Micene è l’antica città micenea del Peloponneso che città occupa una collina, sopra la pianura agricola di Argo . È circondata da mura ciclopiche, fatte di enormi blocchi di calcare , come lo sono anche quelle delle città vicine, come Tirinto. Gli storici assegnano queste antiche città alla civiltà micenea. Questa antica città è stata classificata come patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 1999.
L’epoca dei gradi scavi archeologici in Grecia
Una visione molto diversa e meno fantasiosa di quella fornita dai miti, può essere ricostruita attraverso i monumenti e i reperti riportati alla luce nel corso degli ultimi due secoli.
Molti archeologi, fino al XIX secolo, credevano che la città di Troia non fosse mai realmente esistita, poiché essa era conosciuta solo attraverso i poemi epici di Omero, dove l’aedo ci racconta della distruzione di questa ricca e grandiosa città, dopo 10 anni di assedio, nel 1180 a.C. circa.
Troia era conosciuta appunto solo attraverso opere come “L’Iliade” in cui si racconta la guerra tra gli Achei e i Troiani, causata dal rapimento di Elena di Sparta da parte di Paride, principe di Troia, e dove compaiono anche personaggi mitici come Achille, Ettore, Agamennone, Odisseo, Priamo o Aiace.
Nell’altro poema, “L’Odissea”, sempre Omero ci racconta invece le avventure dell’eroe Ulisse durante il suo ritorno in patria dopo la guerra Troia. Infine, “L’Eneide” opera in cui il poeta romano Virgilio, su commissione dell’imperatore Augusto, racconta la storia di Enea, un troiano che riesce a fuggire con il figlio Ascanio, il quale attraverso i suoi discendenti, darà poi origine alla stirpe di Romolo e Remo, fondatori di Roma. In questo modo, attraverso questa leggenda, si cercava di dare a Roma un’origine mitica e divina.
Nel mito, notiamo come Troia all’inizio fosse chiamata Ilio, poiché il suo fondatore fu appunto Ilo, figlio di Troo, da cui deriva il nome di Troia. Il figlio e successore di Ilo fu Laomedonte, che fu a sua volta padre di Priamo; durante il regno di quest’ultimo avvenne la famosa guerra di Troia causata dal rapimento di Elena di Sparta, che portò alla conquista e alla distruzione della città grazie al famoso stratagemma del cavallo di legno.
La storiografia ritiene invece che questa guerra tra Achei e Troiani sia avvenuta in realtà per ragioni meramente strategiche ed economiche e per il controllo delle rotte commerciali in Anatolia.Heinrich Schliemann
Il nome più strettamente connesso alle straordinarie scoperte che avvennero successivamente nell’Ottocento, è senza dubbio quello di Schliemann, l’archeologo tedesco, affascinato sin dall’infanzia dalle storie di Omero e di Troia. Egli gli spinse sino a cercare il sito della città dell’antico poema epico e il mitico palazzo di Agamennone, re di Micene.
Heinrich Schliemann nacque il 6 gennaio 1822 in Germania, suo padre gli donò una copia dell’Iliade quando lui era molto giovane. Il ragazzino rimase subito affascinato dalla storia della guerra tra Greci e Troiani, per questo motivo decise fin da giovanissimo (aveva otto anni) che avrebbe cercato i luoghi della città cantata da Omero e due anni dopo già scrisse un saggio sull’argomento.
Si dice che venerasse Zeus, proprio come gli antichi greci, rivolgendogli anche delle preghiere.
Diventato adulto, volle tentare la fortuna in Venezuela, ma il suo battello naufragò sulle coste d’Olanda dove si stabilì passando da un lavoro all’altro. Nel 1850 si imbarca per gli Stati Uniti, diventando molto ricco prima dei quarant’anni, probabilmente facendo anche l’usuraio, visto che venne anche accusato di frode. Viaggiò molto e imparò molte lingue: olandese, francese, inglese, italiano, russo, spagnolo, portoghese, svedese, polacco e perfino l’arabo. Scriveva i suoi diari, infatti, nella lingua dei luoghi e dei paesi in cui di volta in volta si trovava.
Il sogno mai sopito di ritrovare la mitica Troia lo spinse, ad un certo punto della sua vita, a lasciare tutti i suoi affari per dedicarsi anima e corpo a questa impresa. Ma la sua prima moglie russa, non volle seguirlo in questa sua scelta e dunque divorziò da lui.
Schliemann cercò subito un’altra consorte spargendo in giro la voce. Requisito fondamentale: doveva essere greca. Trovò l’anima gemella in una bella ragazza di ventotto anni che sposò secondo un rito omerico, quindi la portò ad Atene in una villa chiamata Bellerofonte, con maggiordomi ribattezzati alla greca, Pelope e Telamone. I figli che arrivarono poi, furono battezzati con rito cristiano, ma il sacerdote dovette recitare su richiesta anche qualche verso dell’Iliade durante la cerimonia. Ai bambini sarebbero poi stat dati i nomi di Agamennone e Andromaca.
Gli scavi da lui effettuati (iniziati nel 1871), insieme all’opera dei suoi successori, mostrarono i poemi di Omero sotto una luce diversa, ma costrinsero gli studiosi a rivedere tutto quello che si sapeva fino ad allora sui primi secoli della Grecia. Essi tuttavia non riportarono alla luce un’unica città di Troia, ma diverse città costruiti in diverse fasi sullo stesso sito.
Hissarlik e la città di Troia
Schliemann non aveva alcuna formazione scientifica. Il suo primo obiettivo era dimostrare che la città distrutta di Troia fosse esistita davvero: egli era convinto che la collina di Hissarlik, situata nell’antica Troade (oggi penisola di Biga, nella Turchia settentrionale), vicino la costa, fosse il sito della Troia omerica. In questo luogo, pochi anni prima, l’inglese Frank Calvert aveva iniziato degli scavi che dovette però poi abbandonare per mancanza di denaro.
Egli iniziò gli scavi nel settembre 1871 con una squadra in totale di circa ottanta operai. Ma invece di trovare in quel sito i resti di una sola città, trovò le rovine di ben altre nove insediamenti differenti, adagiati uno sopra l’altro, in strati che rappresentavano diversi momenti della preistoria e storia antica, passando per l’età ellenistica e quella romana . Tuttavia, nella sua ansia di andare avanti con i lavori il più velocemente possibile per arrivare ad ottenere al più presto le vestigia del periodo omerico, egli causò anche diversi danni archeologici con le sue operazioni, scavando fino ai livelli dell’età del bronzo. Durante questa ricerca si imbatté in un grande reperto nel 1873: un vaso di rame che conteneva una collezione di gioielli che chiamò “il tesoro di Priamo”, gioielli che poi fece indossare alla moglie, Sofía Engastromenos.
La città dello strato più basso, presentava reperti di asce di pietra dell’età della pietra, coltelli di selce, vasi di terracotta ornati di rozze decorazioni.
La seconda città, evidentemente distrutta da un incendio, per questo chiamata la “città bruciata”, era circondata da mura costruite in mattoni e poggiate su rozze fondamenta di pietra. C’era anche palazzo che circondava una corte. Tra le rovine sono state rinvenute asce da battaglia, punte di lancia e pugnali in rame, a dimostrazione dell’appartenenza dei suoi abitanti a quella che chiamiamo “età del bronzo”. Schliemann credeva che questa “città bruciata” fosse la Troia di Omero.
Vennero rinvenuti anche oggetti di pregevole fattura di influenza orientale: coppe d’argento, diademi, bracciali, orecchini d’oro e anche oggetti d’avorio e di giada che potrebbero provenire solo dall’Asia centrale.
Si dice che telegrafò anche al re di Grecia, per comunicargli la scoperta.
Questo corredo non aveva nulla a che fare con il periodo del re troiano dei tempi omerici. L’enorme quantità di oggetti preziosi rinvenuti (più di 10.000 pezzi d’oro) che egli appunto chiamò “Il Tesoro di Priamo” fu ritrovata nello strato detto Troia II, mentre il re Priamo che compare nell’Iliade, sarebbe stato un monarca della fase della Troia VI o VII, che sorsero centinaia di anni dopo.
Schliemann ebbe enormi difficoltà a portare i tesori fuori dalla Turchia, pagando al governo di quel paese poi anche un cospicuo risarcimento, tuttavia riuscì a custodirli in un luogo sicuro. La collezione fu valutata intorno alla cifra astronomica di 80.000 sterline inglesi all’epoca. Così il tesoro venne spedito di nascosto a Berlino, ma dopo la fine della seconda guerra mondiale con la sconfitta della Germania, Stalin lo trasferì nella capitale sovietica, Mosca, dove si trovano ancora oggi, nel Museo Puskin.
Nel 1882 Schliemann convinse il tedesco Willhelm Dörpfeld a unirsi alla sua avventura, facendo sì che il suo lavoro non fosse solo quello di un cacciatore di tesori, ma piuttosto una vera e propria spedizione archeologica. Con l’aiuto di Dörpfeld, reinterpretò le unità stratigrafiche delle diverse fasi di Troia. Dörpfeld poi continuò lo scavo a Troia anche dopo Schliemann, e fu lui che, secondo i suoi studi, collocò la Troia di Omero al livello VI. con le sue grandi mura, le regge nobili di pietra ben lavorata e i suoi vasi di fattura raffinata. Doveva essere proprio questa, piuttosto, la città di Priamo.
Infine, l’archeologo americano Carl Blegen dell’Università di Cincinnati, respinse la tesi di Dörpfeld della città di Troia omerica al livello VI, città questa, che sembrò probabilmente distrutta da un terremoto e non da un incendio. Per questa ragione, Blegen decise di identificare l’insediamento della Troia del poema, al livello VII, che risale al 1.250-1.000 a.C. dove è presente un ampio strato di ceneri e resti carbonizzati. Tra i resti qui rinvenuti si annoverano resti di scheletri, armi, depositi di ciottoli, ecc.
Attraverso i reperti archeologici possiamo individuare 10 livelli di insediamenti della città di Troia. I primi quattro, da Troia I a Troia IV, sono da datarsi nel corso del III millennio aC, con una chiara continuità culturale fino alla fase della Troia V. Possiamo poi vedere come nella fase della Troia VI vi sia stato un vero e proprio periodo di boom della città. Troia VII per via dei suoi reperti, è la principale candidata ad identificarsi con la Troia omerica. Successivamente, Troia VIII e Troia IX sono state le fasi di occupazione della Grecia arcaica, del periodo classico, del periodo ellenistico e dell’occupazione romana. Troia X è invece quella appartenente al periodo bizantino.
Troia I Scoperta da Schliemann, era costituita da un recinto di mura fortificate in pietra, 2,50 m. spesso, probabilmente con bastioni quadrangolari. Ci sono ancora tracce della parte orientale con un’altezza maggiore, 3,50 m. che sono quelli che controllano l’ingresso. Le sue mura sono formate da pietre irregolari e ristrette nella parte superiore. Le case arroccate, hanno una pianta rettangolare e all’interno vediamo per la prima volta ceramiche decorate con schematici volti umani. Questa fase di occupazione si colloca nel periodo del Bronzo Antico tra il 2.920-2.500 aC Fu distrutta da un incendio e ricostruita, dando origine a Troia II. |
Troia
II Sebbene Troia I sia stata distrutta, non vi è alcuna interruzione cronologica o culturale con Troia II. Questo si sviluppò tra il 2.500-2.350 a.C. in otto fasi di costruzione durante le quali crebbe fino ad occupare un’area di 9.000 m2. La sua cinta muraria è a pianta poligonale ed è stata realizzata con mattoni su base in pietra, in essa si notano due porte accessibili da rampe in pietra e torri quadrate agli angoli. L’edificio più notevole è il megaron di circa 35 metri. Appartiene a questa fase di Troia quello Schliemann nominò “Tesoro di Priamo”. |
Troia III, IV e V Durante il III millennio aC, una prima ondata di migrazioni di popoli indoeuropei segnò sensibili cambiamenti nel Mediterraneo, registrati nella Troia delle fasi III-V. Questi cicli non sembrano interrompersi, ma rallentano drasticamente. Si osserva come le costruzioni siano di qualità inferiore rispetto alle fasi precedenti. Ciò avviene tra il 2.350-1.800 aC. In questa fase possiamo evidenziare reperti archeologici come i vasi antropomorfi trovati nella Troia III da Schliemann, i forni a cupola e le abitazioni quadrilocali di Troia IV, dove possiamo notare una cesura culturale visibile nell’urbanistica, più regolare e con abitazioni più spaziose rispetto alla Troia V. |
Troia VI Questo livello corrisponde al periodo che comprende l’anno 1.800-1.250 a.C. quando un forte terremoto probabilmente distrusse la città. A questo livello spicca la fortezza, con il monumentale bastione alto 9 m; in caso di assedio la città aveva una grande cisterna profonda 8 m all’interno del bastione centrale. Veniva utilizzata una tecnica costruttiva complessa, con basi in pietra e sovrastruttura di mattoni, ad un’altezza di 4-5 m. Inoltre, la disposizione degli edifici e l’urbanistica furono adattate alla forma circolare delle mura, il cui centro era costituito dagli edifici più importanti: il palazzo e il tempio. |
Troia VII Il livello di Troia VII coprirebbe il periodo compreso tra gli anni 1.250-900 a.C. L’archeologo Blegen respinse la tesi di Dörpfeld che riteneva Troia VI come la città omerica e preferiva il livello della Troia VII-A. Alcuni studiosi fanno risalire la città del Re Priamo alla Troia VII-A, nonostante l’indubbia inferiorità artistica e architettonica che la contraddistingue dalla precedente. A livello di Troia VII-B, è stato ipotizzato un insediamento di un popolo straniero dei Balcani. Durante questo periodo ci furono almeno due incendi e uno di essi causò la fine di questa città. Il segno più evidente di un cambiamento nell’ordine sociale e culturale è visto nell’apparizione, al livello troiano VII-B2, di un tipo di ceramica chiamata ceramica a tasselli. L’archeologo Manfred Korfmann individuò il livello di Troia VII-B3 che si differenzia dal precedente per l’arrivo di un’altra colonia diversa dalla precedente, caratterizzata dall’utilizzo di ceramiche protogeometriche scomparse intorno al 900 a.C., periodo nel quale il luogo rimase pressoché disabitato. |
Troia VIII e IX Dopo uno stato di abbandono della città per circa 200 anni, si nota poi un improvviso boom architettonico, soprattutto di tipo religioso, poiché queste sono le fasi di occupazione della Grecia arcaica, nei periodi classico ed ellenistico fino alla sua distruzione da parte delle truppe del generale romano Caio Mario e la successiva occupazione e ristrutturazione, sempre romana. Il livello della Troia VIII occuperebbe gli anni tra il 700 a.C e 85 a.C., mentre Troia IX risalirebbe al periodo tra l’85 a.C. e il 400 d.C Troia X Questo livello di Troia X comprende i resti del periodo bizantino che vanno dal 1300 al 1400 d.C. fino alla caduta di Bisanzio. In seguito il sito divenne completamente disabitato, producendo un cumulo di strati. |
Nel prossimo episodio – > : La civiltà micenea si sviluppò alla fine dell’età del bronzo, tra il 1600-1200 a.C. È la prima civiltà avanzata della Grecia continentale con palazzi, opere d’arte e la scrittura. Tra le sue città spicca su tutte Micene, situata nell’Argolide, e che diede il nome a tutta questa civiltà. Insediamenti di influenza micenea sono apparsi anche in Epiro, Macedonia, Anatolia, Levante mediterraneo, Cipro e Italia.