< – Nelle puntate precedenti:
Temistocle, membro della nuova generazione di politici sale alla ribalta della democrazia ateniese, insieme al suo grande rivale Aristide. Aveva combattuto a Maratona durante la prima guerra persiana, essendo uno dei dieci strateghi ateniesi menzionati da Erodoto. Come grande politico, Temistocle era vicino al popolo e godeva dell’appoggio delle classi inferiori ateniesi, che, in generale, lo contrapponevano alla nobiltà. Eletto arconte nel 493 a.C prese una serie di misure per aumentare la potenza navale di Atene, cosa che sarebbe diventata fondamentale per tutta la sua carriera politica.
La seconda invasione persiana sotto Serse
I preparativi della Persia
La prima invasione della Grecia si era conclusa con un’umiliante sconfitta. Erodoto ci dice che Dario, che era già stato esasperato dagli Ateniesi, divenne ancora più furioso quando seppe della sconfitta di Maratona (Erodoto, Vll., 1). Il re iniziò quindi i più grandi preparativi per un nuovo attacco. Ma questi furono interrotti da una rivolta in Egitto e infine stroncati dalla morte del re stesso. A Dario successe suo figlio Serse, un uomo di pretese molto più grandi e di abilità molto inferiori a suo padre.
Spinto ad assumersi l’impresa lasciata incompiuta da Dario, riunì i suoi nobili e annunciò il suo scopo. “Poiché Ciro, Cambise e Dario“, disse, “hanno entrambi ampliato l’impero, desidero fare lo stesso. Propongo di costruire un ponte sull’Ellesponto e di marciare attraverso l’Europa e punire Atene per aver bruciato Sardi ed essersi opposta a Dati e Artaferne. Sottomentendo l’Attica e la Grecia, il cielo sarà l’unico confine della Persia” (Erodoto, VII, 8).
Trascorse quattro anni nella preparazione della sua grande spedizione. Fanteria, cavalleria, trasporti di cavalli, provviste, lunghe navi per gli sbarchi e navi da guerra per le battaglie, furono raccolte da varie nazioni asiatiche. Tre anni furono impiegati solo per costruire un canale attraverso l’istmo ad Athos, per eludere il promontorio vicino sul quale era naufragata la flotta di Mardonio. Serse ordinò di gettare due ponti di navi attraverso l’Ellesponto, sui quali il suo enorme esercito potesse passare in Europa.
Congresso di Corinto (481 a.C.)
In vista di questi immensi preparativi, i greci erano più che mai convinti che la loro forza e la loro salvezza dipendesse dalla loro restare uniti. A nessun altro questo era più chiaro che a Temistocle, il grande ateniese, che in questa crisi fu l’anima della Grecia. In effetti, in nessun altro momento l’Ellade si avvicinò così tanto ad essere un’unica nazione come sotto l’influenza di Temistocle.
Su suo suggerimento, fu convocato a Corinto un congresso degli stati greci per esaminare la condizione dei mezzi di difesa. I greci lì riuniti decisero di mettere da parte tutte le discordie interne e di agire insieme contro il nemico comune. Inviarono ambasciatori negli Stati non rappresentati, con la richiesta di fornire aiuti per la difesa della loro patria comune. In questo modo potevano sapere chi fosse dalla loro parte e chi contro di loro.
Argo rispose che avrebbe ceduto alla richiesta se le fosse stata concessa nel comando una posizione uguale a quella di Sparta. Gelone, il tiranno di Siracusa, accettò di inviare una grande forza purché fosse nominato comandante in capo o almeno comandante della flotta combinata. Queste offerte condizionate vennero entrambe respinte. Corcira, con una disponibilità più apparente che reale, accettò di fornire sessanta navi, ma questa flotta non arrivò mai. Era evidente che la responsabilità della difesa poteva pesare interamente solo sulle spalle degli stati rappresentati nel congresso, i quali ora formavano un’Ellade unita. A Sparta, che era già capo della lega del Peloponneso, fu assegnata la guida nominale di questa nuova confederazione greca.
Le linee di difesa greche
Sorgeva ora la questione del modo migliore per difendere il territorio greco. La risposta a questa domanda dipendeva dalle caratteristiche fisiche del paese e anche dalla valutazione su quali zone della Grecia dovessero essere maggiormente protette. C’erano tre punti principali in cui la Grecia poteva essere difesa efficacemente.
Il primo di questi era presso la valle di Tempe, dove si poteva presidiare l’ingresso nella Grecia settentrionale. Il secondo era più a sud, al passo delle Termopili, dove si poteva impedire l’ingresso nella Grecia centrale.
Il terzo luogo era ancora più a sud, presso l’istmo di Corinto, dal quale si poteva difendere il Peloponneso; ma porre qui un presidio avrebbero richiesto l’abbandono dell’Attica. La difesa di uno qualsiasi di questi centri, che erano tutti vicino alla costa, avrebbe richiesto il supporto della flotta greca per impedire ai Persiani di far sbarcare un contingente in territorio greco.
Divenne evidente che le forze terrestri e navali potevano cooperare al meglio alle Termopili; perché la costa a sud di questo luogo è protetta dalla lunga isola dell’Eubea e non può essere raggiunta da una flotta proveniente da nord, se non attraverso lo stretto angusto che conduce dalla punta dell’Artemisio. Qui l’esercito poteva difendere il passo e la marina poteva proteggere lo stretto. Quando il passo settentrionale di Tempe si rivelò insostenibile, si decise di resistere alle Termopili, senza dubbio il punto difensivo più forte della Grecia.
L’avanzata di Serse
Dopo aver raccolto le sue forze a Sardi, Serse marciò verso l’Ellesponto. Passato in Tracia, l’esercito fu rinforzato dalla flotta, che aveva seguito la costa. Qui il grande re passò in rassegna il suo immenso armamento, raccolto, si dice, presso quarantasei nazioni diverse. Qui c’erano persiani vestiti di corazze e armati di grandi archi e corti giavellotti. Qui c’erano gli etiopi ricoperti di pelli di bestie feroci e con frecce fatte con punte di pietre affilate. Qui c’erano poi i popoli selvaggi dell’Asia centrale e i guerrieri più civilizzati dell’Assiria e della Media. Secondo Erodoto l’intero esercito ammontava a qualche milione di uomini. La flotta era composta da più di milleduecento navi raccolte dalla Fenicia, dall’Egitto, dalla Ionia, da Cipro e da altri stati marittimi. Con questo prodigioso armamento, Serse confidava di spaventare e sopraffare i piccoli eserciti e le flotte della Grecia. Avanzò attraverso la Tracia e la Macedonia fino al passo di Tempe e fu sorpreso di trovare questo luogo abbandonato. Quindi attraversò la Tessaglia e si avvicinò al passo delle Termopili.
Termopili e Artemisio (480 a.C.)
Il primo conflitto tra greci e persiani comprendeva sia una battaglia terrestre che navale. L’esercito, sotto uno dei re spartani, Leonida, fu incaricato della difesa delle Termopili, uno stretto passaggio tra le montagne e il mare. La flotta greca, anch’essa al comando di uno spartano, ma con Temistocle a capo della divisione ateniese, era stata inviata all’Artemisio per impedire l’avvicinamento dei Persiani via mare. Leonida aveva con sé circa quattromila uomini, tra cui trecento spartani, che di stanza dietro un vecchia roccaforte costruita un tempo dai Focesi. Che l’intero esercito spartano non si fosse affrettato a difendere questa importantissima posizione era dovuto a una superstizione simile a quella che aveva ritardato l’arrivo delle truppe spartane a Maratona durante il primo conflitto. Ma con il suo piccolo manipolo, Leonida decise di mantenere il passo. Per due giorni Serse scagliò contro di lui il maggior numero possibile di distaccamenti del suo esercito, ma invano. Anche i “Diecimila Immortali” furono respinti. Allora, un cittadino di Trachis o di Eraclea Trachinia, che venne poi stato bollato come il “Giuda della Grecia”, di nome Efialte, rivelò a Serse un sentiero segreto sopra le montagne, attraverso il quale una guarnigione poteva essere lanciata nelle retrovie della posizione spartana. Con questo atto di tradimento le Termopili andarono perdute. Leonida e la sua armata spartana preferirono la morte al disonore e perirono nello scontro, esempio per tutti i tempi di coraggio e devozione patriottica.
Ad Artemisio la marina greca fu mantenuta salda a fare il suo dovere dall’influenza ispiratrice di Temistocle. La flotta comprendeva quasi trecento navi, di cui circa la metà fornite da Atene. Con la persuasione e persino con la corruzione, Temistocle indusse il comandante spartano a mantenere la sua posizione. Per tre giorni consecutivi i greci combatterono contro la marina persiana. Sebbene queste battaglie fossero di esito incerto, impedirono ai Persiani di avvicinarsi alle Termopili via mare. Ma quando venne la notizia che le Termopili ormai erano perdute, fu inutile mantenere questa posizione più a lungo; la flotta si ritirò quindi a sud, nell’isola di Salamina. Tutta la Grecia centrale era ora aperta all’invasore.
Temistocle e la battaglia di Salamina (480 a.C.)
L’esercito di Serse si spinse dunque attraverso la Grecia centrale nell’Attica, bruciò Atene e distrusse i templi sull’Acropoli. Gli abitanti fuggirono nei paesi vicini. La flotta persiana intanto seguiva i greci a Salamina. Fu qui che Temistocle con la sua influenza e destrezza, portò la guerra alla sua battaglia decisiva. L’esercito del Peloponneso si era ritirato dietro le mura che si ergevano attraverso l’istmo di Corinto e i suoi capi insistevano perché la flotta si ritirasse nello stesso luogo.
Ma Temistocle vide il grande vantaggio di combattere nello stretto angusto tra Salamina e la costa attica, dove solo una parte della flotta persiana poteva essere messa in azione. Il consiglio degli ammiragli greci, tuttavia, decise di ritirarsi verso Corinto, dove avrebbero potuto agire con le forze di terra e avere anche una via per la ritirata se fossero stati sconfitti. Temistocle mostrò al comandante spartano che ritirarsi dall’attuale posizione avrebbe causato l’abbandono degli stati alleati di Salamina, Megara ed Egina e avrebbe offerto alla flotta la tentazione di disperdersi per la difesa delle varie città.
Fu convocato un nuovo concilio e nel fervore del dibattito, Temistocle fu accusato di essere un “uomo senza patria”, ora che Atene era perduta. Ma rispose che con centottanta navi da guerra al suo comando avrebbe potuto fondare una città ovunque. Minacciò di ritirare le sue navi e di salpare per l’Italia se gli alleati avessero ritenuto opportuno abbandonare i loro compagni ateniesi. Da questa minaccia gli alleati furono persuasi a rimanere saldi e combattere nello stretto. Ma per prevenire ogni ulteriore indecisione, Temistocle inviò un messaggero a Serse, dandogli il consiglio, come fosse stato inviato da un amico, che i greci dovevano essere attaccati immediatamente per impedire la loro fuga. Serse di conseguenza ordinò la sua flotta e inviò lo squadrone egiziano nello stretto di fronte a Megaride, per impedire qualsiasi fuga a ovest di Salamina. In questo frangente arrivò Aristide dal suo ritiro a Egina per partecipare anche lui alla guerra e supplicò il suo vecchio rivale di consentirgli di combattere, per essere così anche ora entrambi di nuovo rivali, ma in gara solamente per la causa della salvezza della Grecia. Poi anche lui dichiarò che la battaglia doveva svolgersi a Salamina, poiché tutte le vie di fuga erano state tagliate. Questo mostrò a Temistocle che i suoi piani avevano avuto successo.
La flotta greca ora teneva lo stretto a est di Salamina. Lo squadrone persiano si radunò sul fronte. I Fenici si muovevano in pesanti colonne a destra e gli Ioni a sinistra. Il grande re sedeva su un trono eretto sul pendio del monte Egaleos per osservare il conflitto. I dettagli di questa battaglia sono incerti; ma la vittoria dei Greci fu decisiva. Lo squadrone fenicio, su cui il re faceva principalmente affidamento, fu distrutto. Quasi la metà della flotta persiana colò a picco; una nuova gloria incoronò gli stati leali della Grecia.
Continuazione della guerra di Mardonio
La vittoria di Salamina aveva infranto la potenza navale della Persia; ma le forze di terra erano ancora intatte. Serse, tuttavia, sembrava considerare fallita l’impresa e decise una ritirata generale dell’esercito. Ordinò ai resti della sua flotta di affrettarsi verso l’Ellesponto per proteggere i ponti attraverso i quali avrebbe potuto rientrare in Asia e che ora erano minacciati dai Greci. Ma c’era un uomo che sembrava ancora credere che la conquista della Grecia potesse essere completata da un solo esercito. Quest’uomo era Mardonio. Era lui che aveva fallito la prima spedizione guidata da Ciro e che aveva incoraggiato Serse a intraprendere l’attuale invasione.
Assegnatigli trecentomila uomini, a Mardonio fu permesso di rimanere in Grecia per recuperare il disastro di Salamina. Prima di iniziare la sua campagna l’anno successivo, Mardonio cercò l’alleanza di Atene contro il resto della Grecia. Promise di aiutare gli Ateniesi a ricostruire la loro città e di dare loro tutto il territorio limitrofo che desideravano. Ma gli Ateniesi gli risposero “finché il sole seguirà il suo corso, non ci uniremo mai alla causa di Serse” (Erodoto, VIII. 143). L’Attica fu nuovamente invasa e gli Ateniesi furono nuovamente costretti a fuggire per mettersi in salvo. Ancora una volta la Grecia fu chiamata a resistere agli invasori. Atene chiese nuovamente aiuto a Sparta, che glielo fornì col consueto ritardo. Mentre l’esercito greco veniva radunato, Mardonio si ritirò in Beozia, vicino a Platea, in attesa della battaglia finale.
Platea e Micale (479 a.C.)
Contro le truppe di Mardonio, i Greci schierarono un esercito di circa centomila uomini al comando dello spartano Pausania. La divisione ateniese era guidata da Aristide. Il comandante spartano era evidentemente convinto della superiorità della divisione ateniese, poiché insisteva che avrebbe tenuto il posto d’onore e di maggior pericolo contro l’ala più forte dell’esercito persiano.
Dopo aver combattuto e manovrato in tre diverse posizioni, la battaglia fu finalmente decisa vicino alle mura di Platea. Sebbene Pausania nel suo comando avesse commesso degli errori in diverse occasioni, la battaglia fu vinta grazie al robusto valore degli Spartani e ai valorosi soldati di Atene e di Platea. L’esercito persiano fu quasi annientato. Mardonio fu ucciso. I persiani sopravvissuti fuggirono a Tebe e poi in Tessaglia, per tornare quindi in Asia. Un’altra vittoria decisiva si era così aggiunta a quelle di Salamina e Maratona. In ricordo di questa vittoria gli alleati riuniti fecero un’offerta di ringraziamento a Zeus Eleutherios (il Liberatore) e istituirono una festa pubblica, chiamata Eleutheria, da celebrare una volta ogni quattro anni. Venne rinnovata anche l’alleanza difensiva contro la Persia: questa divenne nota come la “lega di Platea”.
Nello stesso giorno, si narra, in cui fu combattuta la battaglia di Platea, la flotta greca, partita da Delo, riportò una significativa vittoria sulla flotta persiana sulla costa asiatica presso il promontorio di Micale. Ciò diede ai greci ionici una nuova speranza che il giorno della loro liberazione fosse vicino.
La liberazione della Grecia
Questi brevi cenni sui grandi eventi delle guerre persiane, possono darci un’idea del loro grande significato. Hanno preservato la Grecia e l’Europa dalla dominazione orientale. Hanno rivelato ai greci il proprio carattere e la propria forza. Le battaglie di Maratona e delle Termopili, di Salamina e di Platea, hanno mostrato loro che il coraggio e il patriottismo sono virtù essenziali per l’indipendenza nazionale.
Queste guerre sono state giustamente chiamate “guerre di liberazione”. La disfatta dei Persiani salvò la Grecia e tutta la sua civiltà. “Poiché non si trattava di un risultato più o meno glorioso della contesa, o dell’ascesa o della caduta nella conquista del potere da parte di uno dei combattenti; implicava piuttosto l’annientamento o la continuazione della vita greca» (Curtius). I Greci non solo furono liberati dalla dominazione straniera, ma acquistarono un nuovo spirito di fiducia e un’energia intellettuale tale, che gli ispirò nuovi successi nel campo della cultura. Le loro vittorie assicurarono loro cinquant’anni di prosperità, in cui poterono dedicare le loro energie alle opere di pace e raggiungere una grandezza che è rimasta unica nella storia.
(Libera traduzione dall’inglese da Outlines of Greek history: with a survey of ancient oriental nations di William Carey Morey, New York: American Book Company, 1903)
Nel prossimo episodio – > : Le guerre persiane segnano un’epoca anche di rivoluzione culturale della Grecia. La cultura di questo periodo segna un netto passaggio da quella semplice ed arcaica che l’ha preceduta nel periodo formativo, alla forma più sviluppata dell’età che l’ha seguita. Fiorirono la lirica, la poesia drammatica, le tragedie di Eschilo. Ma anche le altre arti ebbero un grosso impulso: le prime grandi statue e i templi. Si inaugura anche una nuova stagione del pensiero, con la grande filosofia eleatica di Senofane, Parmenide e poi Zenone .