Tritone, a volte detto figlio unico di Poseidone e Anfitrite, altre volte di Oceano e Teti, era una divinità marina di ordine inferiore, per cui possedeva poca influenza. Talvolta viene citato come il padre di Scilla da parte di Lamia. Era principalmente l’araldo di Poseidone, nella cui veste veniva rappresentato con una lunga conchiglia attorcigliata che usava come un corno o una tromba nel quale soffiava forte quando il mare doveva essere agitato dalle tempeste, e una nota dolce quando una bufera doveva invece essere placata. In pratica era il trombettiere di Poseidone.
Quando Poseidone viaggiava sulle onde, era Tritone che annunciava il suo arrivo e chiamava le altre divinità marine. Così, secondo Ovidio , Poseidone, volendo richiamare le acque durante il Diluvio di Deucalione, ordina a Tritone di suonare la sua conchiglia, al suono della quale le acque subito si ritirano. Secondo Virgilio, quando Poseidone vuole sedare la tempesta che Era ha suscitato contro Enea, Tritone, assistito dalla Nereide Cimotoe, fa di tutto per salvare le navi arenate.
I Tritoni erano simili a lui nella figura, e avevano compiti analoghi da svolgere. Occasionalmente lo troviamo descritto nelle storie come un mostro che, con la sua dissolutezza e voracità, rendeva pericolosa la riva del mare e di conseguenza veniva attaccato da Dioniso (Bacco) ed Eracle (Ercole).
Nella guerra con i giganti rese un servizio considerevole a Zeus, sollevando un suono così spaventoso con la sua tromba stridula, che i giganti, temendo l’avvicinarsi di qualche mostro potente o di qualche nuovo pericolo, si ritirarono.
Tritone e i Tritoni erano rappresentati nelle opere d’arte come esseri di forma umana fino ai fianchi, coperti di piccole squame, che tenevano in mano una conchiglia marina, la cui parte inferiore era formata dal corpo e dalla coda di un delfino.
Secondo la Teogonia di Esiodo , egli viveva in un palazzo d’oro in fondo al mare con i suoi genitori: Omero colloca questa reggia in fondo alle acque dell’Egeo, mentre il racconto degli Argonauti la pone sulla costa della Libia. Quando la nave Argo approdò nel golfo della Piccola Sirte, l’equipaggio ormeggiò la propria nave presso il “Lago dei Tritoni” dove Tritone stesso, divinità locale (secondo Evemero, come ci riferisce Diodoro Siculo), li accolse con doni e li guidò allo sbocco paludoso del lago in modo che ritornassero nel Mar Mediterraneo.
Tritone appare nei miti e nei poemi epici romani come figlio di Nettuno e Salacia. Nell’Eneide, Miseno, il trombettiere di Enea, sfida Tritone a una gara con la tromba; il dio lo getta in mare per punire la sua arroganza.
Il passatempo di Tritone preferito era cavalcare i marosi su cavalli o mostri marini. Infatti veniva descritto anche mentre guidava sul mare un carro trainato da azzurri destrieri. Nei primi miti riguardanti Tritone, egli appare come la personificazione del mare burrascoso e roboante. Troviamo spesso menzione di Tritoni che sono discendenti o parenti di Tritone.
(Libera rielaborazione e adattamento da “Manual of mythology. Greek and Roman, Norse, and Old German, Hindoo and Egyptian mythology di Alexander Stuart Murray, 1895 e da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880)