Quando Saturno spodestò suo padre, predisse che a sua volta sarebbe stato detronizzato ed espulso dal figlio e infatti il secondo signore dell'universo subisce la stessa sorte del primo e la storia mitica di Urano è riprodotta con poche variazioni in quella di Crono o Saturno. Egli vuole anche opporre ostacoli alla diffusione della vita e i figli che gli diede sua moglie Rea, che poi si identificò con Cibele, erano tutte immagini devote del tempo che consuma e pone fine a tutte le esistenze terrene. Ma doveva nascere un fanciullo che avrebbe trionfato sulla morte e regnato per sempre nell'universo...
Continua a leggere... »
Dal matrimonio fra Urano e Gea erano nati in realtà due figli maschi, Titano e Crono, oltre alla femmina chiamata Rea o Cibele. Titano prima, e poi uno dei suoi figli chiamato Iperione, ebbero l’incarico di guidare il carro del Sole per distribuire la luce al mondo; perciò i nomi di Titano e di Iperione si trovano spesso usati in poesia come sinonimi del Sole. Quando poi nacque e crebbe Apollo, questo Dio oltre a molti altri attributi, ebbe in perpetuo anche il compito di guidare il carro della luce, e sotto il nome particolare di Febo, fu considerato come il Sole stesso.
Poiché Urano era un Dio, e perciò immortale, ed essendo inoltre il più antico degli Dèi, e perciò il capostipite della dinastia celeste, avrebbe potuto regnare a suo piacimento in eterno; ma siccome egli aveva più figli, supposero i mitologi che avesse preferito abdicare in favore di essi. Credendo per altro che esistesse anche in Cielo il diritto di primogenitura, a subentrare nel regno sarebbe dunque toccato regolarmente al primo nato, cioè a Titano.
Nonostante ciò si decise, su volontà anche della madre Gea (che i latini chiamarono poi anche Vesta Prisca) che regnasse Crono; ma Titano acconsentì soltanto a patto che Crono non allevasse figli maschi, intendendo di riservarsi aperta – non meno di diritto che di fatto – la strada al trono o per sé o per i propri figli, i Titani appunto, quando Crono a sua volta si fosse stancato di regnare.
Questo patto di famiglia fu però causa di frodi, discordie, guerre fratricide e sciagure anche per Crono e per Rea, ma principalmente per Titano e per i suoi discendenti, come vedremo a suo tempo e luogo.
Urano dopo aver ceduto il regno ai figli, non interferì nelle vertenze dei medesimi, come nemmeno in quelle dei nipoti, né si occupò degli affari di Stato. La sua occupazione prediletta era quella di far girare intorno alla Terra il firmamento, ossia la sfera stellata e di adornarlo di nuove costellazioni.
Gli astronomi moderni, che seguendo il sistema Copernicano abolirono anche le sfere (nonché il loro movimento intorno al globo terrestre) e diedero il nome di Urano al pianeta scoperto da Herschel nel 1781, imitarono così gli astronomi più antichi, che ai pianeti più vicini al centro del loro sistema planetario avevano dato il nome dei principali figli di Zeus, e al più lontano, quello del padre di quest’ultimo, cioè di Crono; perciò al pianeta che è più lontano rispetto a Crono assegnarono a sua volta il nome del suo genitore, il nonno di Giove, cioè di Urano.
Anche il nome di Vesta fu attribuito a 4 Vesta, l’asteroide scoperto da Olbers nel marzo del 1807: ma poiché il segno simbolico che nelle carte uranografiche rappresenta questo pianeta è un’ara sormontata da una viva fiamma, conviene dedurne che gli astronomi abbiano inteso rappresentare Vesta giovane, Dea del fuoco, anzi che Vesta Prisca, altro nome con cui i latini indicavano la moglie di Urano.
Titano è invece il nome della luna più grande del pianeta Saturno, l’unica nel Sistema Solare circondata da una densa atmosfera con complessi fenomeni meteorologici. È anche l’unico corpo al di fuori della Terra in cui sono stati scoperti serbatoi superficiali di liquido, cioè laghi di metano. Fu scoperto nel 1655 da Christiaan Huygens come il primo dei satelliti di Saturno, e il suo nome è ancora un omaggio alla mitologia greca.
Titano, forse in uno dei suoi giri quotidiani col carro del Sole, si accorse alla fine di ciò che a Crono era sfuggito: Rea stava allevando un bambino, un maschietto, nell’isola di Creta. Attorno a quella culla, c’era un gran via vai di ninfe e animali sacri, capre, api e altri ancora. Ma soprattutto c’era un gran baccano tutto il santo giorno: curiosi personaggi che danzavano in cerchio, cantavano o gridavano e facevano risuonare le loro armi sugli scudi.
Nonostante ci fossero diversi elementi che finivano più per attirare l’attenzione anziché sviarla, il tutto invece aveva l’aria del sotterfugio e dell’inganno.
Titano si sentì tradito: Crono non voleva più stare ai patti? Un altro pretendente al trono si sarebbe prima o poi fatto vivo? I suoi figli sarebbero stati esclusi nella successione alla corona? I tarli mentali del fratello divennero ora anche i suoi.
Bisognava fare qualcosa, perché l’unico fatto certo era questo: quel bambino avrebbe sottratto il regno sia a Crono che a Titano stesso e ai suoi figli.
(Libero riadattamento e riduzione da Costantino Pescatori. “La mitologia greca e romana”, 1874 con aggiunte)