I Greci erano artisti per natura. Possedevano una disposizione squisitamente sensibile all’impressione del bello. Come è stato detto, “la bruttezza li faceva soffrire come una ferita”.
Tutto ciò che essi costruivano, dai santuari per i loro dèi ai più meschini utensili di uso domestico, era bello. La bellezza veniva posta accanto alla santità; anzi, consideravano la bellezza e la rettitudine morale come fossero quasi la stessa cosa. Si dice che ai Greci sembrasse una cosa strana ed eccezionale che Socrate fosse buono, nonostante avesse un aspetto brutto.
La prima massima dell’arte greca era la stessa che costituiva il primo principio della morale greca: “Niente di troppo”. L’occhio greco si spegneva di fronte a qualsiasi esagerazione delle parti, a qualsiasi mancanza di simmetria o di proporzione in un oggetto. Le dimensioni di un tempio greco sono perfette. Qualsiasi deviazione dalle misure o dai canoni degli artisti greci si rivelava un allontanamento dall’ideale.
La chiarezza dei contorni era un altro requisito del gusto greco. L’artista greco aveva un’avversione positiva per ogni vaghezza o indistinzione di forma. Si confrontino le linee nette di un tempio greco con quelle vaghe e sempre più sfumate di una cattedrale gotica medievale.
È possibile che la natura stessa abbia insegnato ai greci questi primi principi della loro arte. In Grecia la natura non si spinge mai agli estremi. Le montagne e le isole greche non sono mai troppo grandi. Il clima non è mai eccessivamente freddo né opprimente. La natura sembra aborrire la vaghezza. La singolare trasparenza dell’atmosfera, soprattutto quella dell’Attica, conferisce una notevole chiarezza di contorni a ogni oggetto. Il Partenone, nei suoi tratti netti, sembra modellato sulle colline che si stagliano con tale assoluta nitidezza di forme contro il cielo attico.
(Libera traduzione da “Ancient History, Greece and Rome di Philip Van Ness Meyers, 1901 )