Proprio come Helios personificava il sole, così sua sorella Selene rappresentava la luna e guidava il suo carro attraverso il cielo mentre suo fratello riposava dopo le fatiche della giornata.
Quando le ombre della sera cominciavano ad avvolgere la terra, i due destrieri di Selene candidi come il latte, si levavano dalle misteriose profondità dell’Oceano. Seduta su un carro d’argento, e accompagnata dalla figlia Ersa, la dea della rugiada, appariva la mite e gentile regina della notte, con una mezzaluna chiara sulla sua fronte e un velo che le scorreva dietro, mentre teneva una torcia accesa in mano.
Insegnatemi a celebrare Selene dalle ali spiegate, Muse, figlie armoniose del Cronio Zeus, abili nel canto!
Il suo splendore, che sgorga dal suo capo immortale, si diffonde nel cielo di Urano e avvolge la terra. Tutto è adornato del suo abbagliante fulgore, e l’aria oscura si accende alla sua corona d’oro.
I suoi raggi si diffondono nell’aria, quando, dopo aver bagnato il suo bel corpo nell’Oceano, e aver vestito i suoi abiti splendenti, la divina Selene aggioga i suoi cavalli con alte teste e spinge rapidamente questi suoi destrieri luminosi dalle belle criniere, la sera, a metà del mese, quando la sua sfera è piena, e quando i suoi raggi più abbaglianti sono più splendenti nel cielo uranico, come segno e presagio per i mortali.
Anticamente a lei si unì, innamorato, il Cronide Zeus. Ella, rimasta incinta, diede alla luce una figlia, Pandìa, ammirabile per la sua bellezza tra gli dei immortali.
Salute a te, Regina! Dea dalle bianche braccia, divina Selene benevola, dai bei capelli! Avendo cominciato con te, canterò le lodi degli uomini celesti le cui opere gli aedi, servitori delle Muse, celebrano con canti gentili.
Omero, Inno a Selene
Selene era molto innamorata di un bel giovane, un pastore di nome Endimione, al quale Zeus aveva concesso il privilegio dell’eterna giovinezza, unito alla facoltà di dormire quando voleva e quanto voleva. Vedendo questo adorabile giovane profondamente addormentato sul monte Latmo, Selene fu così colpita dalla sua bellezza, che scendeva ogni notte dal cielo per vegliare su di lui e proteggerlo.
(Libera rielaborazione da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880)