< – Nelle puntate precedenti:
I Romani entrano in Sicilia e sconfiggono i Cartaginesi; la città di Agrigento viene presa nel 262 aC. Non avvezzi alla guerra navale, i romani sconfissero gli eccellenti marinai cartaginesi a Myles nel 260 e a Ecnome nel 256 a.C. Il mare è quindi libero per raggiungere la Tunisia. Un esercito romano si avventurò fino a lì ma fu duramente sconfitto e il console Regolo fu fatto prigioniero nel 255 a.C. Il condottiero cartaginese Amilcare Barca difende la Sicilia e i romani non riescono a sloggiarlo dalle città in cui è trincerato. Solo la vittoria navale romana alle Isole Aegate nel 241 a.C. obbliga Cartagine a chiedere la pace.
Roma impone condizioni difficili: Cartagine deve abbandonare la Sicilia e deve pagare un’enorme indennità di guerra (5.000 talenti o più di 100 tonnellate di metallo prezioso). Cartagine in grandi difficoltà finanziarie non può pagare i mercenari che costituiscono la maggior parte del suo esercito. Quest’ultima si ribella e ad Amilcare Barca ci vogliono tre anni per superarla. Approfittando delle difficoltà di Cartagine, Roma minaccia un intervento militare e ottiene che le vengano consegnate la Sardegna e la Corsica.
La prima provincia romana
Per i ventitré anni che seguirono la chiusura della prima lotta tra Roma e Cartagine, i due rivali misero a dura prova ogni loro potere e imposero tassazioni di ogni sorta per procurarsi ingenti risorse in vista di un rinnovamento della contesa.
I romani stabilirono gli affari della Sicilia, organizzandola tutta, salvo le terre appartenenti a Siracusa, come provincia della repubblica. Questo fu il primo territorio oltre i confini dell’Italia che Roma aveva conquistato e il suolo siciliano, la prima delle province romane. Ma man mano che la città imperiale estendeva le sue conquiste, i suoi possedimenti provinciali crebbero di numero e di grandezza fino a formare finalmente un perfetto cordone intorno al Mediterraneo. Ciascuna Provincia era governata da un magistrato mandato dalla Capitale, e pagava a Roma un tributo annuale, o tassa.
Roma acquisisce Sardegna e Corsica
Scena di battaglia
La prima acquisizione da parte dei Romani di terre oltre la penisola sembra aver creato in essi un’insaziabile ambizione di conquiste straniere. Trovarono presto un pretesto per impadronirsi dell’isola di Sardegna, la più antica, e, dopo la Sicilia, la più pregiata dei possedimenti dei Cartaginesi.
Scoppiata un’insurrezione sull’isola, i Cartaginesi si stavano muovendo per sopprimerla, quando i romani ordinarono loro insolentemente non solo di desistere dai loro preparativi militari (facendo finta che li credessero una minaccia contro Roma), ma di cedere la Sardegna, e, inoltre, di pagare una multa di 1200 talenti (circa un miliardo e mezzo di euro). Cartagine, esausta com’era, non poteva far altro che obbedire.
La meschinità e perfidia dei Romani in questa occasione rese più amaro ed implacabile, se ciò fosse possibile, l’odio cartaginese verso stirpe romana. La Sardegna, in collegamento con la Corsica, anch’essa occupata, fu ridotta in una provincia romana. Con il controllo di queste isole, l’autorità di Roma nel Mare Occidentale o Mare di Toscana, era suprema.
Spedizione punitiva contro i Corsari Illirici
In modo più legittimo i Romani estesero la loro influenza sui mari che bagnano le coste orientali dell’Italia. Per molto tempo le acque adriatiche e ioniche erano state infestate da pirati illirici, che uscivano dalle rade delle coste nord orientali.
Questi corsari non solo perlustravano le acque in cerca di mercanti, ma turbavano le città elleniche lungo le coste della Grecia, ed erano perfino tanto audaci da scendere fin sulle coste italiane. La flotta romana inseguì questi corsari dall’Adriatico e prese molte delle loro roccaforti. Roma assunse ora una sorta di protettorato sulle città greche delle coste adriatiche. Questo è stato il suo primo passo verso la supremazia finale in Macedonia e Grecia.
Guerra con i Galli
Nel nord, in questo stesso periodo, l’autorità romana si estese dagli Appennini e dal Rubicone fino ai piedi delle Alpi. I Boii, una tribù di stirpe gallica, Allarmati dall’avanzata dei Romani, che si spingevano verso nord con la loro grande strada militare, detta Via Flaminia, e che sistemavano anche i loro loro soldati congedati e loro cittadini bisognosi sui tratti di terra di frontiera strappati tempo prima proprio ai Galli, sollevarono tutti i popoli celtici che erano già in Italia, oltre ai loro compagni che erano ancora al di là delle montagne, per compiere un assalto contro Roma.
Questa coalizione di tribù settentrionali gettò tutta l’Italia in una febbre di eccitazione. A Roma il terrore era grande; perché non era ancora spenta la memoria di ciò che una volta la città aveva sofferto per mano degli antenati di quegli stessi barbari che ora stavano di nuovo raccogliendo le loro orde per il saccheggio e la devastazione. Un’antica profezia, ritrovata nei libri sibillini, affermava che una parte del territorio romano doveva essere occupata dai Galli. Sperando di adempiere sufficientemente alla profezia e soddisfare il fato, il Senato romano fece seppellire vivi due Gallici in una delle piazze pubbliche della capitale.
Nel frattempo i barbari erano avanzati in Etruria, devastando il paese mentre si spostavano verso sud. Dopo aver raccolto una grande quantità di bottino, lo stavano riportando in un luogo sicuro, quando furono circondati dagli eserciti romani a Telamone e quasi annientati (225 a.C.). I Romani, approfittando di questa vittoria, si spinsero nelle pianure del Po, conquistarono la città che oggi è conosciuta come Milano ed estesero la loro autorità fino alle Prealpi. A presidio del nuovo territorio furono stabilite sulle opposte sponde del Po due colonie militari, Placentia e Cremona.
Cartagine tra la prima e la seconda guerra punica
La guerra senza tregua
Appena conclusa la pace con Roma alla fine della prima guerra punica, Cartagine sprofondò in una lotta ancora più mortale, che per qualche tempo minacciò la sua stessa esistenza. Le truppe mercenarie, al ritorno dalla Sicilia, si ribellarono, a causa del mancato ricevimento della loro paga. Il loro appello alle tribù indigene dell’Africa ebbe come risposta un’insurrezione generale in tutte le regioni dipendenti da Cartagine. L’entità della rivolta mostra quanto odioso e odiato fosse il dominio della grande capitale sui suoi stati soggetti. La guerra fu indicibilmente amara e crudele. È conosciuta nella storia come “La guerra senza tregua”. Per un certo periodo, Cartagine fu l’unica città rimasta nelle mani dello stesso governo cartaginese. Ma finalmente trionfò il genio del grande generale cartaginese Amilcare Barca, e dovunque fu restaurata l’autorità di Cartagine.
I Cartaginesi in Spagna
Dopo la disastrosa conclusione della prima guerra punica, i Cartaginesi decisero di riparare le loro perdite con nuove conquiste in Spagna. Amilcare Barca fu mandato in quel paese e per nove anni dedicò il suo genio di comandante all’organizzazione delle diverse tribù iberiche in uno stato compatto e allo sviluppo delle ricche miniere d’oro e d’argento della parte meridionale della penisola. Cadde in battaglia nel 228 a.C.
Amilcare Barca era il più grande generale che fino a quel momento la stirpe cartaginese avesse prodotto. Di regola, il genio non si trasmette; ma nella famiglia dei Barca questa regola fu infranta, e il raro genio di Amilcare riapparve nei suoi figli, che egli stesso, si dice, amava chiamare “la stirpe del leone”. Annibale, il maggiore, aveva solo diciannove anni al momento della morte del padre, ed essendo anche troppo giovane per assumere il comando, Asdrubale (da non confondere con il fratello di Annibale, Asdrubale), genero di Amilcare, fu scelto per succedergli. Eseguì i piani incompiuti di Amilcare, estese e consolidò il potere cartaginese in Spagna e sulla costa orientale fondò Nuova Cartagine come centro e capitale del territorio appena acquisito. Le tribù native furono conciliate piuttosto che conquistate. La famiglia dei Barca sapeva governare oltre che combattere.
Il giuramento di Annibale
Alla morte di Asdrubale, avvenuta nel 221 a.C., Annibale, ora ventiseienne, fu per acclamazione unanime dell’esercito chiamato ad esserne il capo. Da bambino, a nove anni, era stato condotto dal padre all’altare e lì, con le mani sull’altare del sacrificio, il ragazzino aveva giurato odio eterno contro la stirpe romana. Fu spinto alle sue imprese gigantesche e al suo duro destino, non solo dal fuoco inquieti del suo genio bellicoso, ma, come lui stesso dichiarava, dai sacri obblighi di un voto che non poteva essere infranto.
Annibale attacca Sagunto
In due anni Annibale estese il potere cartaginese all’Ebro. Sagunto, una città greca sulla costa orientale della Spagna, rimase da sola indomita. I Romani, che guardavano gelosamente gli affari della penisola, avevano stretto un’alleanza con questa città, e l’avevano presa, con altre città greche in quella parte del Mediterraneo, sotto la loro protezione. Annibale, sebbene sapesse bene che un attacco a questo luogo avrebbe fatto precipitare le ostilità con Roma, l’assediò ugualmente nella primavera del 219 a.C. Era ansioso di rinnovare l’antica contesa. Il senato romano gli mandò messaggeri che gli intimarono di non portare guerra a una città che era amica e alleata del popolo romano; ma Annibale, ignorando le loro rimostranze, continuò l’assedio e dopo otto mesi prese possesso della città.
I Romani inviarono allora dei commissari a Cartagine per chiedere al Senato di consegnare loro Annibale, e così facendo ripudiare l’atto del loro generale. I Cartaginesi esitarono. Allora Quinto Fabio, capo dell’ambasciata, raccogliendo la toga, disse: “Io porto qui pace e guerra; scegliete, uomini di Cartagine, quello che avrete”. “Dacci quello che vuoi”, fu la risposta. “Guerra, allora” disse Fabio, lasciando cadere la toga. Il dado era ora tratto; e l’arena è stata preparata per il genio militare più brillante, forse il più grande, di ogni stirpe e di tutti i tempi.
(Trad. dall’inglese da High school Ancient History, Greece and Rome di Philip Van Ness Myers, 1901)
Nel prossimo episodio – > : Cartagine si riprese rapidamente dalle sue difficoltà. Dal 237 a.C., Amilcare Barca conquistò la Spagna interna, mettendo così a disposizione del suo paese le miniere di ferro e stagno, la ricchezza agricola della Spagna, ma anche la possibilità di reclutare ottimi mercenari tra gli Iberi. Nel 221-220 a.C., Annibale Barca, figlio di Amilcare, attacca la città spagnola di Sagunto, alleata di Roma. Quindi intraprese una spedizione eccezionale per attaccare Roma via terra, passando per la Gallia meridionale e attraverso le Alpi. I romani sono sorpresi e vengono duramente battuti al Lago Trasimeno nel 217 a.C., poi a Canne nel 216 a.C