Nonostante fossero circondati dal mare, i Greci spesso dovettero dipendere dai viaggi via terra, difficili, lunghi e costosi. Il terreno era accidentato e montuoso e le strade insufficienti, per cui ci si limitava a viaggiare sulle brevi distanze. Il cavallo era fondamentale, anche per trainare i carri. I cavalli selvaggi erano rari nella maggior parte della Grecia, tranne che in Tessaglia. Glii antichi raramente utilizzavano cavalli, usati più dall'esercito. L’alternativa più economica era l’asino o il mulo. Altrimenti si andava a piedi.
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Alcuni viaggi erano possibili solo navigando sul ‘Grande Verde’, come gli egizi e poi greci chiamavano il Mar Mediterraneo. I greci erano marinai capaci ed esperti. Il filosofo greco Platone, diceva che le città e le colonie greche affollavano le rive del Mar Mediterraneo “come rane su uno stagno”.
Il dio greco del mare era Poseidone (sebbene al mare fossero associati anche molti altri dei e divinità), che era notoriamente un nume violento e iracondo, e i greci attribuivano alla sua rabbia tempeste, terremoti e tutte le loro disavventure in mare. Fare offerte a lui prima di un viaggio, era considerato essenziale e una mossa molto saggia per assicurarsi un ritorno sicuro.
In ogni epoca i terremoti sono stati frequenti in Grecia. Nel 464 a.C. il disastro fu tale, nella regione di Sparta, che gli iloti approfittarono della confusione generale per ribellarsi. Nel 426 fu la volta delle città della Locride. Nel 373 le città achee di Elica e Boura furono distrutte da un sisma accompagnato da maremoto. Terribili erano le collere di Posidone, il dio dal tridente. A Posidone, «il dio che scuote la terra» secondo Omero, gli antichi attribuivano i terremoti, a Zeus «che raduna le nuvole», il dio del cielo e dell’atmosfera, i temporali.
La vita quotidiana in Grecia nel secolo di Pericle, Robert Flacelière, Rizzoli
Castore e Polluce, i Dioscuri erano i protettori dei naviganti, con un tempio a loro dedicato nel porto di Naucrati, in Egitto. Erano infatti entrambi stati identificati con il fenomeno atmosferico noto come fuoco di San Telmo, una scarica elettroluminescente ad effetto corona, causata dalla ionizzazione dell’aria all’interno del forte campo elettrico causato dalle tempeste. Comparendo sugli alberi maestri delle navi, annunciano le bufere e gli uragani
Ma i viaggi in mare erano un grosso problema anche per altri motivi: la maggior parte della gente nell’antica Grecia non sapeva nuotare. Molti marinai addirittura ritenevano di cattivo auspicio imparare a farlo, perché così si sfidava il destino e si attirava la possibilità di un naufragio della propria nave. Inoltre, il nuoto in sé non era un’attività di svago o sport come lo è per noi oggi. Anche se in realtà su questo punto ci sono testimonianze discordi: Platone, ad esempio, nel dialogo Le Leggi definisce l’idiota come colui che «non sa né leggere né nuotare» (689 d.) ed è ancora lo studioso Robert Flacelière a scrivere;
I ragazzi imparavano fin dalla prima infanzia a bagnarsi e a nuotare in mare e nei fiumi (rari in Grecia, e spesso in secca); quelli di Sparta si bagnavano ogni giorno nell’Eurota, anche d’inverno.
D’altro canto non sono rari nella mitologia greca, gli episodi di annegamento, come quello di Narciso.
Quindi, probabilmente, se eri uno una città o dell’entroterra, difficilmente sapevi tenerti a galla e se durante un viaggio cadevi in mare, dovevi sperare che fra i membri dell’equipaggio ci fosse qualcuno che sapesse nuotare e ti potesse salvare!