I primi Greci, con il loro straordinario potere di personificare tutto e ogni attributo della Natura, diedero una personalità distinta a quelle possenti meraviglie degli abissi, che, in tutte le epoche, hanno offerto materia di speculazione sia agli istruiti che agli ignoranti. Tra queste personificazioni troviamo Taumante, Forco e la loro sorella Ceto, che erano la discendenza del Ponto.
Taumante (il cui nome deriva dal greco Thauma, θαῦμα, che significa Meraviglia) caratterizza quella condizione peculiare e traslucida della superficie del mare quando riflette, a specchio, varie immagini, e sembra tenere nel suo abbraccio trasparente le stelle fiammeggianti e le città illuminate, che sono così frequentemente riflesse sul suo seno vitreo.
Socrate: –
“Teodoro sembra indovinare abbastanza bene la tua natura. Perché questo sentimento di meraviglia mostra che sei un filosofo, poiché lo stupore è l’unico inizio della filosofia, e colui che ha detto che Iris era figlia di Taumante ha fatto una buona genealogia.”Platone, Teeteto, 155d
Taumante sposò la bella Elettra (il cui nome significa “la luce scintillante”, come quella prodotta dall’elettricità), figlia di Oceano (questa Elettra non è da confondersi con l’omonima e più celebre figlia di Agamennone). I suoi capelli color ambra erano di una bellezza così rara che nessuna delle sue sorelle bionde poteva paragonarsi a lei, e quando piangeva, le sue lacrime, troppo preziose per essere perse, formavano gocce di ambra splendente.
L’intero esercito fu condotto in battaglia dall’imperatore degli Indiani, figlio di Idaspe, l’amante delle acque, in unione con Acti, figlia di Elio, felice della sua prole – gli uomini dicono che sua madre era Ceto, una Naiade figlia degli Oceani – e Idaspe si insinuò nel suo rifugio fino a sommergerlo, e la corteggiò nel suo abbraccio con onde coniugali. Egli aveva il vero sangue di Titano; poiché dal letto del primordiale di Taumante, la sua rosea consorte Elettra partorì due figli – da quell’amore nacquero un fiume e la dea messaggera dei celesti, questa veloce come il vento e il suo Idaspe veloce come l’acqua; Iris viaggiando a piedi e Idaspe sull’acqua. Entrambi avevano una velocità uguale su due percorsi contrastanti: Iris tra gli immortali e Idaspe tra i fiumi.
Nonno di Panopoli, Dionisiaca, XXVI
Forco e Ceto personificavano soprattutto i pericoli e i terrori nascosti dell’oceano. Erano i genitori delle Gorgoni, della Graie e del Drago che custodiva le mele d’oro delle Esperidi.
Lo scoliasta di Apollonio Rodio cita Forco e Ceto come i genitori anche delle Esperidi, ma questa affermazione non è ripetuta in altre fonti antiche.
Ceto è forse la madre anche del leone di Nemea e della Sfinge attraverso suo nipote Ortro. Omero si riferisce a Toosa, la madre di Polifemo nell’Odissea, come figlia di Forco, ma non indica se Ceto sia sua madre. Il nome di Ceto significa “balena” o “mostro marino” e infatti ancora oggi noi classifichiamo le prime sotto la specie dei Cetacei, che devono il loro nome alla mitologia greca.
Plinio il Vecchio menziona il culto del “leggendario Ceto” a Joppa (ora Giaffa), in un unico riferimento, subito aver menzionato Andromeda, che Perseo salvò da un mostro marino. Gli studiosi, anche sulla base di una testimonianza analoga di Strabone, suggeriscono la possibilità che qualcuno a Joppa (dove in effetti era esposto lo scheletro di un grosso animale marino, forse preistorico) abbia istituito un culto del mostro con il nome di Ceto. Come spiegazione alternativa, ipotizzano che Plinio o la sua fonte abbiano interpretato male il nome cetus o quello della dea siriana Derceto.
Forco era l’antico dio del mare dei pericoli nascosti degli abissi. Il nome forse significa “sigillo” (fokes in greco). I suoi figli erano pericolosi mostri marini: Scilla (Il Granchio) un mostro che divorava i marinai di passaggio (anche se in realtà la genealogia di Scilla varia a seconda delle fonti, così come la sua stessa leggenda); Toosa (La Veloce), già menzionata come madre del ciclope Polifemo; Ladone (che scorre forte), un serpente marino dalle cento teste (era il drago che sorvegliava il giardino delle esperidi); Echidna (vipera) una dragonessa; Le Graie (Le Grigi), spiriti della spuma marina, e le Gorgoni (Terribili) il cui sguardo pietrificante creava probabilmente le pericolose rocce e gli scogli del mare.
Il nome di Forco potrebbe forse essere ricondotto alla stessa radice di Phocas (nome proprio greco di etimologia incerta) e Phocidae, denominazione quest’ultima, con cui designamo la specie dei mammiferi marini appunto delle foche. Considerando infatti che parliamo di mostri marini e che già, come abbiamo detto, Ceto ha dato origine al nome dei Cetacei, se si ricorda inoltre che nel IV libro dell’Odissea, in cui Menelao racconta a Telemaco l’incontro con la creatura marina Proteo, si parla di quest’ultimo come di un custode delle foche di Poseidone, l’ipotesi appare ancora più fondata.
Forco è raffigurato in un antico mosaico come un dio dai capelli grigi e dalla coda di pesce, con la pelle simile a quella di un granchio e con le zampe anteriori ad artiglio, anche esse simili alle chele di quei crostacei. Il suo attributo era una torcia.