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VALENTE, GLI UNNI E I VISIGOTI

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Valentiniano e Valente (364-375). Dopo un breve interregno, il trono passò a Valentiniano, che associò a sé il fratello Valente. L'Impero fu diviso. Valente prese l'Oriente, con Costantinopoli come capitale. Valentiniano prese l'Occidente, facendo di Milano la sede del suo governo. Roma era così completamente decaduta dalla sua antica posizione, ed è molto dubbio che questo monarca abbia mai visitato la città durante il suo regno: dalla costruzione di Costantinopoli nessun imperatore era più vissuto a Roma. Essa aveva cessato di essere la padrona anche dell'Occidente e si era rapidamente ridotta al rango di città di provincia. Valentiniano morì durante una campagna militare sul Danubio.
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Valente, Graziano (anno 375-383) e Valentiniano II (a 375-392)

Busto in marmo raffigurante forse Valente o Onorio (Musei Capitolini)
Busto in marmo raffigurante forse Valente o Onorio (Musei Capitolini)

Valentiniano aveva avuto due mogli; la prima fu Severa, nipote di Costantino, da cui nacque Graziano; la seconda Giustina, vedova di Magnenzio, da cui nacque Valentiniano II. Graziano giovane sui diciassette anni, già insignito dal padre col titolo di Augusto, risiedeva a Treviri. Valentiniano invece era un bambino di appena quattro anni.

Le legioni del campo acclamarono imperatori sia l’uno che l’altro figlio e così l’impero fu governato nel nome di Valente e dei suoi due nipoti, Graziano e Valentiniano II.

Da questo momento la storia di Roma altro più non è se non la finale agonia di un vecchio organismo sociale che, logorato ed esausto, precede lo svolgimento di un nuovo soggetto politico e religioso. L’oriente si distacca dalle parti occidentali dell’impero e si prepara a costituirsi indipendente.

Sotto il dominio di Valente assieme ai suoi due nipoti, una flusso inarrestabile di genti barbariche dilaga sull’Europa orientale e da qui, come onde sospinte dal vento, si distende in successione di tempo fino alle sponde dell’Atlantico. Le genti che già da secoli si agitavano sui confini dell’impero sempre invadenti e sempre respinte, incalzate ed oppresse da nuove orde terribili per numero e ferocia, rompono le frontiere. Il vecchio impero  non ha più la forza di resistere e si dissolve: sulle sue rovine sorgono regni nuovi.

Gli Unni

Alla metà del IV secolo un grande rimescolio ed ondeggiamento di popoli accadeva sui confini fra Europa e l’Asia. Erano gli Unni, che allora apparivano nella storia europea. Gli Unni, stirpe mongolica, accozzaglia di molte tribù nomadi selvaggie dal settentrione del continente asiatico, dalle regioni che gli antichi vagamente nominavano Scizia, in lunga successione d invasioni avevano occupato le contrade a mezzodi e ad occidente dell’Altai.

Gran parte degli invasori si mescolarono confusi colle popolazioni dell’impero della Cina; altre orde mossero per le vie dell’Osso e del Caspio verso occidente e raggiunsero il fiume Rha (Volga) e dopo aver soggiornato sulle sue sponde orientali, tragittarono portando guerra e sterminio nel paese degli Alani, popolo di pastori esteso nelle bassure fra il Volga e il Don.

Gli Alani disfatti per gran parte, si confusero con le schiere dei loro conquistatori e così questi cresciuti di numero e di feroce coraggio invasero le regioni degli Ostrogoti.

Raffigurazione di Rochegrosse della villa romana in Gallia saccheggiata dalle orde di Attila l'Unno Georges Rochegrosse -
Raffigurazione di Rochegrosse della villa romana in Gallia saccheggiata dalle orde di Attila l’Unno Georges Rochegrosse –

Regnava ancora nella pienezza di sua fortuna Ermanrico, della stirpe degli Amali, e vide i campi e i villaggi della sua nazione funestati di strage e distrutti da orde di genti che agli stessi barbari Goti erano orribili per truce deforinità di volto, dal naso camuso dagli occhi piccoli e dall’irrefrenabile ferocia.

Ermanrico mori al tempo dell’invasione e il suo successore non potè con miglior fortuna difendersi: fu infatti sconfitto ed ucciso. Poche tribù si salvarono nell’interno del paese, nel corso superiore del Boristene.

Unni, figurina Liebig
Unni, figurina Liebig

I Visigoti atterriti della misera sorte dei fratelli e sconfitti col loro Capitano Atanarico, pensarono salvarsi oltre il Danubio chiedendo all’imperatore Valente di essere accolti nelle terre della Tracia, obbligandosi a coltivare le terre deserte, a difenderne i confini e giurando fedeltà. Furono accolti, ma dure condizioni vennero imposte: dovevano consegnare le armi e concedere che i figli, allevati nei costumi romani, fossero ostaggi di fedeltà. Duecəntomila uomini furono cosi ammessi dentro i confini dell’impero e se vi si aggiunge un adeguato numero donne, di fanciulli, di schiavi, si conta intorno ad un milione nuovi abitanti barbarici accampati sulle linee della Tracia e della bassa Mesia. I figli dei maggiorenti furono divisi e distribuiti in città lontane, ma le armi non furono tutte consegnate, perché troppo doleva il disonore d’abbandonarle.

I movimenti dei barbari

I regni di Valentiniano e Valente furono segnati da minacciosi movimenti delle tribù barbariche, che ora, quasi nello stesso momento, cominciarono a premere con raddoppiata energia contro tutte le barriere del regno. Gli Alemanni (tedeschi) attraversarono il Reno – a volte sciamando oltre il fiume sui ghiacci dell’inverno – e, prima che fosse possibile inseguirli, fuggirono con il loro bottino nelle profondità delle foreste tedesche. I Sassoni, pirati dei mari del nord, che uscivano dalla foce dell’Elba, devastavano le coste della Gallia e della Britannia, spingendo le loro leggere imbarcazioni fin su per i fiumi e i torrenti di quei Paesi e portando via il bottino dalle città dell’interno. In Britannia, i Pitti sfondarono il Vallo di Adriano e strapparono quasi tutta l’isola dalle mani dei Romani. In Africa, i Mori e le altre tribù, uscendo dalle gole dell’Atlante e sciamando dai deserti del sud, minacciavano di cancellare l’ultima traccia di civiltà romana che occupava la stretta fascia di territorio fertile che costeggiava il mare.

Movimenti dei Barbari
Movimenti dei Barbari

Valentiniano difese con grande abilità ed energia non solo i propri territori, ma aiutò con le armi e i consigli il fratello Valente, più debole, nella difesa dei suoi. Alla morte di Valentiniano, il figlio Graziano succedette alla sua autorità (375 d.C.).

Valente e Fritigerno, 376 d.C. L'imperatore romano Valente permette al capo visigoto Fritigerno di attraversare il Danubio con il suo popolo per sfuggire all'attacco degli Unni, 376 d.C. Incisione al tratto, XIX secolo.
Valente e Fritigerno, 376 d.C. L’imperatore romano Valente permette al capo visigoto Fritigerno di attraversare il Danubio con il suo popolo per sfuggire all’attacco degli Unni, 376 d.C. Incisione al tratto, XIX secolo.

(Storia romana di Igino Gentile, 1885, con integrazioni da “Ancient History, Greece and Rome” di Philip Van Ness Meyers, Toronto, 1901)

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La battaglia di Adrianopoli ebbe una causa molto chiara. Alcuni anni prima, nel 376, i Visigoti avevano chiesto a Roma, all'imperatore Valente, di poter rimanere nel territorio dell'impero perché, non volevano passare sotto il giogo degli Unni, che stavano avanzando verso ovest dall'Asia centrale. La richiesta fu accolta dall'imperatore Valente, ma in seguito i Visigoti furono oppressi da pesanti tasse e gravemente discriminati come cittadini di seconda classe. I Romani speravano anche che questi popoli avrebbero fornito agli eserciti dei rinforzi. La frustrazione per l'avidità romana e la voglia di sfruttamento portarono alla battaglia di Adrianopoli nel 378, che fu una delle più grandi disfatte dell'esercito di Roma

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