< – Nelle puntate precedenti:
Epaminonda nacque in una famiglia nobile ma povera. Valoroso generale tebano e fine stratega, vinse Sparta nella battaglia di Leuttra (371 a.C.), che pose fine al dominio dei Lacedemoni. L’anno successivo, l’esercito di Epaminonda invase il Peloponneso. Ma in seguito Epaminonda incontrò delle difficoltà e quando guidò di nuovo il suo esercito nel Peloponneso, non riuscì a prendere Corinto. Nel 364 a.C., Tebe entra in conflitto con la città di Mantinea che è sostenuta da Sparta e Atene, e qui ha luogo la battaglia omonima nel 362 a.C. I Tebani risultano vittoriosi, ma Epaminonda viene ucciso in battaglia.
Progresso della mentalità greca
A volte è utile confrontare la vita di una nazione con quella dell’individuo. L’età considerata nel presente capitolo è paragonabile alla fase umana della maturità; l’immaginazione si era un po’ affievolita, mentre la ragione era arrivata a livelli altissimi.
In questo periodo il pensiero umano indagava ogni questione più acutamente e profondamente che in qualsiasi altro momento della storia antica. Passando dal quinto al quarto secolo, di conseguenza, troviamo la forma della letteratura cambiare dalla poesia alla prosa. La prima è la lingua dell’immaginazione; la seconda della ragione.
Tutta la migliore poesia dei Greci fu prodotta prima dell’inizio del quarto secolo; e, con l’eccezione della storiografia, tutta la loro migliore prosa risale a dopo quella data (questa è solo una datazione approssimativa. La produttività di Aristofane continuò un po’ più a lungo; e d’altra parte Antiplion, un eminente oratore attico, visse un po’ prima). Abbiamo quindi tre grandi generi di prosa greca – storiografia, oratoria e filosofia.
Storia: Senofonte
Il principale storico di quest’epoca le cui opere sono sopravvissute fino ai nostri tempi è Senofonte. Di lui abbiamo già parlato a proposito della “Età di Pericle”. Sebbene egli non fosse propriamente un contemporaneo di Pericle, vive e cresce in un ambiente storico-sociale e culturale che sarebbe impensabile senza tener presente il grande statista ateniese. D’altro canto, poiché è testimone diretto della decadenza della democrazia ateniese (fu discepolo di Socrate e lasciò testimonianze del suo insegnamento e del suo processo), è giusto, e forse più opportuno, considerare la sua figura anche in questa sede.
Egli era un ateniese che ricevette, come abbiamo appena detto, la sua educazione alla scuola di Socrate e poi si arruolò nelle truppe del sovrano persiano Ciro il Giovane, nella sua spedizione asiatica. Nello stile risulta essere meno affascinante di Erodoto e nei pensieri meno profondo di Tucidide. La sua Anabasi, già citata, non solo racconta in modo interessante un grande evento, ma ci dice anche molto del carattere dei Greci e della loro organizzazione e tattica militare. Le sue Memorie di Socrate ci restituiscono il carattere e gli insegnamenti di quel filosofo dal punto di vista di un uomo semplice e pratico.
Le Elleniche, una continuazione della Storia della Guerra del Peloponneso di Tucidide, copre il periodo dal 411 a.C. alla battaglia di Mantinea. Sebbene sia eccessivamente favorevole a Sparta, è l’unica trattazione storica continua del periodo trattato e quindi è per noi molto preziosa. Scrisse su una gran varietà di altri argomenti, come la caccia, l’equitazione, l’economia ateniese e la costituzione lacedemone. Le sue opere sono una importante testimonianza dello stato delle conoscenze nei tempi in cui visse. Soldato di ventura e uomo pratico di mondo, Senofonte era dotato di grande umanità, di una forte personalità e di una simpatia che ne fanno un illustre rappresentante della sua epoca.
Oratoria: Lisia, Isocrate e Demostene
Gli altri grandi generi della prosa — oratoria e filosofia — raggiunsero l’apice del loro sviluppo. L’oratoria fiorì in tutti gli stati democratici, che riunivano tutti i cittadini affinché ognuno di loro esprimesse le sue opinioni sulla cosa pubblica. Non c’era un vero e proprio corso di avvocatura ad Atene, perché le leggi erano così semplici che tutti potevano capirle; ma l’orazione che il privato cittadino imparava a memoria e pronunciava in tribunale, veniva di solito composta per lui da uno scrittore di discorsi (logografo) di professione. Il più eminente di questi nella prima parte del IV secolo a.C. fu Lisia, uno straniero.
Anche di lui abbiamo già parlato a proposito dell’età di Pericle e anche di lui torniamo a parlare per lo stesso motivo per cui abbiamo di nuovo trattato di Senofonte. Spogliato di tutte le sue fortune dai Trenta Tiranni, si dedicò alla scrittura di discorsi retorici come professione. Molte delle sue orazioni sono giunte fino a noi; rimangono allo stesso tempo come modelli della prosa più pura e semplice e come fonte diretta di informazioni sulla vita pubblica e privata del tempo e dell’autore.
Isocrate, “il vecchio eloquente”, era uno degli uomini più istruiti e di mentalità più liberale della sua epoca. Per molti anni diresse una scuola ad Atene in cui i giovani potevano ottenere un’istruzione a tutto tondo e allo stesso tempo prepararsi alla vita, specialmente come statisti.
Mentre insegnava, Isocrate scriveva anche orazioni le quali, poiché dovevano essere lette anziché pronunciate, dovrebbero per questo essere più propriamente considerate come saggi. Il suo stile letterario manca di freschezza e vigore, ma egli raggiunse la perfezione per quanto riguarda l’eleganza. Il suo linguaggio era melodioso, le sue parole venivano scelte con il più fine senso dell’appropriato e disposte con il gusto più delicato. Ha portato allo stato della perfezione il periodo aureo della retorica – il pensiero formulato in maniera limpida, espresso in una frase simmetricamente compiuta. Quasi tutta la prosa successiva della Grecia e poi di Roma, subì la sua influenza.
Di Demostene, il più eminente oratore del mondo, sono già stati forniti alcuni resoconti e ne parleremo ancora trattando dell’ascesa della monarchia macedone. Con forse la sola eccezione di Platone, fu il più grande maestro della prosa greca. Le sue orazioni sono “meravigliose opere d’arte”, ispirate da un intenso amore per Atene.
La questione se la sua grandezza di oratore sia pari alla sua capacità di statista, è cosa che va decisa secondo i punti di vista. Demostene credeva nella libertà e nell’autonomia degli stati greci; Filippo e Alessandro invece, incarnavano l’idea imperiale. Prima o poi l’impero, così come ormai stava andando a costituirsi in questa fase dell’antichità, avrebbe sicuramente ostacolato la libertà delle città e ridotto in cenere le civiltà democratiche del mondo, cosa che poi puntualmente avvenne.
Questo infatti fu l’effetto finale che si completò con l’avvento dell’impero romano. Nel resistere alle prime usurpazioni dell’imperialismo in difesa della libertà locale, Demostene si mostrò, quindi, uno statista lungimirante. Ma complessivamente, la tendenza del periodo storico in cui lui visse, fu di andare verso la costruzione di immensi stati e imperi. Noi oggi viviamo in sistemi di governo che soddisfano le esigenze democratiche e ci arrecano alcuni innegabili, grandi vantaggi, perché nell’attuale sistema noi godiamo di tutta la libertà di cui necessitiamo.
Molti storici in seguito, accusarono Demostene di essere un politico totalmente inadatto alle funzioni di governo, giudicando negativamente i suoi attacchi alla monarchia macedone e sostenendo che Filippo e Alessandro erano, come di fatto avvenne, gli unici in grado di fornire stabilità e sicurezza alla Grecia. Ma se noi ci trovassimo a vivere sotto governi repressivi della nostra libertà locale e personale, come di fatto erano quello persiano e macedone e come sarà poi quello romano, indubbiamente si guarderebbe a Demostene con occhi diversi, forse addirittura come ispirazione e guida in una nuova lotta per l’indipendenza.
Filosofia: Platone
Il più grande filosofo dell’epoca — e uno dei più eminenti del mondo — fu Platone. Dopo la morte del suo maestro, Socrate, viaggiò in varie parti della Grecia e persino in Egitto. Al suo ritorno ad Atene iniziò ad insegnare nell’Accademia (L’Accademia era un giardino pubblico nei dintorni di Atene, fondato da Ipparco, figlio di Pisistrato, e poi ampliato da Cimone. Era un piacevole luogo di svago), che ha dato il nome alla sua scuola. Platone è noto soprattutto per la sua teoria delle idee. Secondo il suo punto di vista, le idee sono le uniche realtà; sono eterni e immutabili ed esistono solo nell’Iperuranio, detto anche “luogo al di là del cielo”; le cose che vediamo in questo mondo invece, sono semplici ombre di quelle forme celesti.
Mentre era impegnato nell’insegnamento, Platone compose i suoi Dialoghi, che spiegano le sue posizioni filosofiche. Il più grande di essi è la Repubblica, una discussione sullo Stato ideale. Platone pensava che nello stato dovessero esserci tre classi: i filosofi, che avrebbero dovuto governare; i guerrieri, che dovevano custodire la città, come accadeva a Sparta; e la gente comune, che con il suo lavoro doveva sostenere le classi superiori.
Riteneva anche che non dovessero esserci istituzioni come la famiglia o la proprietà privata, perché queste favorivano l’egoismo. Benché il suo stato ideale non fosse né praticabile né tutto sommato buono, difficilmente si può leggere la Repubblica senza esserne elevati a un livello morale superiore. L’autore insiste sul fatto che solo la giustizia dovrebbe governare. Gli Elleni, insegnava, dovrebbero vivere insieme come membri di una sola famiglia; non dovrebbero farsi la guerra a vicenda devastando i campi, bruciando le case e riducendo in schiavitù i prigionieri.
Tutti i suoi insegnamenti erano puri e nobilitanti: “Il mio consiglio è di attenerci sempre alla via celeste e di seguire sempre la giustizia e la virtù, considerando che l’anima è immortale e capace di ricevere ogni sorta di bene e di sopportare ogni sorta di male. Così noi vivremo cari gli uni agli altri e agli dèi, sia rimanendo qui, sia quando, come vincitori nei giochi che vanno a raccogliere doni, riceveremo la nostra ricompensa. E sarà un bene per noi sia in questa vita che nel pellegrinaggio di mille anni che abbiamo descritto”.
Aristotele
Aristotele, l’ultimo grande filosofo dell’età classica dell’Ellade, studiò vent’anni sotto Platone, che lo chiamava “l’intelletto della scuola”. In seguito divenne maestro di Alessandro; ma quando il re partì per l’Asia, il filosofo tornò ad Atene per fondare una sua scuola.
Questa era chiamata peripatetica, da un vocabolo greco che significa “passeggiare”, per via appunto delle passeggiate che si trovavano nei giardini del Liceo, l’edificio che costituiva la sede e nelle quali Aristotele istruiva i discepoli proprio camminando. Sebbene quasi ogni pagina dei suoi scritti mostri l’influenza del suo maestro, i due pensatori erano del tutto diversi.
Platone era anche un poeta molto fantasioso nel suo stile; Aristotele era invece l’incarnazione della ragione pura, acuta e sobria. Il suo stile è asciutto e chiaro. Dotato di un meraviglioso genio sistematico, riassunse e trasmise alle epoche future tutta la scienza e la filosofia dell’Ellade. Le sue opere coprono, di conseguenza, campi che vanno dalle scienze naturali alla fisica, dalla metafisica alla logica, e poi ancora l’etica, la politica e la storia costituzionale di molti stati. I suoi scritti divennero generalmente noti solo all’inizio del I secolo a.C., ma da quel momento per più di mille anni, il loro autore governò, come un monarca assoluto, sul pensiero del mondo civile. La teologia cristiana gli deve gran parte della sua forma.
I pensatori sottili e profondi del Medioevo lavorarono rigorosamente secondo le linee da lui tracciate. Ma anche oggi la solidità e completezza della sua Logica, della sua Etica e della sua Politica non può essere superata. L’attuale raggruppamento sistematico delle nostre conoscenze nelle varie scienze lo dobbiamo principalmente a lui.
Scultura: Prassitele e Lisippo
La scultura del IV secolo perse gran parte della severa dignità e dell’autocontrollo che aveva posseduto nell’età di Pericle, ma guadagnò di individualità, grazia e sentimento, con un maggiore sforzo nell’elaborare i minimi dettagli. Questi mutamenti artistici non sono che un’espressione della trasformazione generale che aveva attraversato l’intera vita e il genio dell’Ellade. Accanto a Fidia, Prassitele, vissuto nel IV secolo a.C., fu lo scultore più famoso della Grecia.
Nei Musei Capitolini a Roma si trova una copia del suo satiro, che Hawthorne ha descritto nel suo romanzo Il Fauno di Marmo: “L’intera statua, a differenza di qualsiasi altra cosa che sia mai stata lavorata in quel severo materiale di marmo, trasmette l’idea di una creatura amabile e sensuale — disinvolto, allegro, incline all’allegria, ma non incapace di essere toccato dal pathos”. Ammiriamo soprattutto in esso le curve aggraziate del corpo che Prassitele fu il primo a produrre con successo.
Li troviamo anche in tutte le altre sue statue. Inoltre, fu il primo a introdurre il tronco d’albero o altri tipi di supporti alle sue statue. La superficie del corpo venne da lui elaborata con maggiore delicatezza e naturalezza di quanto qualsiasi altro artista sia mai stato in grado di raggiungere questi livelli. Questa qualità può essere vista solo in una sua opera genuina: l’Ermete di Olimpia. La statua unisce la potenza alla delicatezza della statuaria classica. Il viso è quasi pensieroso. Ma questo Hermes non sembra un dio; è piuttosto il greco ideale dell’epoca. Lisippo, era un contemporaneo di Alessandro e si dice che sia stato l’unico scultore privilegiato a fare ritratti del grande conquistatore.
Ciò lo contraddistingue come un maestro della scultura di ritratti. Artista prodigioso, realizzò in vita circa millecinquecento statue, tutte di bronzo. Fino a quel momento Policleto di Argo aveva stabilito lo stile per la realizzazione delle statue. Le sue figure erano alquanto piatte o quadrate, ancora leggermente influenzate dalle forme arcaiche del blocco. Tutto il loro aspetto era pesante. Liberandosi dalla vecchia regola, Lisippo rimpicciolì la testa e rese più snello il corpo. Così le sue figure appaiono più leggere e più realistiche.
Mentre le statue di Policleto si vedevano principalmente di fronte, quelle di Lisippo erano perfettamente compiute, ugualmente simmetriche sotto ogni punto di vista. Il suo intento era quello di rappresentare il corpo, non come era in realtà, ma come appariva all’occhio. In un certo senso, quindi, il suo lavoro sembra un grande progresso rispetto a quello degli artisti precedenti. Fu l’ultimo grande scultore dell’età classica dell’Ellade.
(Libero adattamento e traduzione dall’inglese da High school Ancient History di George Willis Botsford,1917)
Nel prossimo episodio – > : Nei due anni successivi Filippo, sovrano di Macedonia, dimostrò il suo diritto a governare vincendo i suoi nemici interni, sconfiggendo i suoi vicini ostili e stabilendosi saldamente al potere. Divenne subito evidente che intendeva ampliare il suo regno sottomettendo gli stati circostanti. In primo luogo volle annettere le città costiere, per avere libero accesso al mare. Alcune di queste città erano alleate di Atene e altre appartenevano alla Federazione calcidica, restaurata dopo il suo rovesciamento da parte di Sparta. Ingannando grossolanamente sia gli Ateniesi che i Calcidesi riguardo al suo scopo, sottrasse ad Atene dei suoi alleati sulla costa e si impadronì di Anfipoli, la più grande città commerciale del quartiere.