Il sistema giudiziario nell’Antica Grecia era fondato sul principio della democrazia, il che significava che tutti i cittadini avevano il diritto di partecipare al processo decisionale. Infatti, sia la giustizia che la politica erano ritenute una responsabilità di tutti e le giurie rappresentavano il modo ideale per coinvolgere i cittadini in tali questioni. A differenza di altre città che affidavano la dispensa della giustizia a un monarca o a un consiglio regnante, evitando magari la legalizzazione della vendetta privata, Atene seguiva invece un approccio completamente diverso. I tribunali erano composti da cittadini eletti a rotazione e i processi erano pubblici.
I tipi di tribunali
Erano due i tipi di tribunali nell’Antica Grecia:
- I tribunali civili, che si occupavano di controversie tra privati;
- I tribunali penali, che si occupavano di reati contro lo Stato o contro gli altri cittadini.
Chi Giudica?
In concreto, i giudici e i giurati in un tribunale dell’Antica Grecia erano così composti:
I Tesmoteti – sei arconti scelti tra gli Undici – erano preposti alla gestione della giustizia e dovevano assicurare, tra l’altro, la corretta costituzione delle giurie.
Gli Eliasti compresi tra 201 e 2.501 giurati, a seconda dell’importanza del caso. Si prestava sempre attenzione a non selezionare persone imparentate con l’imputato.
Gli Ateniesi tenevano un registro di 6.000 nomi di cittadini (di più di trent’anni) che potevano far parte di questo tribunale popolare, cioé i futuri eliasti. Pericle istituì un indennizzo per compensarli della loro partecipazione. L’importo era di due oboli al giorno (il doppio rispetto a un giorno all’ecclesia). Poiché il numero dei casi era sempre più in aumento, i giurati erano occupati per molti giorni durante l’anno.
In piedi, entra la corte!
Il sistema giuridico di Atene era molto diverso dal nostro. Le accuse venivano sempre mosse da privati, mai dallo Stato. È il caso di Socrate, che nel 399 a.C. fu processato per “corruzione della gioventù ateniese” da Anito, leader del partito democratico.
Allo stesso modo, nell’Antichità non esistevano avvocati: i cittadini si difendevano da soli, anche se i più ricchi ricorrevano a logografi che scrivevano le loro arringhe.
Tutto si svolgeva davanti a una giuria di cittadini (niente discussioni private con un giudice, niente incontri con avvocati). Un processo doveva svolgersi nell’arco di una sola giornata. Questo vincolo temporale aveva almeno l’effetto di semplificare la procedura. D’altra parte, di solito vinceva chi parlava meglio, a scapito della verità dei fatti.
Lo schiavo Xanthias dipinge il ritratto del suo padrone, il quale spinto dal proprio desiderio di essere un buon giudice si espone al ridicolo:
La sua passione è giudicare e brontola se non siede in prima fila nella giuria. […] Poiché teme di rimanere senza sassolini su cui votare, ne tiene una cava in casa..
Aristofane, Le Vespe
Testimoni di carattere
Data la relativa brevità del processo, era fondamentale essere in grado di produrre “buoni” testimoni. Solo i cittadini potevano testimoniare. Donne e uomini erano esclusi dai tribunali. Tuttavia, a questi ultimi era consentito fare una relazione a un rappresentante degli eliasti, la cui testimonianza veniva poi letta in tribunale.
La testimonianza degli schiavi era sempre oggetto di controversie nei tribunali ateniesi. Veniva accettata solo se lo schiavo era stato preventivamente sottoposto a tortura, questo perché si presupponeva che gli schiavi tendessero sempre a mentire, dunque la coercizione sembrava essere l’unico modo per ottenere da essi la verità.
Gli Arcieri Sciti, agenti di polizia della città ateniese, supervisionati da un membro della eliea, erano responsabili della raccolta di queste testimonianze.
Un tipico processo ordinario
Per tutti i casi combinati, la procedura legale seguiva ritualmente le seguenti fasi:
- Citazione in tribunale: ll querelante, assistito da testimoni, andava a cercare la controparte e la citava a comparire davanti al magistrato ad hoc entro un certo numero di giorni. In seguito, il querelante presentava la sua denuncia all’arconte incaricato del caso.
- L’istruzione del processo: alla prima udienza, le due parti discutevano il loro caso davanti a un arconte, che cercava di raggiungere un accordo amichevole. In caso di fallimento, fissava una data per il processo, qualche settimana o mese dopo, e raccoglieva tutte le prove materiali in urne dette echidnoi.
- L’udienza: questa era pubblica. Dopo il sacrificio e le preghiere di rito, il cancelliere ha letto l’accusa e la difesa. L’attore e l’imputato prendevano la parola a turno dal rostro. Un orologio ad acqua regolava il tempo di parola assegnato a ciascuna delle due parti.
- Il voto: dopo l’esposizione dei fatti, la giuria votava. C’erano due urne: una principale, l’altra senza valore. Ogni giurato riceveva due gettoni di voto, piccoli dischi di metallo con al centro un perno solido (per l’assoluzione) o cavo (per la condanna). Una seconda votazione veniva effettuata per determinare la natura della sentenza, spesso proposta dall’accusa stessa.
- La sentenza: la sanzione finale era sempre definitiva, a differenza del nostro ordinamento attuale. La pena più comune era una multa. Le tre pene più pesanti erano la morte, l’esilio e l’atimia (perdita di tutti i diritti di cittadino). L’arconte presidente supervisionava l’applicazione delle pene e assisteva persino alle esecuzioni.
Nella sua commedia Le Vespe, Aristofane mette in scena un processo fittizio, parodia di quelli che si svolgevano ad Atene, in cui l’imputato non è altro che un cane, perseguito per aver rubato e divorato un pezzo di formaggio siciliano. Il suo pubblico ministero chiede un risarcimento per il torto subito:
“Il cane di Cidatene accusa Ladrete, cane di Essone, di essersi mangiato da solo il formaggio siciliano. Pena proposta: un collare di legno di sicomoro”.
I tribunali nell’Antica Grecia
Non c’era un unico tribunale ad Atene, ma diversi e ognuno con competenze diverse:
- Areopago – Il tribunale più importante di Atene, che si trovava sul colle dell’Ares. Era composto da ex arconti e si occupava di reati gravi, come l’omicidio, la tradimento e l’empietà.
- Palladio – Un tribunale che si occupava di controversie tra privati. Era composto da 500 giudici eletti a rotazione e si riuniva nel tempio di Pallade.
- Delfino – Un tribunale che si occupava di controversie tra stranieri. Era composto da 100 giudici eletti a rotazione e si riuniva nel tempio di Apollo.
- Freatto – Un tribunale che si occupava di reati minori, come il furto, il danneggiamento e le lesioni personali. Era composto da 10 giudici eletti a rotazione e si riuniva nel tempio di Atena.
Avvocati, retori e logografi
Come abbiamo detto, nei tribunali dell”antica Grecia non era prevista la moderna figura del rappresentante legale, tuttavia esisteva il Sinegoro, che può essere tradotto con avvocato o consigliere, anche se tale traduzione trasmette al lettore un significato più ampio di quello strettamente legato alla parola greca.
Secondo l’antica prassi del diritto attico, le parti in processo erano obbligate a condurre le proprie cause senza assistenza (Quint. Inst. 2.15, 30); ma con l’aumento delle controversie iniziarono a svilupparsi le scienze del diritto e della retorica, e gli uomini comuni non erano in grado di competere con avversari più esperti.
Consultare un amico prima di intentare un’azione legale, o utilizzare i mezzi migliori per preparare la difesa, erano espedienti ovvi.
Un altro passo era quello di farsi preparare da qualcuno un discorso fuori dal tribunale, da pronunciare da parte dell’attore stesso quando la causa veniva portata in giudizio.
Nacque così una classe di professionisti, un po’ come i consiglieri di camera, che ricevevano denaro per scrivere discorsi e dare consigli legali a coloro che li consultavano. Antifonte fu il primo a esercitare la professione di logografo.
Tuttavia, a prescindere dall’assistenza che l’imputato poteva ricevere fuori dal tribunale, rimaneva in vigore la legge che lo obbligava a comparire di persona al processo. Il divieto di parlare per mezzo di un avvocato era talmente attenuato che, se l’accusato era afflitto da una malattia o se, a causa di una qualsiasi debilitazione fisica o mentale, non era in grado di condurre la propria causa senza un evidente disagio, poteva (con il permesso del tribunale) procurarsi un parente o un amico che parlasse per lui. Così, quando Milziade fu accusato di tradimento e, a causa di una cancrena all’anca, non era in grado di perorare la propria causa, fu portato in tribunale su una lettiga e suo fratello Tisagora parlò al popolo in sua vece. Così, anche quando Isocrate era malato, suo figlio Afareo parlò per lui nella causa intentatagli.
Come regola generale, ci si aspettava che fosse la parte in causa a rivolgersi alla corte, poiché ai giudici piaceva formarsi un’opinione su di lui dalla voce, dall’aspetto e dal comportamento; perciò, se un uomo diffidava delle proprie capacità, apriva lui stesso la causa con un breve discorso, e poi chiedeva il permesso di far intervenire un suo amico.
Questo diritto veniva raramente rifiutato; e al tempo degli oratori la pratica era così consolidata che non di rado i discorsi principali della causa erano pronunciati direttamente dall’avvocato, come oggi.
Si può citare come esempio la difesa di Demostene di Ctesifonte contro Eschine. Si vedrà che Demostene era interessato quanto l’imputato stesso; inoltre, va osservato che l’avvocato era visto con maggiore favore proprio per questo motivo; infatti, poiché non era consentito prendere onorari, un oratore era considerato con sospetto se non aveva un motivo apparente per intraprendere la causa di un’altra persona.
Per questo motivo, nella maggior parte dei συνηγορικοὶ λόγοι, troviamo che l’oratore dichiara quali sono le sue motivazioni; ad esempio, che è legato da vincoli di sangue o di amicizia con una parte, o che è inimicato con l’altra, o che ha un interesse nella questione in discussione tra di esse.
L’Apologia o la difesa
Nell’antica Grecia, l’apologia era una difesa orale di sé stessi pronunciata da un imputato in un processo penale. L’apologia era un’importante parte del processo giudiziario e veniva spesso tenuta dopo che l’accusa aveva presentato le sue prove. L’imputato aveva quindi la possibilità di rispondere alle accuse e di presentare la sua versione dei fatti.
L’apologia era un’occasione per l’imputato di dimostrare la sua innocenza e di convincere i giudici della sua buona fede. L’imputato poteva anche usare l’apologia per difendere le proprie idee e i propri valori.
L’apologia di Socrate è uno dei più famosi esempi di apologia nell’antica Grecia. Socrate fu accusato di corrompere i giovani e di non credere negli dei della città. Nella sua apologia, Socrate difese le sue idee e i suoi valori e sostenne che stava solo cercando di aiutare i giovani a diventare cittadini migliori. Socrate fu condannato a morte, ma la sua apologia è ancora oggi un esempio di coraggio e di difesa delle proprie idee.
Conclusioni
Il sistema giudiziario nell’Antica Grecia era un sistema avanzato per l’epoca. Era basato sul principio della democrazia e garantiva a tutti i cittadini il diritto di partecipare al processo decisionale. Il sistema giudiziario greco ha avuto un’influenza significativa sullo sviluppo del diritto moderno e i suoi principi sono ancora oggi applicati in molti paesi del mondo.