Abbiamo visto come era costituita la società greca nei secoli bui, distinta in uomini liberi e schiavi.
;Gli aristocratici, erano i capi della tribù con antenati illustri e grandi ricchezze. Vediamo ora come da questo nucleo comincino a svilupparsi le poleis. Iniziamo da Sparta.
Ascesa politica di Sparta
Carattere della stirpe dorica
I primi popoli della Grecia storica a raggiungere uno sviluppo politico furono i Dori.
Da quando avevano lasciato la loro antica casa in Tessaglia, queste popolazioni conservavano tuttavia il carattere semplice e le abitudini rudi dei loro antenati.
Erano per natura adatti a un tipo di cultura diverso da quello che prevaleva tra le genti che prima abitavano il Peloponneso.
Non amavano cingere le loro città di mura enormi, non erano affascinati dai i palazzi sfarzosi e dagli ornamenti d’oro tipo quelli di Tirinto e di Argolide e, a differenza degli Achei, non caddero sotto l’influenza dell’orientalismo.
Vennero nel Peloponneso come conquistatori e sembravano esser consapevoli che per mantenere la loro supremazia sugli altri, dovevano imparare a governarsi.
I Dori furono quindi i leader nello sviluppo di una cultura ellenica distinta, una cultura basata non sulla stravaganza e sull’eccesso, come quella orientale, ma sulla moderazione e l’autocontrollo.
La supremazia della cultura greca che essi stabilirono non fu però di tipo intellettuale e artistico, ma piuttosto fisico e militare. Il loro addestramento fisico e bellico, per quanto rozzo potesse essere nei suoi metodi, li rendeva uomini robusti e guerrieri arditi. Fu così che i Dori ebbero la supremazia nel Peloponneso e per un certo tempo in tutta la Grecia.
L’astro di Sparta
Nella loro conquista del Peloponneso, i Dori presero possesso di tre importanti regioni: l’Argolide, la Laconia e la Messenia. Le loro prime città importanti sorsero in Argolide e la loro capitale era Argo. Uno dei sovrani di Argo, di nome Fidone, era particolarmente noto come l’uomo che introdusse per primo un sistema di pesi e misure e che istituì una zecca per coniare denaro. Da Argo come centro del loro dominio, i Dori sottomisero le città di Corinto, Megara e Sicione. Ma tutte le città doriche furono infine adombrate da Sparta, città della Laconia, che possiamo considerare come la tipica città stato della stirpe dorica.
Situata sul fiume Eurota, era dapprima un semplice presidio militare che lottava per resistere contro un popolo ostile. Gradualmente si consolidò fino a diventare il centro della civiltà dorica.
Il nome Sparta vuol dire «la sparpagliata», e deriva dalla sua origine, risultato della fusione di cinque villaggi. Questa straordinaria polis deve il suo successo alla sua peculiare organizzazione e disciplina, che si dice sia stata fondata da Licurgo.
La legislazione di Licurgo e il soviet supremo della Laconia
Gli spartani considerarono sempre Licurgo (in greco anticoΛυκούργος / Lykoúrgos , “colui che tiene lontani i lupi” o secondo un’altra interpretazione Λυκόεργος “colui che porta la luce”) come il fondatore delle loro istituzioni. Ma tutto quel che sappiamo di questo famoso legislatore è desunto da tradizioni poco attendibili.
Già Plutarco, nella biografia a lui dedicata e contenuta nelle sue celebri Vite Parallele, scriveva:
“Non c’è assolutamente nulla che si possa dire del legislatore Licurgo che non sia controverso: la sua origine, i suoi viaggi, la sua morte, e infine l’elaborazione delle sue leggi e della sua costituzione hanno dato luogo a resoconti storici molto diversi”
Grande patriota, sapiente legislatore e uomo di grande saggezza, Licurgo fornì il modello dell’uomo di stato privo di interessi personali o di parte, fornito di grande senso di giustizia.
Secondo Simonide di Ceo, era il figlio del re spartano Pritani, della dinastia degli Euriponti. Plutarco tuttavia testimonia che la maggior parte degli autori riporta come suo padre invece Eunomo, e che quest’ultimo fosse figlio di Pritani e della sua seconda moglie, Dionasse. Probabilmente Eunomo non è neppure un personaggio reale, ma piuttosto un’allegoria del buon governo (εὐνομία).
Il fratellastro di Licurgo, Polidette, primogenito della sua famiglia, diventò re alla morte del padre, ma scomparve presto anche lui senza lasciare figli. Fu così che Licurgo divenne reggente. Se non che la vedova di Polidette venne comunque trovata incinta. La donna propose a Licurgo, in cambio del suo consenso ad uccidere il nascituro, di diventare sua sposa e prender parte al potere sovrano. Una Lady Macbeth evidentemente con ben pochi peli sullo stomaco.
Licurgo non fece trapelare il proprio orrore per questa richiesta, ma temendo che la regina portasse comunque a compimento il proprio disegno, si accordò con lei a condizione che concludesse la gravidanza.
La donna partorì dunque un maschio, Licurgo ordinò che gli venisse consegnato il neonato e, presentatolo al popolo come suo leggittimo re, gli pose il nome di Carilao (“gioia del popolo”), continuando a governare come suo tutore. Furiosi, i parenti della regina diffusero cattive voci su di lui, cosa che lo costrinse all’esilio.
Altre fonti riferiscono che egli intraprese solo dei viaggi di studio, per conoscere le legislazioni e i costumi degli altri popoli, quasi tutti più evoluti di Sparta. Licurgo si recò prima a Creta, dove studiò le istituzioni locali e qui conobbe il poeta Taleta. Si diresse poi nella Ionia, allora considerata indolente e decadente, per osservare gli usi e i costumi locali. Viaggiò per l’Asia Minore, dove si racconta che ritrovò il primo dei poemi di Omero
Secondo Erodoto, si recò poi in Egitto, da dove prese l’idea di separare i guerrieri dagli artigiani. Secondo Aristocrate nella sua Storia degli Spartani, si spinse fino in India, dove incontrò i gimnosofisti, altri affermano che sia arrivato anche in Spagna.
Richiamato dai suoi concittadini, Licurgo tornò a Sparta, che richiedeva non solo una salda monarchia, ma anche una nuova legislazione. Si reca quindi a Delfi per interrogare l’oracolo di Apollo e la Pizia lo saluta come “amato dal dio, e un dio lui stesso piuttosto che un essere umano”. Assicuratosi l’appoggio dei 30 cittadini più ragguardevoli, li convoca nell’agorà, e assieme a loro inizia la stesura del suo codice, che garantiva un’ordinata successione al trono, restringendo però l’ autorità monarchica per mezzo di una sorta di Senato di ventotto elementi scelti fra i cittadini più nobili, dei quali nessuno poteva essere eletto sotto i sessant’anni.
Pertanto i Re conservarono le insegne, i privilegi del loro status e il rispetto dovuto alla loro dignità. Sovrastavano tutti nelle assemblee pubbliche e votavano per primi. Era loro compito ricevere gli ambasciatori e i personaggi illustri; in tempo di guerra comandavano l’armata, senza però andare al di là dei provvedimenti decisi del Senato, che poteva tanto costringerli a muovere contro il nemico quanto richiamarli a Sparta.
Dopo aver steso il suo codice di leggi (retrai), Licurgo sente di dover chiedere di nuovo consiglio ad Apollo; parte dunque per Delfi proibendo agli Spartani di modificare la costituzione prima del suo ritorno. Arrivato nella città sacra, chiede al dio se le leggi che ha emanato siano buone. Il dio gli mostra la sua approvazione. Licurgo, ritenendo che la sua opera fosse ormai compiuta, e non volendo sciogliere i suoi compatrioti dal giuramento, si suicidò lasciandosi morire di fame.
Non si conosce il luogo della sua sepoltura. Secondo alcuni autori si sarebbe dato la morte a Cirra, porto del Golfo di Corinto, dove sbarcano pellegrini diretti a Delfi. Altri, come Timeo di Tauromenione e Aristosseno, affermano invece che pose fine alla sua esistenza a Creta. Aristocrate specifica addirittura che su propria richiesta, il suo corpo venne bruciato e le sue ceneri disperse in mare: nell’intenzione così di impedire agli Spartani di traslare le sue spoglie a Sparta, e ritenersi in questo modo liberi dal loro giuramento.
Insomma, forse memore dell’esilio ingiusto che i suoi compatrioti gli avevano inflitto tempo prima solo in base alle chiacchiere messe in giro dalla vedova del fratello Polidette, pensò bene ad un modo per dar loro una sonora fregatura, legandoli mani e piedi alla propria legislazione per i secoli avvenire.
Si dice che Licurgo abbia educato il popolo a riconoscere gli dei e a costruire i templi di Zeus e ad Atena; che abbia istituito la divisione della popolazione in tribù e clan (le Oba, Ὠβά) e di aver ordinato il consiglio di capi e l’assemblea.
È del tutto evidente che queste istituzioni non potevano essere state stabilite da Licurgo, perché erano comuni a tutti gli stati greci ed erano simili a quelle viste nell’età omerica. Ma senza tentare di ricostruire esattamente cosa fu e non fu realmente stabilito da Licurgo o dirimere la questione se questo personaggio o uno simile sia mai esistito o meno, possiamo passare in rassegna le istituzioni spartane così come si sono sviluppate nel periodo storico.
Simboli
Licurgo, secondo Plutarco, era guercio. Egli perse un occhio durante un alterco con cittadini facoltosi, indignati dalle misure da lui emanate contro il lusso:
Uno [dei suoi avversari], Alcandros, un giovane violento e iracondo che, peraltro, non era privo di qualità, lo inseguì e si avvicinò a lui: mentre Licurgo si stava voltando, lo colpì con il suo bastone e gli cavò un occhio.
Lungi dall’arrendersi al dolore, Licurgo affrontò i suoi avversari. Intimoriti, questi cessano subito le ostilità. Alcandros, consegnato dalla sua famiglia, se lascava tutto sommato con poco, visto che gli ha cavato un occhio: viene preso da Licurgo al suo servizio (a ripensarci bene, forse per lui sarebbe sta meglio la morte). Vivendo in compagnia del legislatore, il giovane alla fine fece ammenda. Plutarco conclude: “Per ricordare il trattamento che aveva subito, costruì, dedicandolo ad Atena, un santuario che chiamò Optillétis: perché i Dori di questo paese chiamano gli occhi optilloi . “
Per Georges Dumézil, storico delle religioni, linguista e filologo francese, questo episodio è di grande importanza. Basandosi sull’etimologia del nome “Lycurgus” (Lyko-vorgos, “colui che tiene lontani i lupi”), paragona il leggendario legislatore ad altre figure tutelari indoeuropee . Stabilisce così un parallelo con la leggenda osseta di Fælværa , protettrice delle pecore, e di Tutyr , il pastore dei lupi. Il motivo della cecità si ritrova anche nella leggenda del dio nordico Odino, che cede l’occhio in cambio della saggezza, e del saggio Zarathustra o Zoroastro, accecato dai suoi seguaci quando vuole lasciarli, e divorato dai lupi.
Divisione della società
Gli spartani definivano sé stessi “Gli Eguali” (Hómoioi, in greco antico: Ὅμοιοι). Tuttavia, la prima cosa da notare nella società spartana è che non erano uguali quasi per niente, invece, con una rigida divisione dell’intera popolazione in tre classi, evidentemente cresciute in seguito alla conquista dorica del Messenia. Più che uguali, irregimentati e livellati.
La classe superiore era costituita dagli stessi spartani, i discendenti dei conquistatori dorici.
Erano i liberi cittadini della polis spartana ed erano gli unici possessori di diritti e privilegi politici.
Formavano una parte relativamente piccola dell’intera popolazione, non più di diecimila uomini in grado di portare le armi. Erano proprietari degli appezzamenti di terra migliori, ma era loro proibito di praticare l’agricoltura o di lavorare come artigiani o commercianti. La loro unica occupazione era la guerra e il servizio dello stato.
La classe successiva comprendeva i Perièci ( Περίοικοι, Períoikoi: il nome composto da περί, perí, “attorno” e οἶκος, ôikos, “abitazione”) che formavano la maggior parte dei popoli sottomessi.
Vivevano nelle città vicine, coltivavano le terre di proprietà dello stato e si occupavano di manufatti e commercio.
Erano personalmente liberi, ma costretti a rendere omaggio a Sparta. Venivano inoltre chiamati a prestare servizio nell’esercito spartano in tempo di guerra e furono persino assegnati a posti di comando.
La classe al livello più basso erano gli Iloti o servi, che coltivavano la terra assegnata ai cittadini.
Appartenevano allo stato e non potevano essere venduti dai loro padroni spartani.
Formavano la maggior parte della popolazione. Non avevano diritti e la loro condizione era miserabile. Vivevano in pratica in uno stato se è possibile, anche peggiore dell’Apartheid in vigore in Sudafrica fino al 1991.
Gli Iloti
La schiavitù degli Iloti, che un tempo erano dei contadini di Sparta, trae origine dai tempi più antichi di questa polis. La fusione dei villaggi che costituiranno la futura Sparta fu imposta dai conquistatori dorici, quando calarono dal Nord al seguito dei loro re eraclidei. Essi dominavano il Peloponneso dall’alto delle montagne circostanti, e iniziarono ad assoggettare la regione attaccando Messene e vincendo contro il suo re Aristodemo.
Cinquant’anni dopo, il suo successore Aristòmene si ribellò al dominio spartano. Il risultato fu che egli rimase ucciso nelle lotte di rivendicazione per il suo popolo degli stessi diritti e privilegi di cui godevano tutti gli altri e che erano stati concessi dai primi due re spartani, ma revocati da Agide in poi.
I ribelli ne uscirono sconfitti e assoggettati. Come punizione per la loro rivolta, furono condannati a schiavitù perpetua insieme ai loro posteri. Oltre a ciò, per aggiungere all’onta anche l’infamia, li chiamarono appunto col nome di Iloti come tutti gli altri schiavi.
Se il loro numero cresceva a tal punto da far nascere dei timori nei loro crudeli padroni, questi potevano, in nome di una legge segreta chiamata cryptia, metterli a morte senza pietà. Sappiamo da Tucidide che duemila di questi miseri scomparvero in un’ora, né si venne mai a sapere come (situazione simile a quella delle vittime di lupara bianca o dei desaparecidos nei regimi militari dell’America latina).
Oltre che loro schiavi, erano anche per gli spartani oggetto di trastullo. Ad esempio, talvolta li facevano ubriacare apposta per mostrarli poi in tale stato ai giovani, affinché questi disprezzassero la mancanza di sobrietà e vedessero gli effetti dell’intemperanza.
Il governo spartano
La forma del governo di Sparta era un’evoluzione del sistema che aveva prevalso nello stato tribale dell’epoca omerica. Questo è evidente nei tre rami del primo governo: il potere regio, il senato e l’assemblea.
A capo dello stato c’erano due re, membri di due distinte famiglie reali. L’origine di questa doppia regalità è difficile da determinare. I re si limitavano a vicenda e questo tendeva a contenere il potere monarchico.
Sparta, fu retta da una monarchia sin dal principio. Ben tredici re della stirpe dei Pelopidi si susseguirono sul trono. Al tempo del regno degli Eraclidi, succeduti ai Pelopidi, il popolo volle che ci fossero due Re e che regnassero ciascuno con eguali poteri. Questo mutamento fu originato da una circostanza piuttosto singolare. Re Aristodemo, venuto a mancare, lasciò due figli così somiglianti tra di loro che l’ uno si poteva distinguere appena dall’altro. Sì chiamavano Euristene e Prode, ed erano gemelli. La madre li amava allo stesso modo tutti e due e desiderava fortemente che regnassero entrambi; affermava dunque di non poter stabilire quale dei due avesse visto per primo la luce, ed avesse dunque, quale primogenito, più ragione dell’altro di aspirare alla corona. Il popolo non sapendo bene quale dei due eleggere, li fece re entrambi. Praticamente una di quelle “brillanti” soluzioni che si adottano in politica ancora oggi quando dalle elezioni non esce un chiaro vincitore. Tuttavia questo tipo di governo, oltremodo strano e direi unico, resse per parecchi secoli.
L’organo forse più importante dello stato era una sorta di senato (la Gherusìa, composta dai gheronti, γέροντες, cioè gli anziani). Era un corpo composto da trenta fra i cittadini più eminenti di Sparta, come abbiamo accennato prima, compresi i due re.
Nei primi tempi, i membri di questo senato rappresentavano senza dubbio i clan che si unirono per la formazione del governo. Ma nel periodo successivo, essi venivano eletti dai cittadini. Dovevano avere sessant’anni e mantenere la loro posizione per tutta la vita.
In origine i gheronti erano semplicemente dei consiglieri dei re, ma in seguito divennero partecipi del loro potere.
Non solo determinavano in gran parte la politica dello stato, ma erano anche i giudici che presiedevano i processi in caso di crimini e redigevano le interrogazioni che venivano sottoposte all’assemblea. La Gerontocrazia ha origine da qui, anche se noi non diamo al termine una qualifica positiva: per noi oggi è sinonimo di “governo di vecchie ciabatte”.
Il terzo ramo del governo spartano era l’assemblea (Apella), che era composta da tutti i cittadini spartani sopra i trent’anni. L’assemblea non solo eleggeva i senatori o gerontes, ma deliberava sulle più importanti questioni di stato.
Ratificava le leggi, determinava questioni di guerra e di pace e risolveva controversie sulla successione monarchica.
Il supremo potere riposava così nel corpo dei cittadini spartani e sotto questo aspetto il loro Stato potrebbe essere considerato una vaga forma di democrazia. Ma se consideriamo il fatto che il corpo dei cittadini non formava che una piccola parte dell’intera popolazione, e che i singoli non prendevano decisioni dirette su praticamente nessuna cosa, il loro governo può essere considerato più propriamente un’aristocrazia, o meglio un’oligarchia, e per giunta meno estesa di quanto possa sembrare.
Gli Efori e il loro potere
Non potremmo avere una visione completa della costituzione spartana se non menzionassimo gli efori (ἔφορος, éphoros, “guardiano”, composto di ἐπί, epí, “sopra”, e ὁράω, horáō, “vedere”) che erano degli ufficiali caratteristici della costituzione spartana.
Erano in numero di cinque e formavano una specie di consiglio di sorveglianza.
Venivano eletti dall’assemblea ogni anno per proteggere gli interessi del popolo contro le ingerenze dei re e del senato. Erano i guardiani della costituzione e i veri governanti dello stato. Esercitavano poteri esecutivi e giudiziari, punivano coloro che si opponevano alla loro volontà e chiamavano a render conto del loro operato gli ufficiali e talvolta anche i re; alla loro sentenza non c’era appello.
Ma più di tutto, sovrintendevano alla disciplina e all’addestramento educativo e militare, che erano entrambi decisivi nel determinare il carattere dello loro popolo e del loro stato.
Nel film “300” diretto da Zack Snyder nel 2007, adattamento cinematografico dell’omonima graphic-novel di Frank Miller, con Gerard Butler nel ruolo di Leonida, gli efori non vengono descritti con toni molto edificanti “Gli Efori, sacerdoti degli antichi dei, porci incestuosi, più animali che uomini. Animali che perfino Leonida deve corrompere e supplicare, perché nessun re spartano è mai andato in guerra senza la benedizione degli Efori.” A parte il fatto che non erano sacerdoti, e sebbene qualche autore antico abbia sollevato il dubbio che fossero stati corrotti da Re Serse durante la seconda Guerra persiana, non mi risulta che alcuna fonte del periodo classico parli di loro in maniera così negativa e apertamente ostile.
Nella seconda parte dell’Articolo parliamo dell’educazione dei giovani a Sparta, dell’organizzazione sociale e militare, delle loro campagne di espansione, della Lega del Peloponneso e della loro definitiva supremazia nella Laconia.