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TEODOSIO IL GRANDE

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La battaglia di Adrianopoli ebbe una causa molto chiara. Alcuni anni prima, nel 376, i Visigoti avevano chiesto a Roma, all'imperatore Valente, di poter rimanere nel territorio dell'impero perché, non volevano passare sotto il giogo degli Unni, che stavano avanzando verso ovest dall'Asia centrale. La richiesta fu accolta dall'imperatore Valente, ma in seguito i Visigoti furono oppressi da pesanti tasse e gravemente discriminati come cittadini di seconda classe. I Romani speravano anche che questi popoli avrebbero fornito agli eserciti dei rinforzi. La frustrazione per l'avidità romana e la voglia di sfruttamento portarono alla battaglia di Adrianopoli nel 378, che fu una delle più grandi disfatte dell'esercito di Roma
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Busto di Teodosio I ritrovato ad Afrodisia (Aydın, Turchia)

Graziano, troppo impegnato con le invasioni degli Alemanni, non aveva potuto fornire rinforzi a Valente che era caduto col suo esercito, quindi chiamò a governare la parte orientale dell’Impero il figlio di Teodosio il Vecchio, suo generale in Mauritania. Anche lui si chiamava Teodosio, detto juniore, nato ad Italica in Spagna: aveva trentatré anni, ma era già provvisto di una solida esperienza in guerra.

Teodosio

Teodosio ottenne a Sirmio il titolo di Augusto, il 19 gennaio del 379 e il governo della Tracia, delle provincie asiatiche e dell’Egitto, parte della Dacia e della Macedonia; egli sarà ricordato come l’ultimo grandi imperatori romani d’Occidente. Teodosio non mosse subito a cercare la riscossa dalla disfatta di Adrianopoli, ma con senno e fermezza, temporeggiando finché non ebbe ripristinata la disciplina nelle legioni romane – ormai state logorate dalle lunghe campagne militari e per via delle discordie interne – e dunque la guerra potesse essere di nuovo condotta con buona possibilità di successo. I Goti, essendo morto il sommo loro capo Fritigerno – che li aveva guidati fino ad allora con valore nei combattimenti, e li aveva governato mantenendo la disciplina e la concordia – quattro anni dopo la battaglia di Adrianopoli vennero a sottomettersi alla maestà imperiale e furono incorporati nello stato romano, ottenendo stanziamenti con assegnazioni di terreno in Tracia, in Frigia, in Lidia e riconoscendo che i loro comandanti fossero eletti dall’imperatore. Quarantamila soldati Goti furono ordinati a formare un esercito permanente nell’impero d’oriente, col nome di Federati a 382, distinti per le buone forniture di armi, il generoso stipendio e le prerogative.

Morte di Graziano (383)

Mentre Teodosio ripristinava l’impero in oriente, Graziano, fattosi politicamente debole, perdeva l’occidente. Un usurpatore di nome Massimo, anche lui come Teodosio spagnolo di nascita, generale in Britannia si ribellò nel 383, si fece proclamare dalle legioni imperatore e con un forte esercito sbarcò sulle spiagge di Gallia. Quando Graziano gli mosse guerra, presto si vide abbandonato da suoi soldati. Inseguito dai nemici, cercò rifugio a Lione sperando di poi mettersi in salvo presso il fratello Valentiniano in Italia, ma fu tradito preso ed ucciso nel 383 e l’occidente rimase a Massimo.

Valentiniano II e Giustina

Teodosio non si oppose all’usurpatore, le condizioni ancor deboli dell’oriente non gli concedevano di avventurarsi in una guerra civile contro chi reggeva le più forti provincie dell’impero, perciò fu deciso che Massimo reggesse l’occidente, Teodosio l’oriente e Valentiniano II, fanciullo sotto la reggenza della madre Giustina, fosse nuovamente confermato nel dominio dell’Italia, dell’Illiria e dell’Africa.

Province romane lungo il Danubio: Dacia, Messia e Tracia, con la Sarmatia a nord e la Germania a nord-ovest.
Province romane lungo il Danubio: Dacia, Messia e Tracia, con la Sarmatia a nord e la Germania a nord-ovest.

Verso una nuova guerra civile

La pace durò per quattro anni. Ma la guerra civile fu protratta, non evitata. E alle ragioni politiche ora, nelle contese civili si aggiungevano le differenze religiose, che rendevano più accanite e funeste le guerre intestine. Graziano era stato un fervido fautore del clero cristiano ortodosso, Teodosio lo seguì nella medesima politica e in breve divenne il più possente sostegno della chiesa cristiana cattolica, proclamando molti editti intesi a distruggere gli ultimi resti del Paganesimo, combattendo vigorosamente le sette dissidenti dalla dottrina riconosciuta nel concilio di Nicea.

Guerre di eserciti e di religione

Durante l’impero di Teodosio fiorirono ecclesiastici che con ardore di fede e con operosa dottrina, insieme coll’imperatore, cooperarono fortemente  a stabilmente costituire come dominante la chiesa ortodossa: i due principali furono Gregorio Nazianzeno nell’oriente e Ambrogio nell’occidente. Giustina, che in Italia reggeva per il giovane Valentiniano, seguiva la dottrina di Ario e si impegnava per diffonderla negli stati retti da suo figlio. Ma trovò un’opposizione fortissima e invincibile in Aurelio Ambrogio, che governava la chiesa di Milano e che dell’ortodossia era divenuto uno de più validi propugnatori. Nella lotta religiosa fra Giustina e il vescovo milanese, Massimo vide l’occasione o il momento opportuno per accingersi alla guerra contro Valentiniano II e poter così allargare il suo dominio anche sull’Italia. Lasciate le Gallie sotto il governo di suo figlio Vittore, nominato Cesare, con poderoso esercito, valicate rapidamente le Alpi, si avvicinò come nemico a Milano. Giustina, col figlio Valentiniano, che per il conflitto con Ambrogio erano già mal sicuri ed in contrasto col popolo nella città, incapaci di difendersi contro una tale minaccia di guerra, subito fuggirono salvandosi ad Aquileia e di là poi per nave a Tessalonica presso Teodosio, di cui richiesero l’aiuto. Massimo senza alcuna resistenza, ottenne la signoria dell’Italia abbandonata nel 387 da Valentiniano.

Teodosio contro Massimo

Teodosio non poteva più rimanere inerte davanti alle azioni di Massimo: a lui si spettava di vendicare sia la morte di Graziano che la cacciata di Valentiniano e doveva anche pensare alla propria difesa contro un rivale che stava diventando sempre più pericoloso. Le nozze di Galla, sorella di Valentiniano, con Teodosio furono per l’una parte nuovo pegno di fede e per l’altra quasi un segnale di guerra civile. Teodosio nel 388 mosse con l’esercito verso l’Italia, traversando la Mesia e l’Illiria. Venne ad affrontarlo Massimo oltre le Alpi Giulie: la battaglia avvenne sulle sponde della Sava. Massimo fu vinto e messo in rotta riparò ad Aquileia, ma dalle stesse sue milizie fu preso e consegnato al vincitore, quindi ucciso. Il figlio di lui Vittore, in Gallia, fu vinto da Arbogaste generale Franco di Teodosio. L’imperatore entro in Milano, restituì l’occidente alla signoria di Valentiniano e quindi mosse a visitare l’antica capitale dell’impero e trionfalmente fu accolto in Roma.

Teodosio fu comandante dell'esercito in Moesia nel 374. La sua destituzione potrebbe essere legata all'ascesa al trono dell'imperatore Valentiniano II, avvenuta nel 375 ad Aquincum (Budapest), nella vicina Pannonia Valeria. Mappa dell'Impero romano del 400 ca. 400 d.C., che mostra la divisione amministrativa in diocesi e province e le principali città. La demarcazione tra Impero d'Oriente e d'Occidente è evidenziata in rosso.
Teodosio fu comandante dell’esercito in Moesia nel 374. La sua destituzione potrebbe essere legata all’ascesa al trono dell’imperatore Valentiniano II, avvenuta nel 375 ad Aquincum (Budapest), nella vicina Pannonia Valeria. Mappa dell’Impero romano del 400 ca. 400 d.C., che mostra la divisione amministrativa in diocesi e province e le principali città. La demarcazione tra Impero d’Oriente e d’Occidente è evidenziata in rosso.

L’eccidio di Tessalonica

Lo splendore della vittoria Teodosio fu offuscato da un deplorevole massacro e apparve allora un nuovo esempio di quanto la chiesa cristiana cattolica ormai fosse divenuta potente e di come si costituisse come autorità spirituale a lato e talvolta al di sopra alla potestà temporale. A Tessalonica, dove al tempo della sua elezione Teodosio aveva messo i quartieri e la residenza del governo dell’Illiria, erano nate rivalità tra il popolo e un certo Boterico, comandante le milizie nella città; il popolo, in una sollevazione, assali e trucidò Boterico e molti suoi ufficiali. Teodosio, indignato e abbandonatosi troppo all’ira sua o ai suggerimenti di alcuni incauti consiglieri, ordinò alle milizie di Tessalonica che fosse data orribile licenza di massacrare i cittadini e si narra che il numero delle vittime uccise delle soldatesche sguinzagliate fosse arrivato a quindicimila (390).

Massacro nell'Ippodromo di Tessalonica (Salonicco) nel 390, incisione su legno del XVI secolo
Massacro nell’Ippodromo di Tessalonica (Salonicco) nel 390, incisione su legno del XVI secolo

Teodosio e Ambrogio

Il dipinto di Anthonis Van Dyke del 1619 che raffigura Sant'Ambrogio che blocca la porta della cattedrale, rifiutando l'ingresso di Teodosio, è una "pia finzione" inventata da Teodoreto
Il dipinto di Anthonis Van Dyke del 1619 che raffigura Sant’Ambrogio che blocca la porta della cattedrale, rifiutando l’ingresso di Teodosio, è una “pia finzione” inventata da Teodoreto

Ambrogio arcivescovo di Milano, con libere parole di giusta e santa indignazione, condannò tale eccidio ed il suo autore, e quando l’imperatore si presentò per pregare nella maggior chiesa di Milano, gli mosse incontro l’arcivescovo, vietandogli l’ingresso nella chiesa se prima non si fosse purgato con pubblica penitenza del sangue dei Tessalonicesi. Teodosio, spogliate le reali insegne,  invocò nel tempio umile perdono per le sue colpe e dopo un po’ di tempo fu riammesso nella comunione dei fedeli. Fu una grande vittoria della potestà spirituale in difesa dell’umanità contro il cieco impero della forza, ma fu anche una grande sventura che il potere della chiesa, non sempre stesse fedele a quel memorando esempio, non sempre fosse usato a patrocinio della giustizia contro la prepotenza.

Morte di Valentiniano II

Valentiniano, riavuto il dominio dell’Italia e di tutto l’occidente, vi reggeva favoreggiatore e favorito del clero cattolico, essendo intanto morta Giustina, già patrona dell’Arianesimo. Ma il restaurato governo di Valentiniano II fu breve. Il Franco Arbogaste era rimasto al comando delle Gallie, come legato imperiale per i servigi resi alla causa di Valentiniano, il suo merito militare gli aveva procurato qualche importante sostegno nello stato occidentale. La potenza ispirò dunque in lui disegni d’ambizione e all’imperatore sospetti e timori. Nacque inimicizia fra l’imperatore e il generale e Arbogaste fece uccidere da suoi sicari Valentiniano II a Vienna nel 392.

Eugenio (392-394)

Dopo questo delitto, Arbogaste non volle però prendere il titolo d’imperatore, ma lo fece invece conferire al retore Eugenio, sua creatura. Teodosio, cui fu chiesto il riconoscimento del nuovo imperatore, temporeggiò e intanto si venne preparando per una nuova guerra in occidente, alla quale si mosse nella primavera del 394. Come già nella lotta contro Massimo, muovendo dalla Tracia, affrontò il nemico sui confini orientali d’Italia, nelle vicinanze di Aquileia.

Battaglia presso il fiume Frigidus e morte di Arbogaste

Battaglia del Frigido di Johann Weikhard von Valvasor (1689)
Battaglia del Frigido di Johann Weikhard von Valvasor (1689)

La battaglia fu favorevole ad Arbogaste, ma il frutto della vittoria andò perduto mentre egli si accingeva ad inseguire il nemico sconfitto, quando fu abbandonato dalla maggior parte de suoi ufficiali. Teodosio, rianimato da questo nuovo evento, rinnovò battaglia e la vinse. Eugenio, preso prigioniero nel campo, fu ucciso. Arbogaste, fuggiasco, andò errando e disperando ormai della propria salvezza, di propria mano si tolse la vita. Dopo questa vittoria Teodosio non ebbe più nessun rivale o nemico: per una nuova ed ultima volta tutto l’antico impero veniva riunito nella mano d’un solo 394.

Fine del paganesimo

Sotto il regno di Teodosio fu completato lo smantellamento del Paganesimo. Per ordine suo i templi dei Gentili furono chiusi, i riti, i sacrifici e gli auguri pagani proibiti come criminosi ed infami, le statue delle divinità abbattute, confiscati i beni delle istituzioni religiose in pro della nuova Chiesa. Fu il momento in cui il Gentilesimo cominciò ad essere a sua volta perseguitato dall’intolleranza religiosa e spento nelle città, si ridusse ad agonizzare nelle borgate campestri, nei paesi e nelle ville, nei pagi, donde la nuova denominazione di Pagani agli ultimi suoi fedeli cultori. Trionfò la chiesa cristiana cattolica, grazie all’efficace concorso della potestà imperiale di Teodosio e dei suoi discendenti, essa crebbe per ricchezza e per potenza, consolidandosi in una ben ordinata e forte gerarchia. Ma già a quei tempi San Gerolamo lamentava che la Chiesa, fatta potente per le ricchezze, fosse già decadente in virtù.

Divisione dell’impero e morte di Teodosio (395)

Teodosio sopravisse breve tempo alla vittoria che lo faceva dominatore di tutto l’impero. Risiedendo a Milano, gravemente infermo, per provvedere alla successione divise l’impero fra i due giovani suoi figli: Arcadio ed Onorio. Ad Arcadio diede il governo d’oriente, ad Onorio quello d’occidente, che comprendeva l’Italia le Gallie, la Britannia, la Dalmazia, il Norico, la Pannonia, la Mesia e l’Africa. I due imperi da allora rimasero per sempre disgiunti. Il giorno 17 di gennaio dell’anno 395, Teodosio moriva a Milano.

Impero Romano alla morte di Teodosio
Impero Romano alla morte di Teodosio (clicca sull’immagine per ingrandire)

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A Teodosio successe Arcadio e prima della fine dell'anno i Goti scoppiarono in aperta rivolta sotto il loro capo, Alarico. Atene fu costretta a pagare un riscatto; Corinto, Argo e Sparta furono prese e saccheggiate. Nessun luogo era abbastanza forte da opporre una resistenza efficace. A questo punto Stilicone, generale dell'Impero d'Occidente, si precipitò sul posto e riuscì a circondare i Goti, ma Alarico sfondò le sue linee e fuggì. Si riappacificò quindi con Costantinopoli e gli fu conferita la carica di Maestro Generale dell'Illirico. Quanto il barbaro fosse sincero nelle sue offerte di pace lo si capisce dal fatto che in due anni invase l'Italia (400). Onorio, che allora era imperatore d'Occidente, era un uomo così debole che nemmeno il genio di Stilicone riuscì a salvarlo. Appena seppe dell'avvicinarsi di Alarico, si affrettò a mettersi al sicuro, lasciando a Stilicone il compito di difendere Roma. Furono chiamate truppe dalla Britannia, dalla Gallia e da altre province lontane e vicine, lasciando i loro posti vacanti e indifesi. Onorio, che aveva tentato di fuggire in Gallia, fu sorpreso da Alarico e, rifugiatosi nella città fortificata di Asta, fu assediato fino all'arrivo del coraggioso Stilicone, che attaccò gli assedianti e, dopo un sanguinoso combattimento, li sbaragliò completamente. Nella sua ritirata, Alarico tentò di attaccare Verona, ma fu di nuovo sconfitto e riuscì a fuggire solo grazie alla floridezza del suo cavallo. Onorio tornò in patria (404) e godette di un trionfo. Roma ebbe appena il tempo di congratularsi per la sua fuga dai Goti, quando fu minacciata da un nuovo nemico. Gli Unni, spingendosi verso occidente, avevano sloggiato le tribù settentrionali della Germania che vivevano sul Baltico. Si trattava di Alani, Suevi, Vandali e Burgundi. Sotto la guida di Radagaiso, queste tribù invasero l'Italia con circa duecentomila uomini. Nei pressi di Firenze furono affrontati da Stilicone e sconfitti completamente (406). Lo stesso Radagaiso fu ucciso. I sopravvissuti tornarono indietro, irruppero in Gallia, devastarono la parte bassa del Paese e infine si separarono. Una parte, i Burgundi, rimase alla frontiera e dai loro discendenti deriva il nome di Borgogna. Gli Alani, i Suevi e i Vandali si spinsero in Spagna, dove stabilirono dei regni. Gli Alani occuparono il paese ai piedi dei Pirenei, ma furono presto sottomessi dai Visigoti. I Suevi si insediarono nel nord-ovest della Spagna, ma subirono la stessa sorte degli Alani. I Vandali occuparono la parte meridionale e da lì passarono in Africa, dove si mantennero per quasi un secolo e, come vedremo, furono abbastanza potenti da conquistare la stessa Roma. Roma fu ora per un certo tempo liberata dai suoi nemici e l'imperatore, non avendo più bisogno di Stilicone, si convinse facilmente che egli stesse tramando per il trono. Fu messo a morte, insieme a molti dei suoi amici. Con Stilicone cadde Roma. Appena due mesi dopo la sua morte, Alarico si presentò di nuovo e cercò di ridurre la Città Eterna alla fame e alla sottomissione. Carestia e pestilenza infuriarono tra le sue mura. Alla fine la pace fu comprata con un grosso riscatto e Alarico si ritirò, ma presto tornò. La città fu tradita e, dopo otto secoli, divenne per la seconda volta preda dei barbari (24 agosto 410). Roma fu saccheggiata per cinque giorni, poi Alarico si ritirò per devastare il paese circostante. Ma i giorni di questo grande condottiero erano quasi finiti. Prima della fine dell'anno morì e poco dopo il suo esercito marciò in Francia, dove stabilì un regno che andava dalla Loira e dal Rodano, fino allo stretto di Gibilterra.

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