Durante il saccheggio della città di Troia, i Greci, nell’ora della vittoria, commisero molti atti di profanazione e di crudeltà, che attirarono su di loro l’ira degli dèi; per questo motivo il loro viaggio di ritorno fu irto di molteplici pericoli e disastri, e molti perirono prima di raggiungere la loro terra natale.
Nestore, Diomede, Filottete e Neottolemo furono tra coloro che giunsero sani e salvi in Grecia dopo un viaggio fortunato.
La nave che trasportava Menelao ed Elena fu spinta da violente tempeste verso le coste dell’Egitto e solo dopo molti anni di faticose peregrinazioni e vicissitudini riuscirono a raggiungere la loro casa a Sparta.
Aiace d’Oileo
Aiace il Minore, avendo offeso Pallade Atena profanando il suo tempio la notte della distruzione di Troia, naufragò al largo di Capo Cafareo. Riuscì tuttavia ad aggrapparsi a uno scoglio e la sua vita sarebbe stata risparmiata se non fosse stato per il suo empio vanto di non aver bisogno dell’aiuto degli dei. Non appena pronunciò queste parole sacrileghe, Poseidone, infuriato per la sua audacia, spaccò con il suo tridente la roccia a cui l’eroe era aggrappato e lo sfortunato Aiace fu travolto dalle onde.
Destino di Agamennone
Il viaggio di ritorno di Agamennone fu abbastanza tranquillo, ma al suo arrivo a Micene lo attendevano sventura e rovina.
Sua moglie Clitennestra, per vendicare il sacrificio dell’amata figlia Ifigenia, durante la sua assenza aveva stretto un’alleanza segreta con Egisto, figlio di Tifeo, e al ritorno di Agamennone entrambi cospirarono per riuscire ad ucciderlo.
Clitennestra finse la più grande gioia nel vedere il marito e, nonostante i pressanti avvertimenti di Cassandra, che ora era prigioniera al suo seguito, Agamennone accolse le sue manifestazione di affetto con la più profonda fiducia. Nella sua presunta preoccupazione di garantire il benessere del viaggiatore stanco, ella preparò un bagno caldo per rinfrescarlo e, a un segnale della perfida regina, Egisto, che era nascosto in una camera adiacente, si precipitò sull’eroe indifeso e lo uccise.
Oreste ed Elettra
Durante il massacro dei seguaci di Agamennone che seguì, sua figlia Elettra, con grande presenza di spirito, riuscì a salvare il giovane fratello Oreste. Questi si rifugiò presso lo zio Strofio, re della Focide, che lo educò con il proprio figlio Pilade; tra i due giovani nacque un’ardente amicizia che, per la sua costanza e il suo disinteresse, è diventata proverbiale.
Quando Oreste divenne adulto, il suo unico grande desiderio fu quello di vendicare la morte del padre. Accompagnato dal suo fedele amico Pilade, si recò sotto mentite spoglie a Micene, dove Egisto e Clitennestra regnavano congiuntamente sui domini di Argo. Per allontanare i sospetti aveva preso la precauzione di inviare un messaggero a Clitennestra, spacciandolo per un inviato del re Strofio, per annunciarle la morte prematura del figlio Oreste a causa di un incidente durante una corsa di carri a Delfi.
Giunto a Micene, trovò la sorella Elettra talmente sopraffatta dal dolore per la notizia della morte del fratello che le rivelò la sua identità. Quando sentì dalle sue labbra quanto crudelmente era stata trattata dalla madre e con quanta gioia era stata accolta la notizia della sua morte, la rabbia e il desiderio di vendetta a lungo repressi lo sopraffecero completamente e, precipitandosi alla presenza del re e della regina, trafisse al cuore prima Clitennestra e poi il suo colpevole compagno.
Oreste perseguitato dalle Erinni
Ma il crimine di aver ucciso la propria madre non rimase a lungo impunito dagli dèi. Non appena l’atto fatale fu commesso, le Erinni apparvero e inseguirono incessantemente lo sfortunato Oreste ovunque andasse. In questa misera condizione si rifugiò nel tempio di Delfi, dove pregò vivamente Apollo di liberarlo dai suoi crudeli aguzzini.
Oreste e Ifigenia
Il dio gli ordinò, per espiare il suo crimine, di recarsi in Tauride, nel Cersonneso e di trafugare da lì la statua di Artemide per portarla nel regno dell’Attica, una spedizione che comportava rischi estremi. Oreste sfuggì alla sorte che toccava a tutti gli stranieri che sbarcavano sulla costa taurica, con l’aiuto della sorella Ifigenia, scampata al sacrificio di Agamennone e trasportata dalla dea in quella terra per farne la sacerdotessa del suo tempio. La scena del riconoscimento reciproco dei due fratelli è una delle più famose della mitologia e della letteratura greca. Oreste fuggì dunque con Ifigenia, riuscendo a trasportare la statua della dea Artemide in patria.
Oreste re di Argo
Ma le Erinni non abbandonarono così facilmente la loro preda e solo grazie all’interposizione della giusta e potente dea Atena, Oreste fu finalmente liberato dalla loro persecuzione. Ristabilita la serenità, Oreste assunse il governo del regno di Argo e si unì alla bella Ermione, figlia di Elena e Menelao. Al suo fedele amico Pilade concesse la mano dell’amata sorella, la buona e fedele Elettra.
Nel 1909 il compositore tedesco Richard Strauss mette in scena all’Opera di Corte di Dresda ” Elektra ” tragedia musicale di in un atto.
Il libretto fu scritto da Hugo von Hoffmannstal, che si basava sull’Elettra di Sofocle, ma si concentra principalmente sull’ossessione di Elettra per la vendetta per l’omicidio di Agamennone e sulla sua psicologia mentre conversa con gli altri personaggi della tragedia, sua sorella Crisotemi, suo fratello Oreste e sua madre Clitennestra.
Appartiene al genere Literaturoper, cioè un’opera basata su un testo letterario. La trama di Elettra si basa sul mito classico, ed è costantemente pervasa da un’atmosfera horror, con toni cupi e foschi, in un dramma il cui tema principale è la vendetta.
Clitennestra, aiutata dall’amante Egisto, ha ucciso il marito Agamennone, che aveva sacrificato la figlia Ifigenia, e teme la vendetta dei figli: Elettra, Crisotemi e l’assente Oreste. Elettra, che incarna la sete di vendetta, attende l’arrivo del fratello per vendicare il padre. Oreste, che tutti credono morto, appare e si fa giustizia da solo lavare il sangue di Agamennone. Oreste uccide Clitennestra ed Egisto; sua sorella Elettra, in un’intensa danza trionfale, va in estasi e cade morta davanti a tutti, che rimango giustamente terrorizzati.
(Libera traduzione da “Ancient History, Greece and Rome” di Philip Van Ness Meyers, Toronto, 1901 con aggiunte e integrazioni)