Rea, moglie di Crono, madre di Zeus e degli altri grandi dèi dell’Olimpo, personificava la terra ed era considerata la Grande Madre e produttrice incessante di tutta la vita vegetale. Si credeva anche che esercitasse un’influenza illimitata sulle creature animali, in particolare sul leone, il nobile re di tutti loro. Rea è generalmente rappresentata con indosso una corona di torrette o torri e seduta su un trono, con leoni accovacciati ai suoi piedi. A volte è raffigurata seduta su un carro, trainato sempre da leoni.
La sede principale del suo culto, che era sempre di carattere molto ribelle, era a Creta. Alle sue feste, che si svolgevano di notte, risuonava la musica più selvaggia dei flauti, dei cembali e dei tamburi, mentre grida e urla gioiose, accompagnate da danze e battiti di piedi, riempivano l’aria.
Questa divinità fu introdotta a Creta dai suoi primi coloni dalla Frigia, nell’Asia Minore, nel quale paese era venerata sotto il nome di Cibele. Il popolo di Creta l’adorava come la Grande Madre, soprattutto nel suo significato di sostenitrice del mondo vegetale. Vedendo, tuttavia, che anno dopo anno, quando appare l’inverno, tutto il suo splendore svanisce, i suoi fiori appassiscono e i suoi alberi diventano spogli, gli antichi hanno poeticamente espresso questo processo della natura, sotto la figura di un amore perduto.
Si diceva che lei si fosse teneramente innamorata di un giovane di straordinaria bellezza, di nome Atys, il quale, con suo dolore e sdegno, le si dimostrò infedele. Stava per unirsi a una ninfa chiamata Sagaris, quando, nel bel mezzo del banchetto nuziale, la rabbia della dea incensata scoppiò improvvisamente su tutti i presenti. Il panico colse gli ospiti radunati e Atys, colpito da una follia temporanea, fuggì sulle montagne e si uccise.
Cibele, commossa dal dolore e dal rammarico, istituì un lutto annuale per la sua perdita, quando i suoi sacerdoti, i Coribanti, con i loro soliti rumorosi accompagnamenti, marciarono sulle montagne alla ricerca della giovinezza perduta. Dopo averlo scoperto davano pieno sfogo alla loro gioia estatica abbandonandosi ai gesti più violenti, ballando, gridando e, nello stesso tempo, ferendosi e squarciandosi l’un l’altro in modo spaventoso.
Opi
A Roma la greca Rea era identificata con Opi, la dea dell’abbondanza, moglie di Saturno, che aveva vari appellativi. Si chiamava Magna-Mater, Mater-Deorum, Berecynthia-Idea e anche Dindymene. Quest’ultimo titolo acquisì da tre alti monti della Frigia, donde fu portata a Roma come Cibele durante la seconda guerra punica, 205 a.C., in obbedienza ad un’ingiunzione contenuta nei libri sibillini. Era rappresentata come una matrona coronata di torri, seduta su un carro trainato da leoni.
(Libera traduzione e rielaborazione da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880, con aggiunte e integrazioni)