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La prima guerra persiana si riferisce alla prima invasione della Grecia.
Iniziata nel 492 a.C. Fu scatenata dal re persiano Dario I, principalmente per punire le città di Atene ed Eretria che avevano sostenuto le città della Ionia durante la loro rivolta contro il dominio persiano, provocando così l’ira di Dario I. Quest’ultimo vide anche l’opportunità di espandere il suo impero in Europa e proteggere il suo confine occidentale.
I piani di Dario contro la Grecia
Con la soppressione della rivolta ionica, il re persiano fu lasciato libero di perseguire la sua politica di conquista. Ora era deciso a punire Atene ed Eretria per aver interferito negli affari dell’Asia, specialmente per la parte che avevano avuto nell’incendio di Sardi. Dario di conseguenza elaborò i suoi piani per assicurare il successo dell’invasione della Grecia. In primo luogo, era necessario assicurarsi la lealtà delle città ioniche, affinché una nuova spedizione in Europa non fosse messa in pericolo da un’altra rivolta in Asia. In secondo luogo era necessario riconquistare i popoli di Tracia e Macedonia, che avevano praticamente recuperato la loro indipendenza durante la rivolta ionica. Per l’esecuzione di questi piani, il re nominò il suo giovane genero, Mardonio. I doveri imposti a Mardonio erano quindi: conciliare le città ioniche; ripristinare la supremazia persiana in Tracia e Macedonia; invadere la Grecia e distruggere le città di Eretria e Atene.
Fallimento della spedizione sotto Mardonio (492 a.C.)
Dopo aver raccolto un esercito e una flotta in Cilicia (Κιλικία), Mardonio procedette all’esecuzione dei disegni del re. Prima pacificò i greci asiatici. Lo fece non come aveva cercato di fare Artaferne, sostenendo i loro odiati tiranni, ma espellendo questi ufficiali dispotici e restaurando le democrazie greche. Tolse così alle città una delle principali cause del loro malcontento. Entrò poi in Europa attraverso l’Ellesponto. La sua flotta conquistò l’isola di Taso. Le sue forze di terra si fecero strada attraverso la Tracia in Macedonia e nonostante una temporanea sconfitta, portarono questi territori ancora una volta sotto il potere persiano. La prima e la seconda parte del suo programma furono così eseguite con successo. Ma Eretria ed Atene non ricevettero la punizione loro destinata perché l’intera flotta di Mardonio naufragò mentre tentava di aggirare la punta rocciosa del Monte Athos. Questa prima spedizione non riuscì quindi a raggiungere il suo scopo finale. Ma questo fallimento non placò l’ira del re persiano.
Relazioni di Atene e Sparta
Divenne presto chiaro che se la Grecia doveva essere salvata dalla vendetta della Persia, ciò poteva essere fatto solo dagli sforzi congiunti di Atene e Sparta, i due principali stati dell’Ellade. Se Dario avesse voluto semplicemente punire Atene, Sparta avrebbe potuto essere incline a tenersi in disparte. Ma quando il re inviò i suoi araldi in tutte le città della Grecia, chiedendo loro “terra e acqua” in segno di sottomissione, fu evidente che Atene e Sparta dovevano resistere o cadere insieme. A questa richiesta del re, la maggior parte degli stati insulari, inclusa Egina, cedette. Molti degli stati continentali esitarono; ma Atene e Sparta resistettero e riservarono perfino un trattamento umiliante agli araldi reali. Sebbene Atene fosse l’oggetto speciale dell’odio del re, essa era disposta a riconoscere la guida di Sparta nel conflitto imminente.
Spedizione sotto Dati e Artaferne (490 aC)
Dario mise la sua nuova spedizione nelle mani di un generale medio, Dati e di suo nipote, Artaferne, figlio del satrapo persiano che abbiamo già incontrato. Invece di seguire il precedente corso di Mardonio e rischiare un altro disastro sul Monte Athos, i nuovi generali procedettero direttamente attraverso il mare. La loro flotta consisteva, si dice, di seicento triremi. Sulla loro strada presero Naxos e ridussero i suoi abitanti in schiavitù. Ma risparmiarono Delo, sede del santuario di Apollo. Presto sbarcarono nell’isola di Eubea e attaccarono la città di Eretria. Dopo una valorosa difesa, la città cadde per via del tradimento di due suoi cittadini, finendo bruciata e la sua gente fu ridotta in schiavitù. I Persiani ora passarono in Attica per infliggere una punizione simile ad Atene. Su consiglio di Ippia, il tiranno ateniese bandito e ora al servizio del nemico, i Persiani sbarcarono sulle rive dell’Attica vicino alla pianura di Maratona.
Milziade e la battaglia di Maratona (490 a.C.)
Ad Atene ora spettava il compito principale di difendere la Grecia. Raccolse un esercito e lo mandò incontro agli invasori. Era guidato dai dieci strateghi o generali, che di solito comandavano l’esercito ciascuno a turno. Uno di questi generali era Milziade, che già in precedenza aveva incontrato i persiani e conosceva le loro tattiche. A Milziade sembrò necessario attaccare il nemico nella piana di Maratona. Gli altri generali erano divisi nelle loro diverse opinioni, ma alla fine decisero di cedere al consiglio di Milziade e di dargli il comando in capo.
Un corridore veloce, Filippide, fu inviato a Sparta per chiedere aiuto e i Lacedemoni assicurarono il loro supporto; ma l’intervento dei loro rinforzi fu ritardato a causa di una superstizione spartana in base alla quale un esercito non dovesse essere inviato prima della luna piena. L’unico aiuto che gli Ateniesi ricevettero fu dalla città amica di Platea, che mandò tutta la propria armata, mille combattenti, portando la forza totale a dieci o undicimila uomini. I Greci furono schierati davanti alla città di Maratona. Di fronte a loro i Persiani erano di stanza più vicini al mare e sostenuti dalla loro flotta. La linea di battaglia dei Greci era eguale in lunghezza a quella dei Persiani; ma il centro fu indebolito per rafforzare le ali. Ad un dato segnale, i Greci, incuranti della superiorità numerica persiana e della terribile pioggia di frecce avversarie, si precipitarono sul nemico. La battaglia fu lunga, sanguinosa, durissima. I Persiani ruppero il debole centro degli Ateniesi e si spinsero avanti nello spazio intermedio. Ma le forti ali dell’esercito greco si chiusero sul nemico e li sconfisse con grande massacro.
I Persiani furono inseguiti fino alle loro navi e con grande difficoltà si imbarcarono e cercarono rifugio in mare aperto. Non del tutto scoraggiati, i Persiani salparono direttamente verso Atene, sperando di trovare la città sguarnita. Ma Milziade fece una marcia forzata verso la città ed i Persiani, quando giunsero, trovarono la polis protetta dall’esercito vittorioso di Milziade. Sventato in ogni punto il loro piano, Dati e Artaferne tornarono in Asia con le loro forze sconfitte.
Quando passò la luna piena, l’esercito spartano arrivò per scoprire che la battaglia di Maratona era stata vinta. Gli Ateniesi avevano il diritto di considerare Maratona come il proprio campo di battaglia. Gli Spartani quindi persero l’occasione di dare il più alto tributo al loro valore in questa guerra. I poeti della Grecia facevano a gara nel cantare le lodi degli eroi caduti. In loro onore fu eretto un tumulo monumentale che è rimasto fino ai nostri giorni. in onore di Milziade furono erette due statue, una ad Atene e l’altra a Delfi. La battaglia di Maratona non pose fine alla lotta tra Oriente e Occidente ma segnò un passo importante verso l’ascesa di Atene in Grecia e della Grecia nella civiltà del mondo.
Caduta di Milziade
Con la vittoria a Maratona, Milziade divenne il grande eroe del momento; ma egli era destinato a cadere presto dalla sua posizione elevata. Aveva dimostrato di essere il più grande soldato che la Grecia avesse mai prodotto. Tenuto ormai in grandissimo onore, promise ai cittadini di Atene altre vittorie se gli avessero affidato una forza sufficiente. Erodoto narra che convinse gli Ateniesi a concedergli settanta navi per una spedizione contro gli stranieri, con la certezza che li avrebbe arricchiti con grandi quantità di oro. Organizzò quindi una spedizione contro l’isola di Paro, che si era schierata con la Persia durante la guerra, mal sua impresa questa volta fallì ed egli tornò ad Atene a mani vuote. Fu accusato dai suoi nemici di ingannare i suoi connazionali e fu condannato a pagare una multa di cinquanta talenti. Morì subito dopo per una ferita ricevuta durante la spedizione e la sua ammenda venne pagata dal figlio Cimone (Erodoto, VI., 132-136).
Questa pietosa storia non deve influenzare il nostro giudizio su Milziade e dobbiamo comunque riconoscerlo come il primo grande soldato della Grecia. Se egli ci appare sconsiderato nell’aver trascinato Atene in un’impresa insensata, gli Ateniesi si dimostrarono altrettanto avventati nell’appoggiare questa sua spedizione. Il mondo penserà sempre a Milziade, non come all’uomo che fallì in una spedizione contro Paro, ma come all’eroico guerriero che vinse la battaglia di Maratona.
(Libera traduzione dall’inglese da Outlines of Greek history: with a survey of ancient oriental nations di William Carey Morey, New York: American Book Company, 1903)
Nel prossimo episodio – > : Temistocle, membro della nuova generazione di politici sale alla ribalta della democrazia ateniese, insieme al suo grande rivale Aristide. Aveva Combattuto a Maratona durante la prima guerra persiana, essendo uno dei dieci strateghi ateniesi menzionati da Erodoto. Come grande politico, Temistocle era vicino al popolo e godeva dell’appoggio delle classi inferiori ateniesi, che, in generale, lo contrapponevano alla nobiltà. Eletto arconte nel 493 a.C prese una serie di misure per aumentare la potenza navale di Atene, cosa che sarebbe diventata fondamentale per tutta la sua carriera politica.