo era anche una forma di pubblicità personale per gli evergeti. Le donazioni erano spesso rese note con gran risonanza, e gli evergeti erano spesso onorati con statue, iscrizioni e altri monumenti.

Alcuni degli esempi più famosi di evergetismo nell’antica Grecia sono:

  • Pericle, che costruì il Partenone ad Atene
  • Alessandro Magno, che fondò molte città in Asia Minore e in Egitto
  • Lisia, che donò una grande quantità di denaro per aiutare i poveri ad Atene
  • Isocrate, che fondò una scuola di retorica ad Atene
  • Aristotele, che fondò il Liceo ad Atene

L’evergetismo ha insomma lasciato un segno duraturo nella cultura e nella società greche.

Focione: parsimonia o scarso senso civico?

Nell’opera di Plutarco “Vite Parallele,” il filosofo e storico racconta un episodio riguardante Focione, un importante statista ateniese noto per la sua integrità e parsimonia ma che potrebbe essere inteso anche come una mancanza di sensibilità verso l’evergetismo o il senso civico. Secondo Plutarco, un giorno alcuni cittadini di Atene si rivolsero a Focione chiedendogli di finanziare opere pubbliche per la città.

“(…) Quando una volta un uomo gli chiese un contributo per una certa opera pubblica, Focione rispose: “E tu contribuisci per me”. L’uomo restò sorpreso dalla risposta e chiese: “Perché, ti serve qualche cosa?” Allora Focione disse: “Dato che stai promuovendo queste opere pubbliche, dovresti essere più ricco di me. Rivolgetevi a chi è più ricco di me; se hai bisogno di consigli, li darò volentieri, oppure vi aiuterò in tutto ciò che posso; ma quando si tratta di soldi, quanto avete non basta neppure a voi stessi, e mi chiedete di contribuire?” E quando gli oratori affermavano che senza quel denaro non sarebbe stato possibile portare avanti alcune operazioni, Focione li prese in giro dicendo: “Gracchiate quanto vi pare, tanto la mia pelle non l’avrete”.

Il regime fiscale nell’antica Grecia

Il regime fiscale nell’antica Grecia era basato su un sistema di tasse dirette e indirette. Le tasse dirette erano imposte ai cittadini ateniesi, mentre le tasse indirette venivano imposte a tutti i residenti di Atene. Le tasse più comuni erano la metoikion, una tassa pagata dai meteci (stranieri che vivevano ad Atene), e la eisphora, una tassa straordinaria che veniva riscossa in caso di guerra o di altre emergenze.

La pratica dell’Antidosis

L’antidosis era una pratica legale che consentiva a un cittadino ateniese di rifiutare di svolgere una liturgia offrendo di pagare una somma di denaro che sarebbe stata utilizzata per trovare un altro cittadino disposto a svolgerla. L’antidosis era un modo per i cittadini più ricchi di evitare le liturgie più costose, ma era anche un modo per i cittadini più poveri di avere la possibilità di svolgere una liturgia.

The Daphnephoria, Lord Frederick Leighton The Daphnephoria, Painting Lord Frederick Leighton, 1876
The Daphnephoria, Painting Lord Frederick Leighton, 1876

La perdita della cittadinanza nell’antica Grecia

La perdita della cittadinanza nell’antica Grecia era una punizione grave che poteva essere inflitta a un cittadino per una serie di motivi. Le ragioni più comuni per cui un cittadino poteva perdere la cittadinanza erano:

  • Condanna penale per un reato grave, come tradimento o omicidio.
  • Insolvenza o bancarotta.
  • Rifiuto di prestare servizio militare.
  • Rifiuto di pagare le tasse.
  • Conversione al cristianesimo (quando la Grecia, in età più tarda, era ormai divenuta provincia dell’Impero Romano).

La perdita della cittadinanza aveva delle conseguenze molto gravi per il cittadino. Il cittadino atimos, come veniva chiamato colui che aveva perso la cittadinanza e che era stato appunto colpito dall’atimia (derivato di timḗ ‘onore’, col prefisso alfa privativo), non aveva più alcun diritto:

  • Non poteva votare.
  • Non poteva ricoprire cariche pubbliche.
  • Non poteva possedere proprietà.
  • Non poteva sposarsi con una cittadina.
  • Non poteva avere figli legittimi.

Il cittadino atimos era considerato un paria e veniva trattato come un cittadino di seconda classe. Non poteva partecipare alla vita politica della città e non aveva gli stessi diritti degli altri cittadini.

Un cittadino atimos poteva riavere la cittadinanza solo in alcuni casi. Ad esempio, se un cittadino era stato condannato per un reato grave, poteva riavere la cittadinanza se veniva perdonato dal tribunale. Se un cittadino era stato dichiarato insolvente, poteva riavere la cittadinanza se riusciva a saldare i suoi debiti.

Tarda età dell’Antica Grecia

Nell’età greca più tarda, un cittadino che si era convertito al cristianesimo, poteva riavere la cittadinanza solo se si convertiva di nuovo al paganesimo. Qui però si deve parlare più di cittadinanza romana, piuttosto che greca o di una polis greca.

L’imperatore Caracalla estese infatti la cittadinanza a tutti i cittadini dell’Impero Romano con il suo Editto promulgato il 24 aprile del 212 d.C. e conferì la cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi dell’Impero, indipendentemente dalla loro origine etnica o sociale.

Nel periodo del tardo impero romano, quando un cittadino, dunque anche un cittadino greco si convertiva al cristianesimo, egli poteva perdere i propri diritti politici. Questo perché il cristianesimo era considerato una religione sovversiva dal governo romano. I cristiani erano accusati di non onorare gli dei romani e di non essere leali all’imperatore. Di conseguenza, i cristiani potevano essere espulsi dalle città, imprigionati e persino uccisi.

La persecuzione dei cristiani nell’impero romano, e dunque anche in Grecia continuò per molti anni. Fu solo nel IV secolo d.C., con l’ascesa di Costantino I, che il cristianesimo fu legalizzato nell’Impero Romano.

Ecco una lista di imperatori romani d’oriente sotto i quali vi furono persecuzioni in cui i cittadini cristiani furono dichiarati privi di diritti politici:

  • Decio (249-251)
  • Valeriano (253-260)
  • Diocleziano (284-305)
  • Galerio (305-311)
  • Licinio (308-324)
  • Giuliano (361-363)

Durante queste persecuzioni, i cristiani erano soggetti a una serie di restrizioni, tra cui:

  • L’esilio
  • La prigionia
  • Le torture
  • Le esecuzioni

In alcuni casi, i cristiani erano anche privati dei loro diritti politici, come il diritto di voto, il diritto di ricoprire cariche pubbliche e il diritto di possedere proprietà.

La perdita della cittadinanza era in ogni epoca, classica o tarda, una punizione molto grave che poteva avere conseguenze molto negative per la vita di un cittadino. Tuttavia, era anche una punizione molto efficace per dissuadere i cittadini dal commettere reati o dall’infrangere le leggi.

L’ostracismo nell’antica Grecia

Ostraka del quartiere del Kerameinos
Ostraka del quartiere del Kerameinos

L’ostracismo era un’istituzione politica della democrazia ateniese, in vigore tra il 508 e il 417 a.C., che consentiva ai cittadini di espellere dalla città per dieci anni un cittadino ritenuto pericoloso per la democrazia.

Etimologia del termine

L’etimologia del termine deriva dal greco ὀστρακισμός (ostrakismos), der. di ostrakízō ‘infliggo l’ostracismo’, der. di óstrakon ‘coccio, conchiglia’ e dunque significa “esilio con i cocci o con le conchiglie”. Il nome deriva dal fatto che i cittadini che volevano ostracizzare un cittadino scrivevano il suo nome su un frammento di terracotta, un coccio o una conchiglia (ostrakon).

Nascita dell’ostracismo

L’ostracismo fu istituito da Clistene, nel 508 a.C., come misura per prevenire il ritorno di una tirannia. Clistene riteneva che fosse importante che la democrazia ateniese fosse protetta da eventuali minacce e che i cittadini avessero il potere di rimuovere dalla città chiunque rappresentasse un pericolo per la democrazia.

Caratteristiche dell’ostracismo

  • L’ostracismo poteva essere indetto solo una volta l’anno e solo se almeno 6000 cittadini lo richiedevano.
  • I cittadini che potevano essere ostracizzati erano tutti coloro che avessero compiuto i 30 anni di età e che fossero iscritti al registro della cittadinanza.
  • Il processo di ostracismo era semplice. I cittadini che volevano ostracizzare un cittadino scrivevano il suo nome su un frammento di coccio o conchiglia.
  • I frammenti di terracotta con i nomi dei cittadini più votati venivano poi contati e il cittadino con il maggior numero di voti veniva esiliato dalla città per dieci anni.

Esempi storici dell’ostracismo

L’ostracismo fu utilizzato solo 40 volte nella storia di Atene. Alcuni dei cittadini più importanti che furono ostracizzati furono:

  • Clistene (508 a.C.)
  • Temistocle (471 a.C.)
  • Pericle (443 a.C.)
  • Cleone (427 a.C.)

Pericle tuttavia, nonostante fosse stato votato il suo ostracismo, riuscì ad evitarlo grazie alla sua abilità politica, alla sua popolarità e al suo carisma. 

Abolizione dell’ostracismo

L’ostracismo fu abolito nel 417 a.C., durante la guerra del Peloponneso. La guerra aveva creato una situazione di grande instabilità politica ad Atene e i cittadini temevano che l’ostracismo potesse essere utilizzato per eliminare i propri avversari politici.

– Perché sono stanco di sentirlo sempre chiamare “il Giusto”! –

L’aneddoto narrato da Plutarco riguardante l’ostracismo di Aristide è un episodio interessante nella storia dell’antica Atene. Secondo la tradizione, il grande statista e militare ateniese Aristide, noto anche come Aristide il Giusto, era particolarmente apprezzato dai suoi concittadini per la sua onestà e giustizia.

Tuttavia, a un certo punto della storia di Atene, la popolarità di Aristide divenne così grande che alcuni dei suoi rivali politici e concittadini invidiosi temevano che la sua influenza potesse diventare troppo dominante e minacciare l’equilibrio di potere della città.

Per evitare che Aristide acquisisse un eccessivo potere, venne deciso quindi di ricorrere all’ostracismo.

Secondo Plutarco, durante la votazione, un contadino che non sapeva scrivere avvicinò Aristide, ignaro della sua vera identità, e gli chiese di scrivere proprio il nome di Aristide sull’ostrakon. Aristide, sorpreso dalla richiesta, chiese al contadino se questo Aristide gli avesse fatto del male. Il contadino rispose di no, affermando che non conosceva Aristide personalmente “ma è che sono stanco di sentirlo sempre chiamare “il Giusto” da tutti in ogni occasione!”.

Di fronte a questa richiesta, Aristide scrisse il suo stesso nome sull’ostrakon e lo consegnò al contadino, contribuendo così alla sua stessa esclusione dall’assemblea cittadina.

L’ostracismo fu un’istituzione importante nella storia della democrazia ateniese. Fu una misura efficace per prevenire il ritorno di una tirannia e per proteggere la democrazia dalle minacce interne. Tuttavia, l’ostracismo fu anche una misura molto controversa, poiché consentiva di espellere dalla città un cittadino senza alcun processo legale.

Esclusi dalla cittadinanza nell’Antica Grecia

Mercato di schiavi
Mercato di schiavi

Nell’Antica Grecia, la cittadinanza era riservata solo a determinate categorie di persone, escludendo meteci, schiavi e donne. Ognuno di questi gruppi aveva una condizione sociale e giuridica diversa, con limitazioni e diritti specifici.

1. Meteci

I meteci erano stranieri residenti in una polis greca, ma non godevano della piena cittadinanza. La loro condizione era di una sorta di status intermedio tra cittadini e stranieri. Sebbene fossero liberi, non avevano il diritto di partecipare attivamente alla politica e non potevano essere eletti a cariche pubbliche. Alcuni diritti erano concessi loro, come il diritto di commerciare, possedere proprietà e sposarsi con cittadine, ma erano anche soggetti al pagamento di tasse speciali, come il metoikion.

2. Schiavi

Gli schiavi rappresentavano la categoria di persone con meno diritti e libertà nell’Antica Grecia. Erano considerati proprietà dei loro padroni e non avevano alcun diritto politico o giuridico. Gli schiavi svolgevano lavori manuali e servili, come agricoltori, domestici o artigiani. Erano sottoposti a un rigido controllo dei loro padroni e potevano essere puniti severamente per qualsiasi infrazione. La loro condizione di schiavitù era considerata un fatto naturale nella società greca.

3. Donne

Le donne nell’Antica Grecia erano anche escluse dalla cittadinanza e avevano uno status subordinato rispetto agli uomini. Non avevano il diritto di partecipare alla vita politica e pubblica della polis e le loro attività erano limitate alla sfera domestica. Erano considerate proprietà dei loro padri o mariti e non avevano voce in questioni legali o decisioni familiari importanti. La loro principale funzione sociale era quella di generare figli e gestire la casa.

In sintesi, i meteci, gli schiavi e le donne nell’Antica Grecia erano esclusi dalla cittadinanza e avevano posizioni sociali diverse e limitate. I meteci erano stranieri con alcune libertà ma senza diritti politici, gli schiavi erano privi di libertà e diritti essendo considerati proprietà dei loro padroni e le donne avevano uno status subordinato agli uomini e non partecipavano attivamente alla vita pubblica della polis. La società greca antica era profondamente gerarchica, e la cittadinanza era riservata solo a pochi privilegiati, mentre gli altri gruppi dovevano affrontare una condizione di subordinazione e limitazioni nei loro diritti e libertà.

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