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SALUTE E MEDICINA PRESSO I ROMANI

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La salute nell’antica Roma: tra rischi e speranze di vita

Medico dell'antica Roma all'opera
Medico dell’antica Roma all’opera

Malattie e infortuni erano eventi frequenti nella vita quotidiana dei Romani. Nonostante la loro passione per le terme, l’utilizzo di acqua pulita e la presenza di sistemi fognari, la loro conoscenza limitata in materia di batteri e virus impediva loro di raggiungere un livello di igiene paragonabile a quello moderno, ma era comunque superiore a quello del Medioevo.

L’aspettativa di vita media era inferiore rispetto ai tempi moderni, ma questo dato non si applicava a tutti. Alcuni Romani, come accade oggi, riuscivano a raggiungere la veneranda età di ottant’anni, seppur in una percentuale minore. Personaggi come Catone il Vecchio, che morì a 85 anni, o l’imperatore Gordiano I, che si suicidò ad oltre 80 anni nel 238 d.C., ne sono esempi lampanti. Esistono testimonianze di un centurione della XX legione in Galles che raggiunse addirittura il secolo di vita!

Tuttavia, per la maggior parte della popolazione, la speranza di vita era drasticamente ridotta a causa di malattie, violenze e incidenti.

Una serie di antichi strumenti chirurgici romani scoperti a Pompei
Una serie di antichi strumenti chirurgici romani scoperti a Pompei

Analizzando le cause di mortalità:

Le malattie rappresentavano una minaccia costante. Epidemie di malaria, vaiolo, peste e tubercolosi decimavano la popolazione, soprattutto quella più povera e vulnerabile. L’assenza di cure efficaci e la scarsa conoscenza dei meccanismi di contagio rendevano queste malattie particolarmente letali.

La violenza era un altro fattore determinante. Le guerre, le lotte intestine e la criminalità comune causavano un numero elevato di morti, soprattutto tra gli uomini.
Gli incidenti erano frequenti, sia in ambito domestico che lavorativo. L’assenza di adeguate misure di sicurezza e la precarietà delle condizioni di vita rendevano gli incidenti una delle principali cause di morte, soprattutto per i bambini.
Nonostante le avversità, alcuni Romani riuscivano a vivere una vita lunga e sana. L’accesso a una dieta equilibrata, l’esercizio fisico e l’utilizzo di rimedi naturali e cure termali permettevano ad alcuni individui di superare le sfide e raggiungere un’età avanzata.

In definitiva, la salute nell’antica Roma era un tema complesso e sfaccettato. Se da un lato la vita media era inferiore rispetto ai tempi moderni, dall’altro alcuni individui riuscivano a vivere una vita lunga e prospera. Le condizioni igieniche, l’accesso alle cure e la diffusione di malattie e violenze rappresentavano i fattori chiave che determinavano l’aspettativa di vita di un individuo.

La medicina nell’antica Roma: tra ciarlatani e culti di guarigione

Medico militare che si prende cura di un soldato ferito. Particolare della Colonna di Traiano
Medico militare che si prende cura di un soldato ferito. Particolare della Colonna di Traiano

Nell’antica Roma, la medicina era un campo dominato dai Greci. Al punto tale che qualsiasi medico non greco veniva considerato un impostore. I pochi Romani che osavano praticare la medicina avevano tutto l’interesse a pubblicare le loro opere in lingua greca, per ottenere credibilità e prestigio.

Ogni provincia romana aveva i suoi medici greci, che spesso erano liberti o schiavi. Non ricevevano alcuna istruzione ufficiale o qualifica: in pratica, chiunque provenisse dalla Grecia poteva improvvisarsi medico.

Ciò apriva la strada a ciarlatani e imbroglioni, che viaggiavano per l’Impero vendendo cure miracolose a ignari pazienti. Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, criticò duramente la medicina del suo tempo, paragonandola alle “vuote parole degli intellettuali greci” e ammonendo i suoi lettori che “non tutto ciò che viene dai Greci merita ammirazione”.

Plinio sottolineava inoltre l’inconsistenza della medicina greca, con i medici che spesso non concordavano su una diagnosi e cambiavano opinione continuamente. Una situazione che, purtroppo, suona ancora familiare ai nostri giorni.

Egli attribuiva la colpa di questa ciarlataneria alla credulità della gente, che non aveva alcuna conoscenza di medicina e di patologie. In questo contesto, non sorprende che i culti di guarigione, intrinsecamente legati alla religione romana, godessero di grande popolarità.

Ampliando l’analisi:

  • Le cause della ciarlataneria: La mancanza di una regolamentazione ufficiale della professione medica, l’assenza di un sistema di istruzione standardizzato e la credulità del pubblico crearono un terreno fertile per ciarlatani e imbroglioni.
  • I culti di guarigione: Questi culti offrivano una alternativa alla medicina ufficiale, spesso basata su riti religiosi, preghiere e offerte agli dei. La loro popolarità era dovuta al bisogno di conforto e speranza di fronte alla malattia e alla morte.
  • Il ruolo dei medici romani: Nonostante la predominanza dei medici greci, come Galeno, che divenne uno dei più importanti medici dell’antichità, anche alcuni Romani si dedicarono alla medicina.
  • L’eredità della medicina romana: Le conoscenze mediche acquisite dai Romani, pur se contaminate da ciarlataneria e superstizione, hanno comunque contribuito allo sviluppo della medicina moderna.

La medicina romana: tra scienza e superstizione

Il primo medico greco a Roma: tra diffidenza e successo

Anno 219 a.C.: Arriva a Roma il primo medico greco, un certo Archagathos dal Peloponneso. Il popolo lo accoglie bene e lo Stato gli offre un ambulatorio pubblico finanziato con i fondi dell’erario.

Ma Archagathos, secondo le fonti, si rivela un medico brutale. Usa metodi violenti come tagli e bruciature, e la gente lo soprannomina presto “carnifex”, cioé “boia” o “macellaio”.

Catone, famoso senatore romano, non si fida affatto dei medici greci. Pensa che essi abbiano ordito una congiura per avvelenare i Romani e vendicare così la conquista della Grecia. I romani che ingenuamente si affidano alle cure di questi stranieri, meritano dunque di subire tutte le sofferenze che di fatto vengono loro arrecate durante la cura.

La “scandalosa” usanza da parte di questi medici di pretendere un compenso per le loro prestazioni poi, non fa che confermare, agli occhi di questo politico reazionario, la loro avidità e la loro mancanza di scrupoli.

Ma l’assurda tesi complottista di Catone non ebbe successo. Un numero sempre maggiore di medici greci giunge a Roma e la loro arte medica diventa di giorno in giorno più popolare.

Tuttavia, la diffidenza di Catone lascia comunque un segno. Secoli dopo, alcuni Romani ancora non si fidano dei medici stranieri e questo pregiudizio xenofobo, antiellenico e antiorientale, durerà a lungo.

 

La pessima fama dei medici dalle fonti

Prima era medico, Diaulo, ora fa il becchino; ricompone i cadaveri sul letto, come quand’era medico.

Marziale. i, 47

 

Caride, lo sai eppure lasci che tua moglie amoreggi col medico. Vuoi davvero morire senza febbre.

Marziale, vi, 31

 

Una donna rara e davvero costumata, la cui morte, provocata in mia assenza dalla superficialità dei medici, io piango profondamente turbato…

(Dall’iscrizione sulla tomba di Aurelia Deccia)

 

Anima innocente! I medici l’hanno operato e ucciso. (Dall’iscrizione sulla tomba di Euelpisto)

 

” Ero malato, ma tu, con cento allievi, ti sei precipitato da me, o Simmaco. Con cento mani gelide di tramontana mi hanno toccato; non avevo febbre ma ora, o Simmaco, lo so.

Marziale, v, 9

 

In un modo o nell’altro, li manda nella tomba… Ora sei gladiatore, prima facevi il medico oculista, ma in quella veste ottenevi i medesimi risultati.

Marziale, vili, 74

 

La medicina romana: tra rimedi casalinghi e formule magiche

Pochi Romani però desideravano davvero un ritorno all’antica medicina romana. Era una medicina senza medici, gestita dal capofamiglia, il pater familias con ricette tramandate di generazione in generazione, ed era detta medicina domestica.

Enea ferito, in piedi, viene curato dal medico Japix, Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Enea ferito, in piedi, viene curato dal medico Japix, Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Si usavano pochi rimedi comuni: lana, olio, vino e cavolo. Catone ne lodava le proprietà: il cavolo era sano, ottimo per gli impiastri e un efficace rimedio contro il raffreddore. A detta sua, come egli stesso scrive nel suo trattato De Agricoltura, persino l’urina di chi mangiava molto cavolo poteva essere un eccellente farmaco!

Per le fratture e distorsioni, Catone raccomandava le formule magiche. Bastava intonare una sorta di Abracadabra, utilizzando una canna verde, che suonava pressappoco così “motas uaeta daries dardaries asiadarides una te pes” e poi si doveva cantare un’altra filastrocca ogni giorno “huat haut haut istasis tarsis ardannabon”.

La medicina romana, se così vogliamo chiamarla, basata su superstizioni e magie di questo tipo, non poteva  certo competere con la scienza greca o egizia. Per secoli, i medici a Roma furono quindi quasi tutti stranieri.

Chirurghi e medici:

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la medicina romana non era appannaggio esclusivo di ciarlatani. Tra i personaggi illustri dell’epoca, troviamo Aulo Cornelio Celso, contemporaneo di Tiberio, che scrisse un’opera enciclopedica di cui ci è pervenuto solo il trattato di medicina “De re medica”.

Le diverse scuole di medicina:

Celso analizzava le diverse scuole di medicina greca:

  • Empiristi: basavano i loro rimedi sull’esperienza, non curandosi delle cause delle malattie, considerate vane congetture.
  • Metodisti: adattavano i trattamenti a specifici tipi di malattie.
  • Dogmatici: accettavano acriticamente le spiegazioni di Ippocrate e di altri antichi medici greci.

Dieta, esercizio fisico e prognosi:

I medici romani erano consapevoli dell’importanza di una buona dieta e dell’esercizio fisico. Conoscevano un gran numero di malattie, che identificavano dai sintomi, e generalmente fornivano prognosi accurate.

Trattamenti:

I trattamenti includevano la prescrizione di erbe e medicinali, ma anche il salasso, una pratica che, alla luce delle conoscenze moderne, si rivela errata. Celso stesso affermava:

“Per le fratture della testa è preferibile sanguinare dal braccio […]. A volte è anche possibile deviare il flusso di sangue da un lato sanguinando da un altro.”

Errori e superstizioni:

La Storia Naturale di Plinio il Vecchio, come molti altri trattati di medicina dell’epoca, è ricca di inesattezze e superstizioni. La pratica del salasso, ad esempio, perdurò fino al XIX secolo, causando innumerevoli danni.

Rischi e pericoli:

Le operazioni chirurgiche erano estremamente rischiose, non solo per la scarsa conoscenza dell’anatomia umana, ma anche per l’assenza di adeguate misure di asepsi, cioé di un metodo preventivo delle infezioni chirurgiche. Il poeta satirico Marziale racconta di come si ammalò dopo essere stato visitato da un medico e dai suoi studenti, sottolineando i pericoli della medicina del tempo.

In definitiva, la medicina romana era un sistema complesso e contraddittorio, in cui la scienza si mescolava alla superstizione. Se da un lato alcuni progressi furono compiuti, dall’altro la pratica medica era spesso errata e pericolosa.

Ampliando l’analisi:

  • Le figure professionali: Oltre ai medici, esistevano diverse figure professionali legate alla cura del corpo, come gli speziali, i chirurghi e le levatrici.
  • Le diverse tipologie di cure: Le cure mediche non si limitavano alla medicina ufficiale, ma includevano anche rimedi popolari, culti di guarigione e magia.
  • L’influenza della cultura greca: La medicina romana era fortemente influenzata dalla medicina greca, di cui recepì sia i progressi che le superstizioni.
  • L’eredità della medicina romana: La medicina romana ha lasciato un’eredità importante, contribuendo allo sviluppo della medicina moderna.

Medici a Roma: schiavi, liberti e cittadini

Cesare e Augusto presero azioni concrete per attrarre i medici a Roma. Cesare offrì la cittadinanza romana ai medici stranieri, mentre Augusto garantì che essi non sarebbero mai stati espulsi.

Molti medici erano di origine non romana, tra cui molti schiavi e liberti. Richiedere un pagamento, anche per i servizi medici, era considerato disonorevole tra i ricchi, per questo i medici erano visti comunque male e considerati come gli artigiani.

Alcuni nobili facevano istruire i propri schiavi più talentuosi nell’arte della medicina per poi impiegarli in casa propria come medici personali. Dopo la liberazione, essi avrebbero continuato a lavorare anche per loro, secondo le leggi.

Medici a Roma: ciarlatani e professionisti

Diventare medico a Roma era facile. Non servivano né studi né esami. Chiunque poteva dirsi medico. Il concetto di “formazione” nell’arte medica era vago. Non c’erano requisiti minimi né approvazione statale per diventare medici. 

Per questo, c’erano molti ciarlatani senza esperienza. Galeno, un famoso medico del II secolo d.C., sosteneva che la maggior parte dei suoi colleghi non sapesse neanche leggere. Alcuni, come Tessalo sotto Nerone, promettevano di formare medici competenti in sei mesi. 

Persino cuochi e calzolai diventavano medici per guadagnare di più. Questi medici meno qualificati mettevano a rischio i pazienti, facendo esperimenti sulla loro pelle.

Plinio commentava che i medici imparavano a spese dei pazienti, godendo di impunità se causavano la morte di qualcuno. Anche se alcuni medici venivano processati, quelli meno qualificati non avevano molto da perdere, poiché avevano pochi pazienti e guadagni limitati. 

Non tutti i medici erano però incompetenti. C’erano anche medici capaci e responsabili che seguivano i principi del giuramento di Ippocrate.

Le donne, però, avevano un ruolo minore. Ricoprivano soprattutto il ruolo di levatrici o assistenti dei medici.

Diventare medico a Roma: studio e pratica

Per diventare medico a Roma, non esisteva un percorso universitario. Si studiavano i libri di medicina di Ippocrate, Galeno, Sorano e Dioscoride.

L’esperienza pratica era però fondamentale. I futuri medici facevano da apprendisti in ambulatorio da un medico famoso. Nelle grandi città, ci si poteva specializzare. Anche in questo caso, l’apprendimento avveniva sul campo.

I medici più famosi avevano molti allievi. I pazienti non sempre apprezzavano la presenza di tanti assistenti in ambulatorio.

Le lezioni e i dibattiti tra le diverse scuole mediche contribuivano anche essi alla formazione dei medici. Di solito, chi voleva praticare la medicina diventava uno studente presso un medico rispettato, aiutandolo nei suoi compiti e accompagnandolo nelle visite a domicilio.

I medici più rinomati avevano il maggior numero di allievi, causando fastidio ai pazienti a causa del gran numero di assistenti, come evidenziato dalle satire di Marziale.

La medicina a Roma: ambulatori, operazioni e farmaci

La professione medica a Roma era ben pagata. L’assistenza sanitaria era abbastanza buona, almeno per quanto riguarda il numero di medici disponibili.

Le visite a domicilio erano riservate ai ricchi e ai malati gravi, immobilizzati a letto. La maggior parte dei pazienti andava in ambulatorio, luogo che si distingueva dalle altre botteghe solo per la presenza di strumenti medici.

Gli ambulatori erano semplici. Avevano solo dei mobili essenziali, strumenti medici, contenitori per l’acqua, l’olio e il vino, farmaci e bende. A volte c’era anche un lazzaretto per i pazienti operati. Non esistevano però gli ospedali come li conosciamo noi oggi.

Durante le operazioni, il medico era aiutato da assistenti che gli passavano gli strumenti o tenevano fermo il paziente. I narcotici esistevano, ma il loro dosaggio costituiva spesso un problema.

I chirurghi romani non erano molto bravi, Seneca li descrive come dei “carnefici” che sanno solo “bruciare e tagliare”. Oltre agli incendi, i crolli e naufragi, tra le varie calamità che possono minacciare la vita delle persone egli cita anche :

«..le carneficine dei medici quando operano le ossa o infilzino le mani nelle profondità degli intestini»

 

Il salasso era considerato un rimedio universale per molti disturbi. I medici preparavano spesso da sé i loro medicinali, e anche se c’era una vasta farmacopea, non esisteva la figura del farmacista. I medici iniziarono a considerare anche l’aspetto psicologico dei loro trattamenti, facendo in modo che i farmaci avessero un buon odore e un aspetto gradevole.

Medici a Roma: guadagni, specializzazioni e dubbi

Entrare nei dettagli delle diagnosi e delle cure in epoca romana sarebbe troppo lungo, ma si può dire in generale che l’efficacia della medicina all’epoca fosse piuttosto  variabile, considerando le differenze nelle competenze dei medici. I medici di successo guadagnavano molto, accumulando ricchezze considerevoli durante la loro carriera. I pazienti più ricchi spesso aggiungevano donazioni extra come segno di gratitudine l’honorarium da cui deriva l’odierno “onorario”.

Alcuni medici romani erano avidi di ricchezza e usavano pratiche discutibili, come il prolungare volontariamente le malattie per ottenere più profitto, mentre altri chiedevano prezzi esagerati per farmaci economici. Il poeta Publilio Syro ammoniva di non arrivare a lasciare addirittura le proprie ricchezze in eredità ai medici.

In passato, i medici avevano un approccio generico alla medicina. La specializzazione era rara, ma esistevano chirurghi, oculisti e otorini già nel I secolo d.C. Le malattie agli occhi erano assai diffuse, rendendo la specializzazione in oftalmologia particolarmente richiesta. Un medico di Assisi, Decimio Eros Merula, era specializzato sia in chirurgia che in oftalmologia, e lasciò una generosa donazione al momento della sua morte.

Raffigurazione di un esame/trattamento oculistico sul lato di un sarcofago. Copia romana della seconda metà del III secolo di un originale greco.
Raffigurazione di un esame/trattamento oculistico sul lato di un sarcofago. Copia romana della seconda metà del III secolo di un originale greco.

La medicina a Roma: specialisti e ciarlatani

Nella Roma antica, la maggior parte dei medici era generica. Non esistevano infatti corsi di studio o autorizzazioni statali per diventare medico. Ma con il sorgere delle prime specializzazioni si arrivò ad avere una forte richiesta di oculisti perché le malattie degli occhi erano diffuse. I “pestelli dell’oculista”, piccole piastre di pietra utilizzate per fare unguenti per gli occhi, sono stati trovati in molte province dell’Impero. Questi strumenti riportavano il nome del medico, il principio attivo e le sue indicazioni. 

Esistevano anche levatrici esperte per i parti. I medici donna erano rari e sebbene ci fosse molta attenzione alla ginecologia come branca separata, non c’erano dei veri e propri specialisti in questo campo. La maggior parte delle nascite era assistita appunto dalle levatrici e in questo caso gli strumenti come lo speculum vaginale erano comunemente utilizzati per le visite e gli interventi.

Purtroppo, c’erano anche ciarlatani che si spacciavano per specialisti. Si occupavano di cose banali come la rimozione di marchi a fuoco di chi era stato schiavo o bruciature di ciglia. Durante un’epidemia di lebbra, arrivarono a Roma molti “medici della pelle” dall’Egitto. Si arricchirono vendendo cure del tutto inefficaci.

Anche i dentisti erano molto apprezzati e alo stesso tempo temuti. L’odontoiatria era di competenza del chirurgo generico e gli interventi erano molto dolorosi. Nonostante le tecniche avanzate per le dentiere, non si sviluppò mai una vera e propria specializzazione odontoiatrica. Forse perché era una disciplina che provocava dolore e timore. Tuttavia la posizione dell’odontoiatra, se così si può dire, doveva essere particolarmente prestigiosa, visto che su alcune pietre tombali di chirurghi, sono stati ritrovate diverse riproduzioni degli strumenti tipici della loro attività

Anatomia pratica: ostacoli e progressi nella Roma antica

La mancanza di conoscenze anatomiche rappresentava un ostacolo significativo per i medici romani. Celso, nel suo “De re medica”, suggeriva di esaminare le viscere di un gladiatore ferito per ottenere informazioni sul corpo umano vivo, in assenza di cadaveri da studiare.

Galeno di Pergamo, medico greco di grande fama (129-199 d.C.), si distingueva per il suo rigore scientifico e la sua avversione alla ciarlataneria. Espulso da Roma per le sue opinioni controverse, egli scrisse in greco l’opera “Sulle Facoltà naturali” (De naturalibus facultatibus), in cui combinava le sue conoscenze con quelle dei predecessori.

L’interesse di Galeno era rivolto principalmente all’osservazione clinica e alle deduzioni che se ne potevano trarre. Tuttavia, commise alcuni errori, come identificare il fegato come centro della circolazione sanguigna. La confutazione di questi errori da parte di pionieri come William Harvey (1578-1657) contribuì alla nascita della scienza moderna, basata sull’analisi critica delle conoscenze antiche.

Ampliando l’analisi:

  • Le barriere allo studio dell’anatomia: La religione romana considerava il corpo umano come sacro e ne vietava la dissezione.
  • Il ruolo dei gladiatori: Le ferite dei gladiatori fornivano ai medici una rara opportunità di osservare l’anatomia umana in vivo.
  • I contributi di Galeno: Galeno non solo descrisse l’anatomia umana, ma formulò anche teorie sulla fisiologia, la patologia e la farmacologia.
  • L’eredità di Galeno: Le opere di Galeno rimasero in auge per secoli e influenzarono la medicina occidentale fino al Rinascimento.

In conclusione, l’anatomia pratica nell’antica Roma era un campo in evoluzione, ostacolato da pregiudizi religiosi e carenze di metodo scientifico. Tuttavia, figure come Galeno gettarono le basi per la futura comprensione del corpo umano.

La medicina per la plebe nell’antica Roma: tra rimedi empirici e ciarlataneria

La plebe romana aveva scarso accesso all’assistenza sanitaria. A differenza delle classi abbienti che potevano permettersi medici privati, la gente comune era costretta a ricorrere a rimedi empirici, ciarlatani e riti di guarigione per curare le proprie malattie.

L’alimentazione più sana rispetto all’epoca moderna, con una minore quantità di grassi e zuccheri, probabilmente rendeva la plebe romana più in forma. Tuttavia, la maggior parte di loro era affetta da fratture mal curate o non curate, malattie incurabili e infezioni mortali.

Le medicine popolari:

  • Forma: Le medicine si presentavano spesso come piccoli blocchi o bastoncini con impresso il marchio dai loro produttori, i “medici”.
  • Composizione: Erano composte da ingredienti di origine vegetale, animale o minerale.
  • Efficacia: L’efficacia di queste medicine era spesso dubbia, se non nulla.

I disturbi oftalmologici:

  • Diffusione: Molto diffusi nell’antichità, erano curati da oculisti specializzati.
  • Cure: I rimedi includevano colliri a base di ingredienti come l’ametista.
  • Interventi chirurgici: Venivano eseguite anche operazioni di cataratta e chirurgia esoftalmica.

Strumenti medici:

  • Kit dell’oculista: Ritrovato a Reims, il kit di Gaio Firminio Severo contiene circa 30 strumenti in bronzo, tra cui pinze, bisturi e spatole.
  • Altri strumenti: Altri strumenti medici utilizzati includevano specilli, sonde e aghi.

Ampliando l’analisi:

  • Le figure professionali: Oltre ai medici e agli oculisti, esistevano altri personaggi che si occupavano della salute della plebe, come le levatrici e gli speziali.
  • I rimedi casalinghi: Molti rimedi per le malattie comuni venivano tramandati di generazione in generazione all’interno delle famiglie.
  • Il ruolo della religione: La religione romana aveva un ruolo importante nella cura delle malattie, con culti di guarigione e offerte agli dei.
  • L’evoluzione della medicina: Le conoscenze mediche progredirono gradualmente nel corso dell’epoca romana, grazie anche all’influenza della medicina greca.

In conclusione, la medicina per la plebe nell’antica Roma era un sistema rudimentale e spesso inefficace. Tuttavia, rappresenta un importante capitolo nella storia della medicina, mostrando le prime forme di assistenza sanitaria per le classi meno abbienti.

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